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Donarono la vita accanto agli ammalati di Ebola. Ora sono Venerabili

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Courtesy of Le Suore delle Poverelle dell'Istituto Palazzolo

Silvia Lucchetti - pubblicato il 23/02/21

Suor Floralba Rondi, suor Clarangela Ghilardi e suor Dinarosa Belleri morirono nel 1995 nella Repubblica Democratica del Congo assistendo con coraggio, amore e dedizione i malati colpiti da Ebola. La Congregazione per le Cause dei Santi le ha riconosciute venerabili

Il 20 febbraio 2021, Papa Francesco ha ricevuto in udienza il cardinale Marcello Semeraro, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, autorizzando la Congregazione a promulgare i Decreti riguardanti il riconoscimento delle virtù eroiche di tre religiose missionarie italiane – appartenenti alla Congregazione delle “Suore delle Poverelle” – morte per restare accanto ai malati di Ebola nel 1995 nella Repubblica Democratica del Congo.

Le religiose, dopo lunghi decenni spesi come missionarie in Africa dedicandosi all’assistenza sanitaria, morirono pur di non abbandonare senza cure le persone già contagiate dall’Ebola che a Kikwit furono 220, per un totale di 176 morti. (Fides.org)

Donarono la loro vita ai malati di Ebola

Le tre religiose riconosciute Venerabili sono suor Floralba Rondi, suor Clarangela Ghilardi e suor Dinarosa Belleri.

Suor Floralba Rondi, nata a Pedrengo nel 1924 è deceduta a Mosango (Repubblica Democratica del Congo)  il 25 aprile del 1995. Si trovava in Africa da 43 anni ed era caposala.

Suor Clarangela Ghilardi, nata Trescore Balneario nel 1931 morta a Kikwit (Repubblica Democratica del Congo) il 6 maggio del 1995. Era infermiera ostetrica, in Africa da 36 anni.

Suor Dinarosa Belleri, classe 1936, nata a Cailina di Villa Carcina (Brescia) e morta a Kikwit il 14 maggio del 1995. Era infermiera, missionaria in Africa da 30 anni.

“So in chi ho riposto la mia speranza”

Quello che mi stupisce leggendo alcuni passaggi della vita di queste tre missionarie è la fiducia in Dio, l’amore incondizionato per gli ammalati, che non solo curavano nel modo migliore possibile – tentando di alleviare i dolori del corpo – ma per i quali pregavano incessantemente e offrivano sacrifici. Fino a quello estremo della morte.

Suor Floralba Rondi, ripeteva spesso:

So in chi ho riposto la mia speranza. (causesanti.va)

Il suo affidamento alla Misericordia di Dio e alla Divina Provvidenza era totale. Questo permetteva a lei, e alle altre due consorelle, di non perdere la speranza di fronte alla guerra, alla malattia, alla morte, alla carestia di cibo e farmaci.

Lo sguardo di queste tre suore, ora venerabili, era rivolto a Cristo e alla Gerusalemme Celeste.

L’assistenza ai malati di Ebola

Suor Clarangela Ghilardi non smetteva mai di ricordare ai malati che il vero medico è Gesù, che cura i corpi e le anime.(Ibidem)

Si prodigò fino all’ultimo nell’assistenza ai contagiati da Ebola, vedendo in loro Nostro Signore umiliato e crocifisso.

(…) si adoperò per la salvezza delle anime, la conversione dei peccatori, il battesimo dei neonati e l’accesso dei malati ai sacramenti. (causanti.va)

Il volto di Cristo nei sofferenti

Suor Dinarosa Belleri, come le sue consorelle, restò al suo posto durante l’epidemia e aiutò in tutti i modi umanamente possibili i sofferenti ma soprattutto li affidò a Dio nella preghiera costante.

La carità verso Dio la rendeva capace di scoprire il volto di Cristo nei sofferenti, di servirli con amore, di avvicinarli a Lui. (Ibidem)

Kikwit: l’epicentro dell’epidemia da Ebola del 1995

A Kikwit, l’epicentro dell’epidemia del 1995, le tre suore lavoravano nell’ospedale che contava 11 padiglioni con 400 posti letto, ma in quel periodo i ricoverati arrivavano a 1000. Il lavoro era tantissimo, e oltre al servizio in ospedale le suore si occupavano di visitare anche gli infermi delle campagne, perché nel raggio di 200 km da Kikwit c’erano altri piccoli ospedali, lebbrosari, infermerie e reparti per tubercolotici. La presenza in quei luoghi era garantita solo dalle missionarie, sempre pronte a spendersi per i poveri, gli ammalati, gli orfani, gli anziani. (Fides.org)

“Noi rimaniamo al nostro posto a costo della vita”

L’Agenzia Fides riporta un passaggio commovente della corrispondenza tra le suore e la Madre Superiora – molto in pensiero per la salute e la vita delle missionarie – nel quale le religiose ribadiscono la ferma volontà di restare accanto agli ammalati a costo della vita:

(…) noi rimaniamo al nostro posto a costo della vita, perché questa gente, questi ammalati sono in una situazione di spaventoso sottosviluppo ed hanno bisogno di tutto. (Fides.org)

Riprendendo le parole del fondatore del loro ordine Beato Luigi Maria Palazzolo:

(…) in servizio degli ammalati anche in tempo di malattie contagiose.

Una vita donata per amore a Dio e ai fratelli

Invece di mettersi al riparo abbandonando Kikwit, scelsero con coraggio e fede di restare accanto alla popolazione provata dall’epidemia, curando la carne degli ammalati come fosse quella di Cristo.

Allora loro morte suor Gesualda Paltenghi, Superiora generale delle Suore delle Poverelle, scrisse:

La morte delle Sorelle martiri di carità ci ha fatto profondamente meditare per capire, raccogliere e custodire il segreto della loro testimonianza; la loro morte è stata la conclusione di una vita donata giorno dopo giorno con amore, gioia, umiltà e disponibilità totale a Dio e ai fratelli. Questa è la vera “profezia”! Siamo certe che la vita donata con amore e per amore dalle nostre Sorelle a Kikwit è seme che genera la vita alla Chiesa zairese, all’Africa, alla Chiesa tutta e anche alla nostra congregazione. (Ibidem)

Oltre le tre suore ora Venerabili ne morirono altre tre: suor Danielangela Sorti, suor Annelvira Ossoli e suor Vitarosa Zorza. Anche per loro si attende a breve il riconoscimento delle virtù eroiche.




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