Pensiamo al tempo, alla storia... e alla speranza
Come sapere quando una persona sta raggiungendo i limiti della pazienza e della sopportazione? Un indizio: risponde al telefono con un “Che c’è???” esasperato.
Il 2021 è iniziato da poche settimane e ci trova già tentati di iniziare la nostra giornata con un “Che c’è???” Dopo essere sfuggiti a malapena alle grinfie del 2020, avevamo sperato che l’anno nuovo fosse un compagno di cammino gentile, ma finora non sembra tanto roseo. Molti hanno scherzato (e non poi tanto) dicendo che “il 2020 è stato l’anno più lungo della storia”. Potremmo chiederci quanto durerà il 2021, e faremmo anche bene a chiederci cosa ci porterà.
Di recente mi sono imbattuto in alcuni aforismi che mi hanno fatto pensare al tempo, alla storia e alla speranza. Consideriamoli insieme:
“La vecchiaia inizia quando ci si rende conto che il ‘per sempre’ non è più lungo come prima” (John Prescott)
Quando ero bambino, l’estate sembrava estendersi in modo quasi indefinito. Mi ha sempre sorpreso che l’anno scolastico avesse la capacità di arrivare a interrompere l’eterno fluire dell’estate. Oggi sembra che una settimana passi in un batter d’occhio, e non ho idea di come sono arrivato al giorno in cui mi trovo. Invecchiare comporta la consapevolezza dell’aumento del ritmo del tempo; significa riconoscere che il tempo scorre.
“Il senso di essere di corsa in genere non è risultato di vivere una vita piena e di non avere tempo. Al contrario, deriva da una vaga paura che stiamo sprecando la nostra vita. Quando non facciamo quello che dovremmo fare, non abbiamo tempo per nient’altro” (Eric Hoffer)
Osservando i miei studenti in biblioteca, li vedevo spesso collegati a un dispositivo, che fosse un dispositivo portatile o un computer. Erano impegnati, finivano per essere esausti, ma non erano produttivi. Non stavano lavorando, ma “divagando”, ovvero erano profondamente distratti dal compito assegnato loro.
Perché? Non era per pigrizia – avevano speso una quantità enorme di energia –, ma non facevano ciò che veniva chiesto loro, perché temevano di fallire in quello in cui si fossero avventurati. La prospettiva di quel fallimento è insopportabile, e quindi la evitavano impegnandosi in qualsiasi altra cosa.