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Federica e Alessandro: il dolore per due aborti spontanei

FEDERICA E ALESSANDRO MICOZZI,

Alessandro e Federica Micozzi

Silvia Lucchetti - pubblicato il 20/02/21

Una giovane coppia ci racconta quanto sia dolorosa l'esperienza dell'aborto spontaneo affermando il diritto di soffrire e piangere per un figlio morto prima di venire alla luce.

Oggi vi racconto la storia di una coppia di sposi, Federica e Alessandro, che hanno vissuto purtroppo il dolore dell’aborto spontaneo: hanno perso due bambini durante i primi mesi di gravidanza. Frequentano la mia parrocchia e li considero dei “fighi” a prescindere, per aver scelto di sposarsi da giovani. Lei 20, lui 26 anni.

Mi ha colpito Alessandro, un ragazzo genuino e riservato, che durante la nostra video-intervista mi ha detto:

Quando abbiamo deciso di sposarci ci dicevano: “Siete giovani, i tempi sono cambiati, perché non andate a convivere?”. Io rispondevo: “ma se ho trovato la donna giusta perché aspettare? Non sono cambiati i tempi, sono cambiate le persone!”.

Sono venuta a conoscenza della loro vicenda personale tramite Facebook, dove Federica – nonostante la sua timidezza – ha condiviso delicatamente e con amore il suo lutto di mamma. E così mi sono fatta coraggio e le ho scritto per farmi raccontare quest’esperienza dolorosa.

Ringrazio tantissimo lei ed Alessandro per la disponibilità a donare la loro testimonianza e per la semplicità con cui l’hanno fatto. L’aborto spontaneo è un tema poco trattato, o comunque questa è la percezione di molte donne e coppie che vivono lo stesso trauma e non avvertono particolare sensibilità o empatia intorno a loro. Come se un figlio fosse tale solo dopo una determinata settimana e prima non esistesse. Come se non fosse permesso soffrire, piangere, star male per un figlio morto prima di venire alla luce.

Spero che questo storia doni conforto, calore e speranza a quanti hanno vissuto o stanno vivendo lo stesso dolore.


EMOTIONS

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Cara Federica, mi racconti come è nata la vostra storia?

Ciao, sono Federica, una ragazza di 22 anni, che non sapeva cos’era l’amore fino al giorno del suo 17esimo compleanno. Quella mattina del 21 luglio 2015 trovo un mazzo di fiori fuori dalla porta di casa con sopra una dedica firmata da un certo Alessandro. Un po’ impaurita, e non conoscendo nessuno con quel nome, decido di mandare un messaggio al numero di telefono indicato sul biglietto. Scopro così un ragazzo dolce, che oltretutto abitava a pochi metri da me, ma che io non avevo mai visto. Lui però aveva visto me mentre lavorava vicino casa mia, e il 2 agosto ci siamo messi insieme: da lì è nato tutto.

Come siete arrivati alla decisione di sposarvi così giovani?

Alessandro ha oggi 29 anni, lavora in un’azienda agricola, e ama talmente tanto la natura e gli animali che un giorno vorrebbe aprirne una sua. Al nostro secondo anniversario (2 agosto 2017) mi ha chiesto di sposarlo. Era un nostro desiderio, un progetto di vita, volevamo talmente stare insieme e condividere tutti i momenti della giornata che abbiamo deciso di fare questa “pazzia”. Eh sì, noi non la consideravamo una pazzia, ma tutti l’hanno giudicata in quel modo. Al tempo lavoravo e dagli altri sono stata presa in giro. Quando dicevo che quello che avevo al dito era un anello di fidanzamento, venivo guardata come se fossi un alieno. Le frasi che ci siamo sentiti dire sono state:
“Ma sei una ragazzina!”
“Ma sei rimasta indietro!? I tempi oggi sono altri, prima si convive e poi se va bene ci si sposa”
“Ti sposi perché sei incinta?”
“Ma ce li avete i soldi per festeggiare dopo la cerimonia?”
“Guardate che la vita costa dopo sposati, mica è tutto rose e fiori”.

Beh, noi ce ne siamo fregati di tutte queste chiacchiere e il 2 agosto 2018 (3°anniversario) abbiamo detto il nostro “sì, lo vogliamo”. Le cose importanti si vedono con il tempo: adesso ci dicono che siamo una bella coppia e che abbiamo fatto bene a sposarci.

Avete voluto subito un bambino?

Però attenzione, dopo la “follia” del matrimonio nel mirino delle “critiche” c’è finito il nostro sogno di diventare genitori subito. “Ma tu sei una ragazzina, vuoi pure fare un bambino?”; “Guarda che la gravidanza ti rovina il fisico e non è una passeggiata”; “Ma godetevi la vita prima, che dopo non potete fare più niente!”; “Pensaci bene, che se dopo Alessandro non è quello giusto, con un figlio sei legata per sempre”. Non so da dove si prenda tutta questa cattiveria, io penso che un figlio è la cosa più bella che possa esserci nella vita, e noi lo abbiamo desiderato già dal viaggio di nozze.

Come è andata la prima gravidanza?

Dopo tanti test negativi e conseguente sconforto, il 16 maggio 2019 scopro di essere incinta, ma la gioia è durata veramente poco. Il 3 giugno ho avuto un aborto spontaneo, molto probabilmente a causa della mia tiroide che non ha funzionato correttamente. Secondo voi come ci si può sentire dopo mesi che ci provi? Male è dire poco, però sono riuscita ad andare avanti perché ho dovuto affrontare due settimane dopo la morte di mio nonno a cui ero molto legata. Avevo tanta tristezza, ma anche tanta rabbia per il poco tempo che ho potuto vivere con entrambi. Ho cominciato ad accumulare peso sia per le cure a cui mi hanno sottoposto, che per il fatto di essermi lasciata andare. Il mio pensiero andava sempre ai miei due angeli (il bambino e il nonno, NdR.) e a come poteva essere il mio bimbo. Sono convinta che fosse maschio e per questo lui oggi per noi è Leo. Gli abbiamo dato un nome in modo da poterci “parlare” e identificarlo meglio. È sempre un figlio, anche se qualcuno dice che non lo è. Purtroppo il dolore è solo di chi lo vive: c’è chi ci sta vicino come hanno fatto le nostre famiglie, e chi non fa altro che banalizzare:
“E vabbè, ma mica già potevate esservi affezionati!”
“E allora che devono dire le donne che hanno perso un bimbo più avanti?”
“Nemmeno lo hai visto con l’ecografia!”
“Ma sai quanti altri ne farete, siete giovani!”


ABORTION

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Avete subito cercato di iniziarne un’altra?

Abbiamo iniziato a cercare un’altra gravidanza da subito, ma è arrivata più di un anno dopo (3 luglio 2020). Eravamo così contenti e questa volta avevamo sentito perfino il battito e l’avevamo visto muoversi durante l’ecografia. Ero di 13 settimane (3 settembre 2020) quando ad un controllo la ginecologa guardandomi mi ha detto: “Mi dispiace, ma il suo cuore già non batte dalla 9a settimana”. Mi è crollato il mondo addosso. Io che pensavo di vedere già di che sesso fosse, io che ci parlavo e già non c’era più da un mese senza aver avuto nessuna avvisaglia di aborto. Ho cercato subito il conforto dei miei genitori e delle persone a cui lo avevo confidato, mentre Alessandro è stato 2 giorni senza andare al lavoro chiuso nel suo dolore. A distanza di 48 ore, di notte, dopo aver sentito un crampo fortissimo, andando in bagno ci siamo trovati il nostro bambino intero – con occhi, manine e gambe – fra le mani. È stato un colpo. Era proprio come lo avevamo visto nell’ecografia. Come si fa a dire che non esiste? Come si fa a non amarlo? Sto piangendo mentre dico queste cose perché il dolore è ancora vivo e non c’è un giorno in cui io non ci pensi.

Come avete affrontato questo secondo dolore?

Andati in ospedale, ho avuto la fortuna di poter restare in camera con mio marito, che mi ha sostenuto tutto il tempo: non so come avrei fatto altrimenti. Nella mia e nelle stanze accanto c’erano le mamme con i loro bambini fra le braccia. Questa esperienza ci ha unito ancora di più, e abbiamo deciso di andare a fondo per capire perché fosse andata male anche stavolta. Dopo un mese abbiamo scoperto che avevamo perso una bimba perché purtroppo aveva la trisomia 13, una brutta malattia genetica incompatibile con la vita.

Come vivete oggi quello che vi è successo?

Federica. Lei adesso si chiama Sole, il nome con cui le parlavo quando ancora era dentro di me. Sappiamo che ci protegge da lassù e speriamo che presto ci porti un bel “bimbo arcobaleno” (un bambino che nasce dopo un aborto spontaneo o morte perinatale, NdR.). Questa è la nostra storia e spero che le mamme, i papà e le coppie in generale che la leggeranno, possano trovarvi conforto e comprendere che non si è soli, non smettendo mai di inseguire il loro sogno.

FEDERICA CIAVONI,
Federica Ciavoni

Alessandro. Mi fa piacere parlare di quanto ci è successo perché credo sia un modo di aiutare sia noi che gli altri. È stato brutto entrambe le volte, ma la seconda ancora di più. La gravidanza era andata avanti, sembrava andasse tutto bene, e quando è successo mi sembrato di ritornare a zero. Il tempo si blocca e devi come ricominciare da capo. Un senso di smarrimento.

Cosa vi sentite di dire ai genitori che vivono la vostra stessa esperienza?

Federica. Io vorrei dire una cosa a chi banalizza l’aborto spontaneo quanto più precoce. Questo per tutelare tutte noi mamme (sì, anche noi siamo mamme!) che abbiamo perso un figlio ancor prima di conoscerlo. Un figlio è tale per la madre già dal momento in cui lo desidera, e dal primo test di gravidanza positivo. Non importa a quante settimane lo abbiamo perso, è un lutto e basta. A chi è intorno a noi mi sento di dire: non cercate di sminuire questo grande dolore, ma semplicemente siateci vicini anche solo dicendo “mi dispiace”. Non ci dite, magari per consolarci, che siamo giovani e abbiamo tanto tempo per realizzare il nostro sogno: proprio perché siamo giovani non capiamo come mai sia successo a noi. E nemmeno che ne faremo altri 100 perché, oltre al fatto che c’è la possibilità di avere un grave problema di infertilità, ogni figlio è unico, non si sostituisce con un altro!

Alessandro. Di fronte a queste esperienze è importante avere fede, non perdere mai la speranza. È una grande ricchezza avere accanto a sé un coniuge che ci ama profondamente con cui condividere il dolore della perdita. Noi oggi ci sentiamo ancora più uniti, custodiamo il nostro sogno e ci facciamo forza. Bisogna continuare a credere, non disperare. I nostri bambini anche se sono morti ci sono, sono vivi in Cielo. Io e Federica ci affidiamo a Dio chiedendogli di sostenerci nel nostro desiderio di diventare ancora più famiglia.


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