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Avremo dei Parastronauti: il primo concorso per astronauti aperto ai disabili

ASTRONAUT, MOON, EARTH

Vadim Sadovski | Shutterstock

Annalisa Teggi - pubblicato il 17/02/21

L'Agenzia spaziale europea indice un nuovo concorso per astronauti dopo 12 anni aperto anche a portatori di disabilità fisica: le grandi sfide che ci attendono nello spazio cominciano da una grande occasione di inclusione già qui sulla terra.

Dopo 12 anni l’Agenzia spaziale europea (ESA) indice un nuovo concorso per diventare astronauti. L’ultima volta fu nel 2008/2009 e in quell’occasione vennero selezionati i nostri Samantha Cristoforetti e Luca Parmitano.


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L’annuncio di questa opportunità si è accompagnato a una grande novità, all’insegna dell’inclusione. Si parla infatti di “parastronauti”, il concorso viene per la prima volta aperto a portatori di disabilità:

individui che sono psicologicamente, cognitivamente, tecnicamente e professionalmente qualificati per essere astronauti, ma hanno una disabilità fisica che normalmente impedirebbe loro di essere selezionati a causa dei requisiti imposti dall’uso dell’attuale hardware spaziale. (da ESA)

Pronti ad abitare sulla Luna o su Marte?

Le domande di partecipazione potranno essere compilate online dal 31 marzo al 28 maggio. Solo 3 volte dal 1978 sono stati svolti concorsi per astronauti, ed è dunque un’occasione straordinaria per chi abbia questo sogno. Che poi tanto sogno non è. Occorre avere un curriculum adeguato: una Laurea magistrale (o superiore) in Scienze naturali (Fisica, Chimica, Biologia, Scienze della Terra, dell’atmosfera o degli oceani), Medicina, Ingegneria, Matematica, Informatica. In alternativa, un attestato da pilota collaudatore sperimentale. E tre anni di lavoro dopo la laurea.

Bisogna mettere in conto una proposta lavorativa che è davvero sfidante: disponibilità a viaggiare per lunghi periodi (ma non solo nello spazio), lontani da famiglia e amici per mesi, capacità di mantenere la calma sotto pressione.

Ma è anche una proposta che ha un’attrattiva enorme considerando il futuro delle missioni spaziali:

L’Agenzia spaziale europea sceglie una nuova classe di astronauti con un nuovo bando, a 12 anni dall’ultimo. Si tratta della generazione di pionieri che avrà davanti a sé sfide probabilmente sfide mai tentate. La Luna, con la prospettiva di abitare il primo insediamento umano in orbita e sulla superficie di un altro corpo celeste. E poi, chissà, forse anche Marte. (da Repubblica)

E proprio nell’orizzonte delle grandi sfide c’è anche il grande desiderio di ESA di abbattere, un passo alla volta, le barriere verso chi è relegato già su questa terra in un “altro mondo”, nascosto e scartato. Su qualche giornale si legge già la battuta amarissima: forse capiterà che un disabile diventi astronauta prima di essere assunto in un ufficio pubblico. Un’iperbole, d’accordo; che però entra nel merito di un problema reale.

Un piccolo grande passo per l’umanità

Di cosa stiamo parlando, dunque, entrando nei dettagli della notizia?

Per la prima volta si parla nel bando di concorso dell’ESA di portatori di disabilità fisiche tra i candidati che verranno selezionati:

Concretamente, verrà aperta una selezione per persone che abbiano tutte le qualifiche per il lavoro di astronauta e le seguenti disabilità: persone che hanno una deficienza dell’arto inferiore (ad esempio a causa di un’amputazione o di una deficienza congenita dell’arto) come deficit di un piede singolo o doppio fino alla caviglia (amputazione di lisfranc) e deficit di una o due gambe sotto il ginocchio; persone che hanno una differenza di lunghezza delle gambe (arti mancanti o accorciati alla nascita o a seguito di un trauma); persone di bassa statura (inferiore a 130 cm). Non è possibile al momento considerare persone che abbiano deficit mentali. (da Avvenire)
PARASTRONAUTS, ESA
ESA

Il percorso di selezione di 4/6 nuovi astronauti durerà 18 mesi e i nomi dei vincitori saranno resi noti a ottobre 2022. Per quel che riguarda quelli che sono già stati soprannominati i Parastronauti si aprirà un ambito di esplorazione completamente nuovo per ESA. Ha dichiarato infatti Luca Parmitano:

Non avendo esperienza, però, abbiamo collaborato con il Comitato Paralimpico per capire come calibrare l’addestramento e fare in modo che prima o poi una portatrice o un portatore di disabilità [agli arti inferiori, ndr] contribuisca all’esplorazione dello spazio. È un progetto pilota, di cui non possiamo garantire, adesso, l’accesso a una missione operativa, ma che ci aiuterà a individuare le caratteristiche dell’addestramento necessario. (da Wired)

Toccare il cielo con un dito

Il clamore giustificato di questa notizia, non ci faccia staccare i piedi da terra con troppa leggerezza. Per arrivare alle stelle – metaforicamente e non – la strada è ancora lunga. I Parastronauti che verranno selezionati saranno degli apripista, non immaginiamoli subito in tenuta spaziale e catapultati verso l’infinito e oltre. A loro spetterà il compito più dimesso eppure così rilevante di collaborare con gli ingegneri di ESA per mettere a punto sistemi e protocolli che un giorno consentiranno anche ad astronauti con disabilità di vivere e lavorare nello spazio.


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Siamo dunque all’inizio delle fondamenta di una casa nuova, e non c’è altra via per costruire bene.

Naturalmente tutto il campo semantico delle stelle e dello spazio ci lancia verso scenari dai contorni dell’avventura, dell’esplorazione sconfinata. In molti hanno tirato di nuovo fuori l’etimologia di desiderio che significa mancanza delle stelle. È meraviglioso guardare in alto, se significa riconoscere che la nostra dignità sta nel legame parentale con il Cielo.

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NASA

Anche rimanendo sulla terra si può guardare in alto, allora. Soprattutto di fronte alle tante circostanze spicciole e quotidiane in cui per un disabile (e la sua famiglia) raggiungere una meta, anche vicina, è come piantare una bandierina su Giove. Per non aprire quel capitolo cupo di quelli che, invece, sono indaffaratissimi a costruire navicelle ben poco accoglienti per «scartare» chi non corrisponde a un profilo di presunta normalità e funzionalità.

La parentesi lamentosa si chiude qui, dicendo che anche a Terra restano grandi missioni da compiere. E accogliendo con l’entusiasmo più sincero le parole di chi si è speso perché l’Agenzia Spaziale Europea facesse questo passo che parla ad alta voce ben oltre il contesto spaziale:

È solo la scelta più intelligente – ha sottolineato Ersilia Vaudo Scarpetta, Chief Diversity Officer dell’Esa, durante la conferenza stampa di presentazione del concorso, – abbiamo l’ambizione di immaginare e rendere possibile il futuro. Per farlo, l’unica soluzione è pensare in modo diverso, uscire dalla familiarità. (da Wired)

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