I cristiani sono lungi dall'aver assimilato la critica freudiana come purificatrice della fede
Uno dei pensatori atei che hanno avuto più influenza sulla cultura contemporanea è Sigmund Freud, il padre della psicanalisi. Leggere le sue opere fa avere un’idea della sua critica alla religione e di come molte delle idee che professava siano ormai di uso corrente, pur senza averlo letto. In genere, però, non appare nella lista dei filosofi atei nei manuali di divulgazione.
Il filosofo Paul Ricoeur, grande conoscitore di Freud, scrive che i cristiani sono lungi dall’aver assimilato la critica freudiana come purificatrice della fede. Dall’altro lato, chi vede la religione attraverso i testi di Freud senza conoscere molto la religione penserà che questa sia sempre una risposta arcaica che svolge le stesse funzioni di consolazione e che avrà successo finché non ci sarà un consistente sviluppo culturale e scientifico. Questa tesi che rende la religione una caricatura si è diffusa nel corso di un secolo nell’opinione di molti, nella maggior parte dei casi senza conoscerne le origini.
Dialogare con le opere di Freud permette di realizzare una critica della sua critica, di scoprire i suoi presunti errori ma anche di lasciarsi interpellare da alcune delle sue intuizioni, che colpiscono nel segno alcune forme patologiche di vivere la religione.
Una visione pessimista dell’essere umano
La teoria psicanalitica si basa su una visione antropologica pessimista non sempre esplicitata. Parte dal presupposto che l’essere umano sia un essere primario e istintivo, addomesticato dalla cultura e dalla religione nel corso della storia, un essere naturalmente diviso, spezzato, violento e conflittuale, che cerca di soddisfare se stesso e ha paura di chi è più forte di lui. Una visione che avevano anche altri pensatori prima di Freud e che attraversa tutto il suo pensiero sull’essere umano.
Anche se la sua visione antropologica non è una verità dimostrata ed è ben lungi dall’essere presentabile a livello scientifico, i suoi sospetti e le sue ipotesi non sono scartabili a priori in molti aspetti, e introduce una visione meno ingenua dell’essere umano che ha influito non solo sullo sviluppo della psicologia, ma anche su filosofia, musica, letteratura e cinema.
Come altri grandi pensatori atei, cerca di liberare l’uomo dal peso opprimente della religione, perché, privo della tutela religiosa, possa raggiungere maturità e libertà.
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La religione come repressione e consolazione illusoria
Tra le opere di Freud ci sono 14 scritti dedicati alla religione. È del 1907 la sua prima opera specifica sul tema, Azioni ossessive e pratiche religiose, in cui stabiliva un’analogia tra la religione e la nevrosi ossessiva. Nel 1912 ha poi pubblicato Totem e Tabù, in cui indicava la religione come la “nostalgia del padre”, generatrice di senso di colpa. Nel 1927, ne L’avvenire di un’illusione, identificava la religione con una reliquia del passato, derivante da una situazione di ignoranza.
Come ogni autore, Freud era figlio della sua epoca, e non si può dimenticare che lo scientismo, il positivismo e l’evoluzionismo hanno inciso sulla sua visione del progresso umano e sulla sua critica alla religione. Anche nella sua biografia, però, c’è una lunga serie di elementi che gli fanno avere una visione fortemente negativa contro la quale si è sistematicamente schierato, a partire dal rapporto conflittuale con il padre e con la religione in relazione all’ebraismo, come anche con i cristiani, dai quali sia il padre che lui subirono discriminazione a Vienna. Ebbe anche una tata cattolica che lo portava a Messa e venne poi licenziata per furto. Il suo conflitto con la religione lo portò a imporre alla moglie Marta di abbandonare la religione, cosa che lei recuperò dopo la morte di Freud.