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Padre Portella, il missionario italiano che vuole morire in Colombia

ERMOLAO PORTELLA

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Lucía Chamat - pubblicato il 10/02/21

Anche se la sua famiglia gli ha chiesto di tornare in Italia, padre Ermolao Portella vuole morire nel Paese in cui ha sviluppato la sua missione evangelizzatrice con i contadini

A 82 anni, il sacerdote Ermolao Portella, della Comunità Pii Operai Catechisti Rurali Missionari Ardorini, vuole continuare a lavorare in Colombia. Il suo desiderio è morire vicino ai popoli rurali che continua a evangelizzare senza sosta e con lo stesso entusiasmo dei primi giorni.

Tra Italia e Colombia

Dopo più di dieci anni nella missione colombiana, è tornato per sei anni in Italia come superiore generale della sua comunità. Al termine di quel periodo, ha scritto in una lettera al nuovo superiore che era disponibile per qualsiasi missione. Non c’era niente, però, che desiderasse di più che tornare nel Paese sudamericano.

E così nel 2016 è tornato nel municipio di Garzón, situato nel dipartimento di Huila (a sud della regione andina). I Missionari Ardorini lavorano da 33 anni nella zona rurale. In questo villaggio, noto per la sua tradizione religiosa cattolica, gli Ardorini hanno sviluppato la loro vocazione di svolgere apostolato con i lavoratori rurali.

ERMOLAO PORTELLA
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“Voglio rimanere in Colombia”

“La mia famiglia è composta dagli abitanti di Garzón, ho rinunciato alla mia famiglia di sangue per scoprire una famiglia spirituale” dice il sacerdote, nato a Santa Caterina Albanese (Cosenza). In Italia ci sono i suoi fratelli e i suoi nipoti, tutti a lui molto vicini, anche se la perdita della memoria fa sì che a volte dimentichi i loro nomi.

Parlando con Aleteia, padre Portella ha raccontato che fa parte di una famiglia di quattro fratelli, e che fin da bambini hanno tutti imparato la lingua albanese:

“Gli Albanesi erano perseguitati dai Turchi per via della loro religione cattolica, e fuggendo dal loro Paese hanno fondato vari villaggi, tra cui il mio. Con mia madre, mia nonna e mia zia non ho mai parlato italiano, e questo mi ha favorito al momento di imparare lo spagnolo”.

Anche se il suo progetto è “rimanere tranquillamente in Colombia fino alla morte”, sente la mancanza della sua famiglia e del cibo italiano. Pur avendo vissuto in Colombia per tanti anni, non si abitua a mangiare tutti i giorni riso o il maiale come viene preparato localmente. “Lo mangiano fresco, in Italia l’animale viene sacrificato e la carne viene appesa per mangiarla per settimane”.

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Non è stato tutto facile

Nel periodo in cui è stato al Capitolo Generale della sua comunità non è stato tutto facile. La sua salute, ad esempio, si è indebolita, racconta padre John Jairo Argote, che lo ha accompagnato nel viaggio di ritorno ed è stato testimone della gioia che ha provato tornando a Garzón.

Padre Ermolao ricorda che quando è arrivato in Colombia celebrava ogni domenica tre Messe nei campi e sui monti, e si recava anche in insediamenti lontani. Ora celebra le Eucaristie nel tempio costruito nella casa di formazione, anche se deve farlo accompagnato da un altro sacerdote perché dimentica alcune parti.

Ha superato il coronavirus

Oltre ai problemi di memoria, padre Portella soffre di diabete e ipertensione. Nonostante questo, ha superato con successo il coronavirus senza presentare alcun sintomo.

“Non gli abbiamo detto che aveva il virus per non preoccuparlo, ma voleva uscire dalla stanza e ci chiedeva perché gli portavamo da mangiare lì, non capiva cosa stava accadendo. Non ha saputo che alcuni di noi che viviamo in questa struttura siamo rimasti contagiati, fortunatamente senza conseguenze gravi”, ha affermato padre Argote.

“Un vero missionario”

Questo sacerdote, ordinato cinque anni fa, non esita ad affermare che padre Ermolao è un missionario nel vero senso della parola: “Generoso, con un amore disinteressato per le famiglie bisognose. Io vengo dai campi, e nella mia zona ci aiutava a riparare le abitazioni e a costruire piccole cappelle. L’opera di quest’uomo coraggioso mi ha fatto innamorare di Dio e della Chiesa”.

La maggior parte dei seminaristi e dei sacerdoti dei Pii Operai Catechisti Rurali Missionari Ardorini è costituita da giovani provenienti dalle campagne. C’era anche una missione a San Vicente del Caguán – zona che in passato ha sofferto molto per i conflitti con la guerriglia –, dalla quale i missionari si sono ritirati per la mancanza di vocazioni.

La pandemia e i campi

L’opera dei missionari consiste nell’assistere comunità contadine, accompagnare famiglie in difficoltà, offrire orientamento ai giovani, sostenere i parroci ed essere un sostegno spirituale tra le realtà dolorose che si vivono nei campi.

La pandemia ha posto varie difficoltà ai Missionari Ardorini in Colombia, passati dallo svolgere un’intensa vita pastorale nelle proprietà vicine, che dava loro anche sostegno economico, al fatto di non poter uscire e non ricevere aiuti.

“È in questo momento che si vede maggiormente la grazia di Dio. La gente dei campi non ha mai smesso di provvedere ai noi, non ci mancano le uova, le banane o yucca, e le altre case più agiate ci hanno aiutato, sentiamo la fraternità”, ha detto padre John Jairo ad Aleteia.

Guidati da Don Bosco

La Comunità dei Pii Operai Catechisti Rurali Missionari Ardorini è nata a Montalto Uffugo, in Calabria, nel 1928. Il fondatore era un sacerdote diocesano ispirato dal Signore ad accompagnare ed evangelizzare i fratelli dei campi guidato dalla spiritualità di Don Bosco. Fino al 1940 esistevano i Pii Operai e i Catechisti Rurali, ma in quell’anno il Papa li ha unificati nella comunità che oggi conosciamo e che è giunta anche in Canada, India, Tanzania e altri Paesi africani.

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PREGHIERA PER I CONTADINI

Ermolao Portella, 1992

Signore Gesù, a te erano familiari le immagini del lavoro agricolo e della vita rurale, e te ne sei servito per annunciare il Vangelo ai poveri.

Ti preghiamo per i lavoratori rurali della nostra epoca, soprattutto per i contadini che si dedicano al lavoro dei campi.

Testimoni e collaboratori della Provvidenza creatrice, vivano sempre fedeli alla tua legge di verità e d’amore, e coltivino la santità della vita cristiana con lo stesso amore con cui coltivano i loro campi.

Vedano riconosciuti il valore e la dignità del lavoro agricolo, in una misura che li ricompensi della dura fatica quotidiana.

Manda loro nuovi operai del Vangelo che, annunciando instancabilmente l’amore del Padre, Divino Agricoltore, li aiutino ad essere, in Te, tralci vivi, per una comunione senza fine. Amen.

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