Per un’etica dell’intelligenza artificialeL’Intelligenza artificiale (IA o, in inglese, AI da Artificial Intelligence) viene sfruttata regolarmente nella ricerca scientifica, nell’informatica, nella robotica, nella medicina, nel mercato azionario e in quello ludico. Dalle applicazioni aziendali alle diagnosi mediche, dal trading finanziario alle previsioni meteorologiche, dalla redazione e traduzione di testi alla programmazione di giochi, dalla domotica casalinga fino alla realizzazione di dispositivi medicali o robot di accompagnamento.
Per dare un’idea dell’enorme rivoluzione in atto, consideriamo che oggi, in un solo anno, l’umanità produce tanti dati quanti la storia precedente; alcune testate giornalistiche vengono scritte quasi interamente dall’intelligenza artificiale; da un paio di anni c’è stato un aumento del 20 per cento nell’uso di IA per le operazioni chirurgiche; entro breve certe professioni neanche esisteranno più, mentre in tutti i lavori l’essere umano dovrà imparare a collaborare con macchine intelligenti.
È stato addirittura creato un nuovo prototipo di robot interamente costituito da materiale biologico. I creatori parlano di un robot vivente, la “prima macchina biologica interamente messa su a partire dal nulla”. Si chiamano xenobot, e derivano dalle cellule staminali di una rana pur non essendo una rana, né robot tradizionali né nuove specie animali, ma organismi viventi e programmabili.
Insomma, il futuro è già qui.
Leggi anche:
La Chiesa apre a robot e intelligenza artificiale?
I timori del mondo cattolico e non solo
L’avvento di una realtà “futuristica” ha generato grandi entusiasmi nel mondo scientifico, ma altrettanti timori in quello bioetico, teologico e cattolico, per il rischio che le macchine possano sostituire del tutto l’uomo o essere utilizzate con fini illeciti.
Le questioni etiche e antropologiche sollevate dall’impatto dell’intelligenza artificiale sulla nostra società sono numerose e su di esse sono chiamate a misurarsi la riflessione filosofico-teologica e la dottrina sociale della Chiesa. Teoricamente l’intelligenza artificiale dovrebbe essere orientata al bene dell’umanità, ecco perché bisogna trovare una strada concreta che ci aiuti a evitare derive di asservimento dell’essere umano alla macchina. Si rende così indispensabile predisporre dei piani formativi per servirsi dell’IA partendo dal presupposto dell’inviolabilità della persona umana.
A questo proposito il Rome Call for AI Ethics, sottoscritto nel febbraio 2020 (con i primi firmatari, Pontificia Accademia per la Vita, Microsoft, IBM, FAO e Governo italiano), ha avuto proprio l’obiettivo di orientare i progressi dell’intelligenza artificiale al servizio dell’umanità (quanto Papa Francesco auspicava nel messaggio indirizzato al World Economic Forum di Davos, nel gennaio 2018).
Leggi anche:
Il Papa chiede che il progresso dell’intelligenza artificiale “sia umano”
Le macchine non hanno una responsabilità morale
Le macchine intelligenti saranno in grado di autodeterminarsi e di distinguere il bene dal male? Avranno una propria responsabilità e una coscienza simile alla nostra?
Quello che si teorizza è che anche per l’IA ci sia la prospettiva di “imparare” il comportamento morale: se davvero le macchine fossero in grado di agire secondo i dettami dell’etica, allora guadagnerebbero lo status di autentiche “persone artificiali”, eliminando il confine tra uomo e macchina. L’ipotesi, seppur con qualche perplessità, non è tanto irrealistica.
La differenza fondamentale tra la macchina e l’uomo sta nel fatto che quest’ultimo riconosce il proprio agire come libero ed è capace di scegliere in base a una complessa riflessione sulle circostanze, mentre la macchina lo fa in base a un calcolo di vantaggi e benefici. Giovanni Paolo II, già nel 1990, sosteneva che “il tentativo di spiegare il pensare e il volere libero dell’uomo in chiave meccanicistica e materialistica porta inevitabilmente alla negazione della persona e della sua dignità”.
Anche se l’IA sviluppa ed esprime una soggettività, ossia la capacità di elaborare delle informazioni e di rispondere in modo autonomo, è comunque lontana dal rappresentare ciò che la tradizione filosofica, teologica e cattolica considera come persona. Questa infatti si realizza nella capacità dell’essere umano di distinguere il bene dal male, presupposto della coscienza umana.
Le macchine possono decidere, ma senza una responsabilità morale: solo l’essere umano è in grado di farlo. Per questo motivo l’IA non deve acquisire potere decisionale, bensì essere posta al servizio dell’autodeterminazione umana, poiché la pratica delle decisioni morali non può essere sostituita da algoritmi.
L’aiuto dal Vangelo
Ai cristiani e alla Chiesa si apre una concreta possibilità di aiuto per un incontro tra la tecnologia e la tradizione dell’uomo, portando a programmatori, esperti di dati e ingegneri digitali i valori del Vangelo e della profonda esperienza della Chiesa nell’etica e nella giustizia sociale.
Si ha infatti l’esigenza di un discernimento: compito della Chiesa dovrebbe essere quello di proporre una cornice etica e spirituale alla comunità tecnologica, un’etica aperta al futuro con un atteggiamento fiducioso nella scienza. Certo, non sarà facile, perché per molti le problematiche di natura etica resteranno in secondo piano rispetto alla corsa allo sviluppo tecnologico.
Per questo la voce della Santa Sede e delle comunità religiose è più che mai fondamentale nei dibattiti politici e di bioetica, affinché si sviluppi una scienza che non parli soltanto il linguaggio degli esperti di tecnologia, ma anche quello delle scienze umane. Sia per il patrimonio di conoscenza che ha la Chiesa sulla natura dell’uomo, sia per portare a una riflessione sullo sviluppo tecnico che ricollochi la tecnologia nella sua dimensione di interazione con l’uomo.