Ospite alla trasmissione I Magnifici 7, Flavio Insinna risponde alla domanda: ” Perché confessarsi?” e parla del perdono come grande e paziente attesa di Dio di farci una carezza. È iniziato il 13 gennaio un viaggio alla riscoperta dei sacramenti intitolato I Magnifici 7. Va in onda il mercoledì in prima serata su TV2000. Dopo il Battesimo e la Comunione, stasera il sacramento protagonista sarà la Confessione. Ospite del conduttore, l’attore Michele Laginestra, anche Flavio Insinna che ha condiviso alcune sue riflessioni su quel momento intimo con Dio che lui preferisce chiamare Riconciliazione.
Leggi anche:
No, cara Lory, non sarà il confessionale del Grande Fratello a curare il tuo dolore
Confessa!
Ci vuole un po’ di piglio ironico per guardare ai Sacramenti senza pregiudizi. Sia Laginestra che Insinna sono attori molto versatili, ma sicuramente sono capaci di risorse sorprendenti nel comico. Non c’è da ridere sui Sacramenti, cioé non li si deride. L’ironia è la capacità di togliere la polvere del noto alle cose e alle persone per restituircele con uno sguardo sorprendente. Si può dunque, ed è cosa molto buona, rendere magnifico il momento della Confessione; e in inglese, to magnify è il verbo che descrive cosa fa la lente d’ingrandimento.
Possiamo ingrandire ciò che abbiamo sempre sotto gli occhi per vederlo meglio, quasi da capo. E allora, pronti via. Tutto parte da una domanda molto diretta: perché confessarsi?
Insinna, amatissimo conduttore de L’eredità, risponde teneramente:
Perché torniamo da un Padre, dal Padre. E’ l’essenza della parabola del figliol prodigo. Si torna per ritrovarsi, per farsi ritrovare. […] Abbiamo questa fortuna straordinaria di avere un Padre che ci aspetta sempre, non andiamo da un giudice. Non andiamo in un tribunale, ma da un Padre infinitamente misericordioso. (da Avvenire)
Confessa! Siamo abituati a sentire spesso questa battuta, nelle serie poliziesche. Ha sempre il tono inquisitorio, duro e senza pietà: elencare le colpe, per poi passare alla punizione. La confessione ha sempre a che fare con un colpevole, nei film. Nella trama di Dio, invece, ha a che fare con un incontro che rimette al centro del discorso il bene.
Per tantissimo tempo anche io sono stata vittima di questo enorme errore, abbaglio. Vivevo il momento della Confessione come se fosse il tribunale in cui mi spettava il posto dell’imputato. Ed era tutto un mio personale cortocircuito, perché non ho mai trovato sacerdoti severi dall’altra parte della grata. Alcuni, forse, sono stati più “asciutti” di quel che emotivamente mi corrisponde. Di fronte ad alcuni mi sono sentita (davvero e meravigliosamente) figlia.
Questo è l’altro aspetto che ricordo, ripetutamente, a me stessa. La fatica a fare il passo della Confessione si è sempre trasformata in una enorme serenità una volta uscita dal confessionale, e allora perché la volta successiva si ripresenta la stessa insidia? Credo sia la ginnastica che deve costantemente fare la nostra libertà. Ogni volta è come tuffarsi, sapere che le braccia del Padre sono pronte ad affarrarti … eppure staccare i piedi dalla propria terra fa tentennare.
Il perdono che riconcilia i nostri pezzi sconessi
Col suo tono paradossale, Chesterton ammise di essersi convertito alla Chiesa cattolica per potersi confessare. E aggiunse che gli sembrava incredibile, eppure vero, che l’anima entrasse vecchia nel confessionale e ne uscisse di nuovo giovane come un neonato. La misura della Misercordia è eccedente rispetto alle nostre consuetudini quotidiane, dove anche la parola “perdono” è molto usata ma in modo sbiadito, addirittura frainteso. Perdonare è spesso e volentieri qualcosa che noi concediamo agli altri, nonostante il male che possono averci fatto. Ma la Misericordia di Dio è tutt’altra cosa dal «chiudo un occhio, faccio finta che non …»
C’è un’altra battuta di Insinna sulla Confessione che riporta il perdono nel posto giusto:
Non vuol dire che abbiamo litigato con qualcuno, abbiamo litigato solo noi.
Aggiunge anche che preferisce riferirsi a questo sacramento chiamandolo Riconciliazione. Il perdono di Dio non è una concessione generosa, è l’unico specchio che ci permette di guardarci interi e non a pezzi. Lasciati in mano nostra, i cocci della nostra vita quotidiana resterebbero un puzzle scombinato. Abbiamo bisogno di una mano innamorata che venga a ricucire le tessere sconnesse, strappate: riconciliarci a noi stessi è un’impresa dura, che non siamo capaci di portare a termine da soli.
Dio cuce e ricuce un’anima alla volta. Anche questo è da magnificare, cioé ingradire: il perdono non riguarda il mio sguardo verso gli altri, se prima non è la carezza che sento su di me e che mi lega in una lieta dipendenza a mio Padre.
Si risale insieme verso il Paradiso
Sarò curiosa stasera di assistere all’intera puntata della trasmissione di TV2000, ma intanto nell’antemprima disponibile c’è un altro passaggio che custodisco nella memoria. Scopro che il conduttore Michele Laginestra e Flavio Insinna condividono la passione per le immersioni subacquee ed è da questo contesto marino che nasce una bella metafora:
Credendo alla vita come dono, regalo quotidiano, si capisce perché se sott’acqua c’è un problema si ritorna su tutti insieme. Non diresti mai: “Flavio ora si arrangia, io devo andare a vedere i coralli laggiù”. Sott’acqua è come si dovrebbe vivere anche sulla terra.
Ricorda un po’ Don Bosco (nei cui panni Insinna si è infilato, interpretandolo in una miniserie televisiva) che prima di morire disse: “Dite ai miei ragazzi che li aspetto tutti in Paradiso“. Non è astratto altruismo, ma vera compagnia. Sarebbe ben clamoroso se il vero motore del nostro slancio di bene diventasse questo desiderio di ritrovare in Paradiso quelli che ora ci sono accanto. E’ un ribaltamento completo, rispetto al ben più misero pensiero che i bravi cristiani aiutano gli altri.
Leggi anche:
Luca Ward: a 17 anni “incontrai” la Vergine Maria per pochi istanti
Non fu un bravo cristiano Gesù quando disse al buon ladrone che dopo poco sarebbe stato con lui in Paradiso. Il perdono che nasce dalla Croce non è una buona azione, ma un bisogno di Paradiso come felicità piena perché condivisa. In questo senso, forse in Cielo non esistono voci singolari. E già qui possiamo tentare di stare al passo di questa ipotesi di compagnia. Conosciamo la porta che ci fa uscire dal nostro buio e dalle nostre miserie, teniamola aperta per chi ci passa vicino.
Non teniamo per noi quel guizzo o barlume di innocenza entusiasta che ci segna, ogni volta che ri-nasciamo dopo la Confessione.