Aleteia logoAleteia logoAleteia
venerdì 19 Aprile |
Aleteia logo
For Her
separateurCreated with Sketch.

La vera moda etica la inventò San Martino, ed è quella “usa e dona”

GIRL, WARDROBE, CLOTHES

Shyntartanya | Shutterstock

Annalisa Teggi - pubblicato il 21/01/21

Dietro quel gesto di donare il mantello c'è chi ha visto un'idea imprenditoriale per dare davvero agli abiti che non si indossano più una seconda vita, ispirata alla carità.

Quando trovi un’idea davvero bella e che funziona, spesso e volentieri scopri che c’è un Santo che l’ha lanciata.

Sono legata a San Martino, ho dato a mio figlio il suo nome, ma non mi era ancora capitato di pensarlo come fashion influencer o antesignano della moda etica. In effetti, quello slancio nel donare il mantello al povero è un guizzo di umanità luminosa che noi oggi, al massimo del nostro impulso creativo, definiremmo «dare una seconda vita agli abiti usati».


WOMAN, SHOPPING, DRESS

Leggi anche:
Tempo di saldi: esiste davvero una moda etica?

La carità può essere il vero motore di una moda etica, ed è ben diverso dal pensare: “Posso fare qualche soldo vendendo i vestiti che non porto più?”.

Dalla passerella alla strada

Che fine fanno gli abiti che vediamo nelle sfilate dell’alta moda? Non sono esperta, lo ammetto. Mi colpisce leggere che il costo di questi capi si riduce della metà, appena le modelle scendono dalla passarella. Una camminata di pochi minuti sotto i riflettori basta a ridurne il valore dal punto di vista commerciale, ma il capo in sé resta pressoché nuovo. Strane queste dinamiche e davvero nemiche della premura ecologica imperante.

FASHION SHOW
VillegasPhoto | Shutterstock

Ma c’è una storia nuova che comincia proprio lì, quando un vestito esce dalla luce della ribalta. A Montevarchi, in provincia di Arezzo, Don Mauro Frasi può sostenere la Casa famiglia Maria Elisabetta proprio grazie a un’iniziativa legata alla moda. Lo spunto è venuto da Letizia Baldetti, una volontaria della Caritas che racconta al Corriere:

L’idea – racconta lei – mi era venuta perché arrivavano tanti abiti molto belli ma inadatti per il nostro target. Noi aiutiamo gente povera, molti senzatetto, persone che avevano bisogno di qualcosa di comodo e molto protettivo dal freddo soprattutto quando l’inverno è rigido come quello che stiamo passando oggi. Così mi venne l’idea della rivendita. Il progetto si chiamava Francesco the S-hope: avevamo un piccolo magazzino, recuperavamo vestiti griffati, li rivendevamo e donavamo il ricavato alla casa famiglia. (da Corriere Buone Notizie)

Da questa prima intuizione è nato un progetto chiamato Clothest, lanciato proprio a gennaio, che è una piattaforma di ecommerce no-profit di abiti e accessori di seconda mano di alta moda. Il nome del brand è un neologismo, il superlativo della parola ingle cloth, tessuto.

Mi pare che ci sia anche una forte assonanza con close, essere vicino: il mondo dell’alta moda è agli antipodi di chi è costretto a vivere di elemosina. Eppure gli opposti possono avvicinarsi tantissimo, grazie a quel motore ardente che è la carità. Non sviliamola al misero “fare un’offerta”; la carità è una spinta d’amore simile a un incendio.

L’atto generoso di San Martino potrebbe davvero essere una scintilla capace di ispirare il nostro quotidiano bazzicare tra prodotti usa e getta, in una comunità umana piena di molte mani che attendono un briciolo di Provvidenza per sopravvivere.

Ti dono qualcosa a cui tengo

Cos’è poi il lusso? Noi oggi lo associamo alla vita dei nababbi che navigano nell’oro, ma all’origine il lusso è ciò che sovrabbonda. Di cosa abbiamo abbondanza? Se ciò che trabocca dalle nostre mani non è solo una grossa mole di oggetti, ma anche il bene che ci riempie il cuore, allora possiamo fare un salto carpiato. Lusso può essere quella sovrabbondanza di gratitudine che ci muove a non tenere per noi il sorriso di Dio che ha scaldato le nostre stanze.

Penso ad Anna Fiscale, recentemente premiata da Mattarella, che ha lanciato il suo brand di moda Progetto Quid partendo dall’idea di usare le eccedenze di tessuti, quegli scampoli che nell’industria tessile venivano scartati. Ed è sempre interessante notare che noi usiamo il verbo «scartare» sia per indicare ciò che buttiamo, sia per indicare il momento in cui apriamo i regali.

WOMAN, CLOTHES, SHOPPING
wavebreakmedia | Shutterstock

E anche nell’iniziativa nata a Montevarchi, quest’idea di abbondanza di bene, più che di oggetti, è forte. Oltre agli abiti presi dalle sfilate, vengono raccolti anche vestiti donati da singole persone. E l’abito viene accompagnato dalla storia che lo ha visto protagonista. Sempre Letizia Baldetti, a capo di Clothest, racconta:

Una signora ci ha portato con grande entusiasmo l’abito del matrimonio di suo figlio. Lo aveva indossato solo quel giorno e il completo era rimasto chiuso nell’armadio. Per quella mamma quel vestito era importante, aveva un significato che ci ha voluto trasmettere. Una ragazza invece è arrivata con una camicia che si era comprata prima della festa aziendale alla quale aveva partecipato dopo l’assunzione a tempo pieno. Anche quella camicia, oltre alla bellezza estetica, era diventata un simbolo. E oggi lo è ancora di più perché dietro quel gesto c’è anche l’amore per il prossimo. (Ibid)

Un affarone molto sostenibile

Già da qualche tempo la parola vintage è entrata nell’olimpo dello stile di vita apprezzato. E c’è sempre dietro l’idea dell’affare, per chi compra e per chi vende. C’è chi si strofina le mani trovando la borsa griffata usata, c’è chi si lascia andare a un grande sorriso pensando di tirar su qualche soldo da ciò che non indossa più. Ce l’abbiamo tutti presente lo spot che gira, no?

Sarà per questo sotteso orizzonte dell’«affare» che il grafico delle vendite di seconda mano sta impennandosi:

Con 24 miliardi di euro generati nel 2019, una crescita costante del 33% negli ultimi cinque anni, la second hand economy comincia a rompere i paradigmi anche in Italia. Comprare e vendere usato, si colloca al quarto posto tra i comportamenti sostenibili più diffusi tra gli italiani come emerge dalla sesta edizione dell’Osservatorio Second Hand Economy, condotto da BVA Doxa che ha fotografato lo stato dell’arte dell’economia dell’usato in Italia nel 2019. (da Alternativa sostenibile)

Possiamo raccontarcela con tutte le clausole ecologiche che ci vengono in mente, possiamo riempirci la bocca di eco-sostenibilità, ma non sono proprio convinta che sia la salvaguardia del pianeta che ci spinge a cercare una Louis Vuitton usata. Cosa significa davvero sostenibilità? Fintanto che la logica del vendere e comprare restano legate all’idea del possiedo-quindi-sono(felice), l’orizzonte non sarà davvero ecologico.

Perché l’ecologia riguarda i rapporti che legano coloro che abitano nello stesso ambiente, e quel prefisso “eco” (… lo stesso di economia, peraltro) significa “casa”. E qui dobbiamo proprio tornare ai santi, come Martino, quelli le cui azioni erano mosse dall’idea che chi è vicino a me è mio compagno di casa, il suo destino è anche premura mia.

La moda etica di San Basilio: abbiamo tutti lo stesso armadio


NADIA ZANDOMENEGHI

Leggi anche:
Nadia: sono scappata in Giappone per scoprire che Dio mi aspettava a casa mia

L’argomento che ho esplorato oggi mi ha fatto scoprire un piccolo tesoro nascosto, una folgorante intuizione di San Basilio:

È del nudo il panno che hai negli armadi; è dello scalzo la scarpa che s’ammuffisce in casa tua.
FASHION
Globalmoments - Shutterstock

Così si ribalta la scena, e si parte proprio dall’idea ecologica della “casa”.

Non avendo più uno sguardo che abbraccia l’umano, ritrovandoci sempre impantanati col nostro ego, ci siamo ridotti a pensare che la mossa buona parta dall’idea del riciclo; mentre invece è la condivisione a monte di tutto che potrebbe cambiare il senso delle nostre azioni. Cambia molto tra il liberarsi di un vestito perché non lo si porta più (o è passato di moda) e il donarlo con la consapevolezza di abitare nella “casa” in cui qualcuno è costretto ad andare in giro nudo. San Martino e San Basilio partirono dalla carità, un innesco ben più clamoroso nelle intenzioni e negli effetti.

Nessuna mira agli affari dietro, solo molta abbondanza di gratitudine. Che un po’ si è persa per strada se noi finiamo solo per sbuffare: “Uffa, ho così tanti vestiti e non so cosa mettermi…”. Ecco, accogliamo dai santi una vera sfida etica: quello che io non metto, chi può scaldare?


GIORGIO ARMANI

Leggi anche:
Armani, il “discorso del re” Giorgio dentro la crisi: bisogna ridisegnare un orizzonte più vero

Tags:
caritaecologia umanamoda
Top 10
See More