Intervista al vescovo spagnolo Manuel Nin, esarca apostolico dei cattolici di rito bizantino in Grecia, sullo stato attuale del dialogo con il mondo ortodosso
Da quasi mille anni, cattolici e ortodossi non vivono in comunione completa, pur credendo nello stesso Cristo. Nonostante questo, negli ultimi pontificati sono stati compiuti grandi passi di avvicinamento, che portano a sperare in un finale felice del lungo cammino ecumenico intrapreso decenni fa.
Uno dei teologi più informati su questo processo è il vescovo spagnolo Manuel Nin, dal 2016 esarca apostolico dei cattolici di rito bizantino in Grecia. Lo abbiamo intervistato circa lo stato attuale del dialogo e il desiderio dell’unità con il mondo ortodosso.

Come definirebbe lo stato attuale del dialogo tra la Chiesa cattolica e le Chiese orientali dopo 9 o 10 secoli di divisioni, segnati dallo scisma d’Oriente del 1054?
Dopo quasi mille anni dallo Scisma d’Oriente del 1054 (e senza dimenticare che esistono le cosiddette “Antiche Chiese Orientali” – assire, siriache, copte, armene, etiopi –, il cui momento di rottura della comunione con il resto delle Chiese cristiane risale già ai grandi concili ecumenici del V secolo), lo stato attuale del dialogo tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse di tradizione bizantina è sintetizzato proprio dalla parola “dialogo”.
Superare gli ostacoli
Dopo secoli caratterizzati da scomunica, dispute, malintesi e spesso ignoranza e mancanza di conoscenza reciproca, attualmente queste Chiese cristiane non solo hanno superato reticenze e sfiducia, ma negli ultimi 50 anni sono state capaci, per grazia dello Spirito Santo e saggezza di grandi pastori di entrambe le tradizioni ecclesiali, di superare le paure, i rancori e la sfiducia del passato.
E sono state e sono capaci, usando la nota immagine, di sedersi intorno a uno stesso tavolo e affrontare serenamente i problemi ancora presenti e che creano difficoltà per giungere a una piena comunione ecclesiale.
Perché?
Se il dialogo avanza è sicuramente un dono del Signore, e perché figure di grandi pastori e teologi di entrambe le tradizioni ecclesiali hanno saputo e sanno portare a questo tavolo del dialogo quello che fa davvero parte dell’aspetto più profondo della fede cristiana e che è già in comune tra le due Chiese. E a partire da quella fede comune sanno anche mettere al suo livello reale ciò che è più secondario.