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3 modi in cui senza San Giuseppe non avremmo Gesù

SAINT JOSEPH

Bartolomé Esteban Murillo | Public Domain

Tom Hoopes - pubblicato il 20/01/21

L'Anno di San Giuseppe è un'ottima opportunità per approfondire la nostra comprensione del ruolo di Giuseppe nella storia della salvezza

In questo Anno di San Giuseppe, i cattolici stanno riscoprendo il ruolo cruciale che Giuseppe ha giocato nella storia della salvezza.

Ci siamo abituati a parlare dell’importanza della Madre di Gesù, e lo spieghiamo ogni domenica nel Credo: “Per opera dello Spirito Santo, si è incarnato nel seno della Vergine Maria, e si è fatto uomo”.

Tendiamo però a pensare a Giuseppe come se fosse solo un custode, e non una persona intimamente coinvolta nella nostra salvezza. Papa Francesco cerca di correggere questo modo di pensare nella sua lettera apostolica Patris Corde, dicendo che “la grandezza di San Giuseppe consiste nel fatto che egli fu lo sposo di Maria e il padre di Gesù”.

La paternità di Gesù da parte di Giuseppe è stata in effetti fondamentale.

1. Il ruolo di Maria nella storia della salvezza è di primo piano, ma la paternità di Giuseppe realizza le promesse di Dio in un modo in cui la maternità di Maria non fa.

Notate l’ordine dei dettagli forniti dal Vangelo quando parla della storia dell’Annunciazione: “L’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città di Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine fidanzata a un uomo chiamato Giuseppe, della casa di Davide; e il nome della vergine era Maria”, scrive San Luca. “L’angelo, entrato da lei, disse: «Ti saluto, o piena grazia; il Signore è con te»”.

In primo luogo sentiamo dire chi è Giuseppe, e solo poi sentiamo il nome di Maria e sappiamo che è “piena di grazia”.

Questo perché, per realizzare le profezie sul Messia-re discendente da Davide, Gesù doveva nascere dalla casa di Davide. Ciò vuol dire che doveva essere figlio di Giuseppe quanto doveva essere figlio della Vergine Maria. E lo era, come Cesare Augusto, che regnava all’epoca, era il vero figlio di Giulio Cesare, che lo aveva adottato.

2. Giuseppe è stato tra i primi a sapere che Gesù doveva essere veramente Dio per poterci redimere.

Oggi gli studiosi più quotati nei media tendono a sopravvalutare l’umanità di Gesù, rendendoLo semplicemente un prodotto del Suo tempo e del Suo luogo: faceva le cose che faceva e predicava sull’apocalisse perché era un ebreo in Palestina, dove le questioni di questo tipo venivano enfatizzate molto.

Ma se Gesù fosse semplicemente un uomo, il Natale perderebbe tutto il suo senso – Dio che viene per farci condividere la natura divina.

Ironicamente, la dichiarazione più chiara del fatto che Gesù veniva come Dio non appare nel Vangelo di Luca in cui si riportano le parole dell’angelo Gabriele a Maria, ma nel resoconto del Vangelo di Matteo delle parole che l’angelo ha detto a Giuseppe: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua moglie; perché ciò che in lei è generato, viene dallo Spirito Santo”.

Giuseppe ascolta tutto il progetto di salvezza in anticipo: “salverà il suo popolo dai loro peccati”, e sarà “Emmanuele, che tradotto vuol dire ‘Dio con noi’”.

Gesù rivela nuovamente la sua identità divina a Giuseppe e Maria quando Lo perdono e Lo ritrovano nel Tempio, dicendo: “Perché mi cercavate? Non sapevate che io dovevo trovarmi nella casa del Padre mio?”.

3. Per redimerci, però, Gesù doveva essere anche vero uomo che ha imparato l’obbedienza da Suo padre, Giuseppe.

È molto semplice commettere anche l’errore opposto su Gesù, sopravvalutando la Sua divinità. Corriamo il rischio di considerarLo non un “uomo” a tutti gli effetti, ma una persona divina che imita un uomo.

Come ha affermato il Concilio Vaticano II nella Gaudium et spes, “ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con intelligenza d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo. Nascendo da Maria vergine, egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché il peccato”.

Se aveva una mente umana, ci troviamo di fronte a un grande mistero: il Figlio divino ha dovuto imparare da un padre umano. Come dice la Lettera agli Ebrei, “benché fosse Figlio, imparò l’ubbidienza dalle cose che soffrì”.

E lo ha fatto: “Nel nascondimento di Nazaret, alla scuola di Giuseppe, Gesù imparò a fare la volontà del Padre”, ha spiegato Papa Francesco.

Il Catechismo è ancora più chiaro al riguardo, dicendo: “La quotidiana sottomissione di Gesù a Giuseppe e a Maria annunziava e anticipava la sottomissione del Giovedì Santo”, di modo che la paternità di Giuseppe “inaugurava già l’opera di restaurazione di ciò che la disobbedienza di Adamo aveva distrutto”.

E allora grazie, Dio, per il ruolo unico di Maria nella storia della salvezza, e anche per quello di suo marito Giuseppe.

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