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Storie di chi è sul punto di morire

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lagunacuida.org

Benito Rodríguez - pubblicato il 13/01/21

Perché l'amore finché arriva la morte ci unisce alla vita? Storie reali di pazienti del Centro di Cure Laguna quando stavano per lasciare questa vita

Ci sono finali del tutto inaspettati. Non è una cosa riservata esclusivamente a film o romanzi, accade anche nella vita reale, soprattutto quando si vivono gli ultimi giorni della propria esistenza. Con la morte dietro l’angolo, sempre che ci siano affetto e comprensione intorno alla persona, è curioso veder affiorare qualcosa che dà speranza. A volte sono dettagli, in altri casi importanti ultime volontà.

Spesso è dovuto al fatto che si vivono con dignità fino alla fine grazie a delle buone cure palliative quegli ultimi giorni. L’Ospedale-Centro di Cure Laguna di Madrid ha riunito nel libro solidale La Vida y un día más (La vita e un giorno in più) una manciata di storie reali, un canto d’amore alla vita, un esempio fondamentale di ciò che accade quando si accompagna fino alla fine. Esempi per reiterare – tra le approvazioni della legge sull’eutanasia – che “la vita non si tocca”.

Marta e Roberto

Marta e Roberto stavano per divorziare. Era ormai deciso, ma hanno voluto rinviare la decisione dopo la morte del figlio Samuel, di 31 anni, che soffriva di un tumore cerebrale incurabile. Ricoverato al Centro Laguna, gli pesava più vedere i suoi genitori allontanarsi che la morte così vicina. Credeva che con la sua malattia stesse pregiudicando la famiglia.

Con l’aiuto della psicologa del centro, Samuel ha fatto sì che i suoi genitori capissero che dovevano collaborare. Hanno perfino accettato una mediazione matrimoniale. Assistere il figlio li ha uniti nuovamente, hanno superato la crisi e hanno deciso di portare avanti il loro matrimonio, anche quando Samuel è morto pochi mesi dopo.

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Il dono di María

María era sola. Nessuno andava a trovarla. Era triste, priva di tranquillità. Ha raccontato all’assistente sociale che le pesava il senso di colpa per aver abbandonato il figlio quando era piccolo. Il Centro è riuscito a localizzare Pedro, che viveva all’estero. Non voleva sapere nulla della madre, erano trascorsi tanti anni e lui era sposato e aveva una vita felice.

Spinto dall’assistente sociale, Pedro ha poi cambiato idea. Ha parlato con la madre in videoconferenza. María gli ha chiesto scusa, e tutto è cambiato. María ha iniziato a vedere la malattia come un regalo che le aveva permesso di riconciliarsi con suo figlio. Non appena ha potuto, Pedro è andato a Laguna per conoscere il luogo in cui era morta la madre.

La pace prima dell’ultimo viaggio di Sebastián

Sebastián, 90 anni, è entrato nel Centro arrabbiato col mondo. Non voleva parlare con nessuno, ma un volontario è riuscito a entrare in contatto con lui. Quando ha saputo che Sebastián aveva scritto dei libri sulla teoria sociale del comunismo, li ha letti per poter intavolare un discorso con lui. Ha funzionato, e sono diventati amici.

Quando il momento della morte era vicino, il volontario gli ha chiesto se gli sarebbe piaciuto vedere il cappellano. Per sua sorpresa, Sebastián ha detto di sì. Sebastián era stato sacerdote per molti anni, ma poi si era avvicinato alle idee rivoluzionarie, si era allontanato da Dio, si era sposato e aveva avuto molti figli con i quali non aveva alcun rapporto.

Come ha riconosciuto il suo amico volontario prima della sua morte, Sebastián era arrivato in ospedale convinto che Dio non esistesse, ma lì c’era “qualcosa di diverso”, ha detto, che lo ha portato a incontrare di nuovo il Signore.

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La richiesta di Luis sul punto di morire

Luis era in una fase molto avanzata della sua malattia. L’infermiera che lo curava parlava con lui, visto che seppur debilitato era molto comunicativo. Era stato un venditore di enciclopedie, e amava molto viaggiare. Luis raccontava all’infermiera com’erano stati i suoi viaggi.

L’infermiera gli ha chiesto se da bravo viaggiatore voleva prepararsi per il suo prossimo viaggio. Luis, confermando che stavano parlando del viaggio della morte, ha confessato alla donna che l’utima volta che era entrato in una chiesa era stata nel 1936 per darle fuoco. Commosso dall’affetto con cui era stato trattato a Laguna, ha acconsentito a vedere il cappellano. È morto in pace pochi giorni dopo.

Mille sorrisi, speranza eterna

Queste sono solo alcune storie, ce ne sono molte di più, reali quanto la vita. Il libro La vida y un día más le ha raccolte durante la pandemia e il confino per via del coronavirus con l’obiettivo di realizzare un “libro di mille sorrisi, lacrime infinite e speranza eterna”, per mettere la musica alla “colonna sonora originale della vita di molte persone come voi e me”.

Offre anche delle splendide illustrazioni del Diario de una Cuarantena di Alberto Guerrero, un artista che con la sua creatività guida il lettore in un cammino volto alla lotta per la virtù, per “trasformarci nel bene che vogliamo vedere intorno a noi”.

Il libro non si vende nei negozi perché l’obiettivo non è far sì che abbia una grande diffusione, ma plasmare alcune delle storie quotidiane che vivono gli operatori e i volontari.

È un libro in positivo, un sorriso, che forse dev’essere conosciuto al di là delle pareti del Centro, perché le storie lo meritano, perché il lavoro che vi si svolge è grande e perché la necessità di cure palliative sembra rubata dal dibattito pubblico sull’eutanasia. Quando alcuni parlano usando l’eufemismo della “morte dignitosa”, queste storie reali dimostrano che la dignità è nella vita e nel miglior accompagnamento possibile verso la Casa del Padre.

Gli autori hanno detto ad Aleteia che i lettori che vogliono avere questo libro possono rivolgersi a loro. Glielo faranno arrivare in cambio di una donazione libera che verrà destinata alle cure palliative dei pazienti.

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