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L’intellettuale cattolico più influente nel mondo della comunicazione

MARSHALL MCLUHAN

Public Domain

Esteban Pittaro - pubblicato il 04/01/21

Marshall McLuhan credeva che nel suo lavoro non si dovesse menzionare il cristianesimo, e che fosse “sufficiente che si sappia che chi opera è cristiano”

Il 31 dicembre si sono celebrati i 40 anni dalla morte di Marshall McLuhan, teorico della comunicazione canadese considerato una sorta di Charles Darwin per gli studi sull’impatto dei mezzi di comunicazione sulle persone.

Al mondo non c’è percorso universitario sulla comunicazione che non contempli tra gli autori di riferimento l’ideatore di uno degli assiomi più importanti e al contempo ignorati: il mezzo è il messaggio.

Con il suo stile del tutto eterodosso per la letteratura teorica classica, usando molteplici risorse tipografiche e iconografiche, McLuhan spiegava che i mezzi di comunicazione e le loro forme sono decisivi quanto il messaggio che comunicano.




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Veggente della comunicazione

Anche se non è arrivato a viverle, in base alle sue riflessioni le reti sociali rappresenterebbero un messaggio forte e influente sul pubblico indipendentemente dal loro contenuto.

Per corroborare il suo punto di vista, basta chiedere a chiunque quanto tempo ha navigato sulle reti sociali nell’ultima settimana e chiedergli quali contenuti vi ha consumato.

La routine di consumo della rete sociale trasforma più l’uomo che i contenuti che consuma nelle reti.

Il suo arrivo al cattolicesimo

Anche se è oggetto di discussione e perfino motivo di riflessione accademica, lo stesso McLuhan intendeva il su lavoro come il risultato della riflessione di un cattolico.

Convertitosi a 26 anni, in un’occasione spiegò che venne introdotto alla Chiesa dalla lettura, tra gli altri, di Chesterton, Dawson e Maritain.

Una volta riferì che un amico gli aveva detto che visto che non credeva più in Cristo era bene che chiedesse a Dio Padre di mostrargli il cammino. E così fece. Non aveva problemi, diceva. Non aveva fede, ma non aveva problemi. Dopo quella preghiera quasi priva di intenzione, però, ricevette un segno.

“Stavo discutendo di religione con un gruppo di studenti una sera nel Wisconsin, e uno di loro mi chiese: ‘Perché non è cattolico?’ Io tacqui perché non lo sapevo. Fino a quel momento non mi era mai venuto in mente che avrei potuto diventare cattolico. Ma venni rapidamente conquistato. Mi convertii in pochi giorni”.

Innamorato della Vergine Maria

Il suo amore per la Chiesa fu completo. Era profondamente mariano, andava a Messa quasi ogni giorno, e come ricordava il figlio Eric recitava il Rosario in famiglia praticamente tutte le sere. Da buon letterato, leggeva il Vangelo in varie lingue.

La sua fede provocò qualche controversia tra colleghi, e in una revisione della sua opera si arrivò a dire che non era uno scienziato sociale serio e che era un cattolico che voleva introdurre il punto di vista cattolico nella teoria della comunicazione.

Lui, però, era convinto che la sua fede non solo non fosse una contraddizione o uno svantaggio, o qualcosa che non doveva essere coinvolto nel suo lavoro, ma che “uno dei vantaggi di essere cattolico è il fatto che conferisce una libertà intellettuale completa per esaminare qualsiasi fenomeno con l’assoluta certezza della sua intelligibilità”.


ERIC MCLUGHAN

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Un utile insegnamento di McLuhan ai cattolici

Circa il rapporto con quel mondo che rifiuta la fede, e anche i cristiani, una sua idea può servire da ispirazione per i tempi che corrono, ed è anche l’applicazione logica della sua principale eredità comunicativa.

In una lettera all’editore della rivista cattolica America, McLuhan suggeriva:

“Dobbiamo confrontarci con il mondo secolare nelle sue manifestazioni più confidenziali, e nei suoi termini e postulati, per richiamare l’attenzione sulla sua confusione, l’analfabetismo e la tremenda deriva della sua logica. Non c’è bisogno di menzionare il cristianesimo. Dovrebbe essere sufficiente che si sappia che chi opera è cristiano”.

La sua riflessione e la sua proposta d’azione per un accademico, indipendentemente dalla discussione, sembrano essere del tutto conciliabili con il messaggio cristiano.

McLuhan insegnava con figure, come Cristo insegnava con parabole; capiva che il mezzo è importante quando il messaggio, come un uomo di legge (che può essere il mezzo) che non vive la legge (che potremmo intendere come il contenuto) non è il modello che Cristo propone.

E da bravo accademico, cercava la verità. La verità renderà liberi, recita il suo epitaffio.

Per chi volesse approfondire la questione, suggeriamo l’articolo The Medium Is the Mass: Marshall McLuhan’s Catholicism and catholicism, di Thomas Cooper, sul Journal of Media and Religion (vol 5, 2006, 3); il libro La Luce e il Mezzo. Riflessioni sulla Religione, che porta la sua firma e raccoglie il suo punto di vista, edito dal figlio Eric McLuhan, e l’articolo A Catholic Media Trinity: Marshall McLuhan, Walter Ong and Andy Warhol, pubblicato da Nick Ripatrazone nel dicembre 2017 sulla rivista America.

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