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Dio ci ha chiamati a cambiare il nostro stile di vita

LUIS ARGUELLO

Conferencia Episcopal Española

Alvaro Real - pubblicato il 25/12/20

Aleteia parla con il portavoce dei vescovi spagnoli, che spiega dov'è stato Dio in questo 2020 e ci invita a vivere un Natale più profondo

Monsignor Luis Argüello è vescovo ausiliare di Valladolid e segretario generale e portavoce dei vescovi in Spagna. Aleteia ha voluto parlare con lui del Natale difficile che viviamo in questo 2020.

Un anno di pandemia, coronavirus e restrizioni in cui, come spiega lui stesso, “siamo stati riempiti di sofferenza, di inquietudine e di ricerca del modo per far giungere la Buona Novella della Misericordia del Signore”.

LUIS ARGUELLO
Conferencia Episcopal Española

In questo 2020, Dio ci ha rivolto un appello speciale: “Ci ha chiamati alla conversione, alla fratellanza, a cambiare il nostro stile di vita”, ha spiegato monsignor Argüello offrendo alcuni suggerimenti per vivere questo Natale 2020, Natale di coronavirus, Natale di pandemia.

Nell’ultimo dei luoghi

Non c’è dubbio che il Natale di quest’anno non sia un Natale normale. Maria e Giuseppe sono arrivati a Betlemme, una città piena di restrizioni. Anno di coronavirus. Dove nascerà Gesù?

Gesù è nato in una stalla, l’ultimo dei luoghi, un luogo per gli animali. È venuto ad affermare la dignità sacra dell’uomo, della vita umana, e lo fa da quel luogo ultimo. In questo senso, credo che la celebrazione di questo evento sia particolarmente significativa per noi in quei luoghi che esprimono gli ultimi del mondo. Luoghi in cui le persone devono fuggire dalla propria terra, luoghi di persecuzione o di morte, o di conflitto. Luoghi ospedalieri soprattutto quest’anno, in cui tante persone si ritrovavano sole.

Il Signore ci ha chiamati a qualcosa di speciale

Lo scorso anno, Papa Francesco in questo periodo parlava dell’importanza del segno del presepe, del suo significato e del suo valore. E diceva in modo profetico: “Rappresentiamo il contesto del cielo stellato nel buio e nel silenzio della notte”. Questo 2020 è stato un anno di oscurità. Aggiungeva il Papa: “anche in quei momenti, Dio non ci lascia soli”. Dov’è stato Dio in questo 2020?

Abbiamo sempre un riferimento per trovare la presenza di Dio. Diciamo che dove due o più si riuniscono nel suo nome… Quest’anno ci sono state molte esperienze di sostegno, di cura, di vicinanza, fraternità, solidarietà. Diciamo anche che Dio è stato nella Parola, in cui si annuncia che Egli dà davvero la vita per noi, che è vicino, che è il Salvatore. È nell’Eucaristia, che spesso non abbiamo potuto celebrare per la situazione di isolamento o di limitazioni, nel desiderio di Eucaristia di tante persone. Gesù stesso ci dice che lo possiamo riconoscere nella carne dei poveri, dei malati, di chi ha difficoltà a trovare un luogo in cui vivere.

Da tutti questi luoghi il Signore si è reso presente e ci ha chiamati a qualcosa di speciale. Ci ha chiamati alla conversione, alla fraternità, a cambiare il nostro stile di vita… Ci ha chiamati a saperlo riconoscere in coloro in cui si esprime la necessità che Egli regni e che il suo regno sia di verità, di giustizia e di pace.

Pieni di sofferenza e inquietudine

La Chiesa nel mondo, anche quella spagnola, ha sofferto molto. Sono morti alcuni vescovi, molti sacerdoti, religiosi, religiose, e molti fedeli cristiani, moltissimi volontari nelle parrocchie… Come hanno vissuto i vescovi spagnoli questi momenti? Come sono state vissute le restrizioni più rigide del lockdown?

Evidentemente con dolore di fronte a questa realtà ricordata dalla morte delle persone a noi vicine. E a volte anche con impotenza di fronte alla solitudine delle Unità di Terapia Intensiva, degli ospedali o di stanze in cui non era possibile entrare. Non aver potuto portato la consolazione del Signore e anche la vicinanza di una mano amica. Abbiamo vissuto queste circostanze rendendoci conto della necessità di cercare dei modi per esprimere questo annuncio, questo annuncio che dà salvezza e speranza, l’annuncio del fatto che il nostro Dio dalla Croce ci annuncia di essere un Dio dei vivi, che ci accoglie, che ha misericordia di noi.

Le rigide restrizioni del lockdown, nella misura in cui hanno portato a difficoltà per poter esprimere questo annuncio e questa vicinanza, ci hanno riempiti di sofferenza, ma anche di inquietudine e di ricerca del modo per far giungere la Buona Novella della Misericordia del Signore per altri canali e in altri modi.

Che regalo ci può chiedere il Bambino Gesù quest’anno?

Marzo, aprile e maggio 2020 sono stati mesi molto duri. Molte famiglie vivranno il Natale senza i familiari morti per Covid-19 e con la lontananza di tanti altri… Come affrontare questo periodo?

Il Natale è un momento adeguato per queste persone. Concentriamoci sui nomi del bambino che nasce: Emmanuele, che significa Dio con noi, che viene a consolare tutte le solitudini, quelle che notiamo in questi giorni perché vediamo le sedie vuote, ma anche le altre solitudini che portiamo nel cuore. Credo che il Natale sia proprio per queste persone, che anche se hanno le lacrime agli occhi si trovano davanti al fatto che il bambino vuole assumere su di sé le loro lacrime e ricevono da Lui l’annuncio di un ammirevole scambio. Che regalo può chiederci il Bambino Dio quest’anno? Il dono della nostra sofferenza, il dono della nostra impotenza, il dono delle nostre lacrime. Cosa vuole fare? Nella liturgia diciamo che Egli realizza un ammirevole scambio. Vuole offrirci la speranza, la compagnia e la salvezza che il Figlio di Dio ha voluto portare sulla Terra.

Ripensare la vita parrocchiale in chiave di protagonismo familiare

Le restrizioni al culto sono un problema, anche per la Messa della Notte e altre celebrazioni. Sono sorte molte iniziative online, e sono già state create molte reti di convivenza e preghiera. Potrebbe essere un’opportunità per ripensare la vita parrocchiale?

Credo di sì. Di fatto la vita parrocchiale è chiamata a una conversione pastorale. Ce lo sta chiedendo la Chiesa, Papa Francesco, e forse nelle iniziative di questo periodo hanno raggiunto un protagonismo speciale le Chiese domestiche. Le famiglie come Chiesa domestica. Al momento di poter vivere la liturgia domenicale o la preghiera in casa, lo spirito di accoglienza e vicinanza ai vicini… La famiglia acquisisce una grande importanza in questo modo di ripensare la vita parrocchiale. È superfluo dire che in noi sono aumentati anche il desiderio e la pratica di vivere la comunione, espressa nelle reti sociali, nelle iniziative che ci offrono le nuove tecnologie.

Espressa anche nel dolore di non poterci riunire, di non poter vivere in presenza la catechesi o i momenti formativi, liturgici, caritativi…

Da ciò deriva la necessità di ripensare la vita parrocchiale in chiave di protagonismo familiare e di ricerca di nuovi modi di comunione e di organizzazione di questa stessa comunione.

Cercare l’equilibrio nella profondità, tra Natale e natali

Per un certo periodo in vari settori si parlava di “Salvare il Natale”, alludendo alla necessità di conciliare salute ed economia. La soluzione sembrava trovarsi nell’equilibrio. Cos’ha a che vedere questo natale del consumo con il Natale cristiano?

Il Natale ha reso possibile l’esistenza dei natali. I natali, come le forme culturali di esprimere questo evento del Natale, che non sono le stesse in tutti i luoghi del mondo ma hanno un elemento comune: di fronte al grande regalo che Dio ci fa, vogliamo corrispondere con la pratica del dono degli uni agli altri. Con il grande dono che ci fa Dio di renderci famiglia, Suoi familiari, figli nel Figlio e parenti tra noi, vogliamo esprimere anche il Natale nei natali degli incontri familiari.

È vero, dobbiamo riconoscere che a volte i natali, i regali e gli incontri hanno sequestrato il Natale. In questo senso, quest’anno abbiamo un’opportunità di cercare questo equilibrio nella profondità.

Non è un equilibrio nel senso di cercare l’equidistanza, ma credo che il vero equilibrio si trovi nella profondità. Se viviamo in modo più profondo, più vero il Natale, possiamo ricreare sicuramente i natali nel modo di vivere a livello familiare e sociale questo tempo di offerta di regali.

Tutto questo ha anche una dimensione economica, di organizzare la nostra vita in comune nella dimensione economica che ha. Ma riconosciamo che c’è stato un rischio – siamo caduti in questo rischio del fatto che i natali sequestrino il Natale, ma possiamo rimediare vivendo profondamente il Natale.

Accogliere il regalo e offrirci agli altri

E come possiamo farlo concretamente noi cristiani? Come possiamo essere il combustibile per questa fiamma che arde a Natale, che illumina, che dà speranza?

Essendo veritieri nella testimonianza della celebrazione del Natale, ovvero lasciando che sia davvero il momento per accogliere, nei giorni più brevi dell’anno, in cui sembra che le ombre abbiano più forza della luce… testimoniando la gioia che nasce da questo grande evento che ha diviso la storia in due: prima e dopo la nascita di Cristo.

Ciò che conta è il modo in cui lo testimoniano. Nella nostra semplice vita familiare, nel rapporto con i vicini, essendo famiglia di famiglie nelle celebrazioni natalizie, nelle parrocchie, nelle varie comunità cristiane. Essendo dono. In definitiva, se quello che accogliamo è il grande dono di Dio, il suo grande regalo, dobbiamo formarci in modo conforme ad esso, per essere anche noi un regalo per gli altri nell’offerta del nostro tempo, dei nostri doni, delle nostre qualità, dei nostri beni… a favore degli altri.

La riconciliazione e l’incontro non si fanno dalla superficie

Questo 2020 è un anno di pandemia, ma anche di una certa convulsione o crisi sociale, politica… di una certa polarizzazione. Qual è il posto del cristiano in questo mondo polarizzato?

Nel suo discorso alla Curia romana, Papa Francesco ha detto che la Chiesa deve uscire dalle polarizzazioni che governano nel mondo, di destra, sinistra, progressisti, conservatori… che viviamo nella stessa Chiesa, per vivere una proposta di incontro, di riconciliazione. Una proposta di incontro e di riconciliazione che deve avere un riferimento: il riferimento della Verità, della quale vogliamo essere depositari. In definitiva, la grande parola di Natale è gloria, e la gloria è lo splendore della Verità, partendo dal bene al quale siamo chiamati.

Siamo chiamati ad essere un segno di incontro, di riconciliazione, approfondendo la Verità della quale siamo depositari e uscendo da noi stessi verso il bene, verso l’Amore che il Signore ci dona, ci concede, e al quale ci convoca. Da lì siamo chiamati ad essere testimonianza di incontro, e quindi… tutti ministri, in generale della riconciliazione e dell’incontro con gli altri, che non si realizza dalla superficie, ma in profondità, nella Verità e nel Bene che il Bambino Dio ci porta nel presepe di Betlemme.

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