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Possiamo trascurare Cristo?

NATIVITY

Di Beto Gomez|Shutterstock

padre Robert McTeigue, SJ - pubblicato il 23/12/20

Se vi sentite troppo impegnati per Cristo a Natale, questa breve storia può esservi utile
He’s making a list, checking it twice…” (Sta facendo una lista, controllandola due volte…)

Così dice il testo di una popolare (e secolare) canzone natalizia. Mentre scrivo, so che molte famiglie stanno controllando la propria lista. “Abbiamo bisogno di più cibo per la cena della Vigilia? Abbiamo gli ingredienti per lo zabaione? Ci siamo ricordati di spedire dei biglietti a tutti i parenti? Dove abbiamo messo il pacco che è stato consegnato ieri?” E così via…

Quando penso al Natale, alle liste e ai ricordi, mi viene in mente qualcosa che mi è capitato appena prima di Natale 40 anni fa. Mi è rimasto impresso, aiutandomi a modellare la mia percezione sia del periodo natalizio che della sua pratica. Quando ero al secondo anno dell’università, mi sono imbattuto in una breve storia intitolata Eventide of the Feast, scritta dall’autore libanese Kahlil Gibran. (Farò un istante di pausa per permettere alle persone di una certa generazione di rabbrividire, perché negli anni Settanta è diventato di moda leggere estratti degli scritti di Gibran ai matrimoni, ma questo autore ha scritto davvero opere di grande forza e sostanza).

Non voglio raccontare tutta la storia, perché non voglio togliervi la benedizione di scoprirla da voi, ma posso dire questo: la storia di Gibran è un promemoria pressante della terribile realtà per la quale possiamo essere così impegnati – così freneticamente impegnati – a prepararci a “festeggiare” il Natale da non ricordare Cristo. Scrive Gibran:

“La gente sta festeggiando in Mio onore, seguendo la tradizione creatasi nei secoli intorno al Mio nome, ma per quanto Mi riguarda, sono uno straniero che vaga dall’Oriente all’Occidente sulla Terra, e nessuno Mi conosce. Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’Uomo non ha un luogo in cui posare il capo”.

Me ne sono ricordato la settimana scorsa, quando stavo parlando con una famiglia cattolica molto devota. Il figlio più grande ha affermato che il venditore locale di alberi di Natale era preoccupato perché le vendite erano molto inferiori a quelle degli anni precedenti. Gli ha detto: “Nessuno compra gli alberi quest’anno. La gente mi ha detto: ‘Non posso invitare gente a casa per via delle restrizioni per il Covid, e allora perché scomodarmi a fare qualsiasi cosa per Natale?”

È triste per molte ragioni che posso riassumere in questa sede. Può essere banale dire “Tenete presente Cristo a Natale!”, o “Gesù è il motivo di questo periodo!”, ma è necessario.

Cristiani o meno, da soli o in compagnia, allegri o tristi in questo Natale 2020, faremmo bene a ricordare un periodo precedente più oscuro. Nel V secolo, Papa San Leone Magno provò di essere un uomo di fede resistendo alle eresie e un uomo coraggioso affrontando Attila, l’unno, e respingendo la sua invasione dell’Italia. Non estraneo alla sofferenza e al conflitto, il santo pronunciò queste parole in un sermone natalizio:

“Oggi, dilettissimi, è nato il nostro Salvatore: rallegriamoci! Non è bene che vi sia tristezza nel giorno in cui si nasce alla vita, che, avendo distrutto il timore della morte, ci presenta la gioiosa promessa dell’eternità. Nessuno è escluso dal prendere parte a questa gioia, perché il motivo del gaudio è unico e a tutti comune: il nostro Signore, distruttore del peccato e della morte, è venuto per liberare tutti, senza eccezione, non avendo trovato alcuno libero dal peccato. Esulti il santo, perché si avvicina al premio. Gioisca il peccatore, perché è invitato al perdono. Si rianimi il pagano, perché è chiamato alla vita”.

Parlando sia come peccatore (addolorato, penitente e perdonato) che come pastore di anime, posso testimoniare che nel mondo è entrata una Luce che il mondo stesso non può estinguere. Siamo tutti chiamati a condividere la vittoria della Vita e dell’Amore sulla morte e sul male, una vittoria il cui inizio si ritrova in una mangiatoia di Betlemme.

In tutta la nostra frenesia natalizia, non trascuriamo Colui che è venuto a salvarci da noi stessi. Quarant’anni fa, leggere quella breve storia di Gibran mi ha risvegliato dalla routine “Sta arrivando il Natale – bisogna darsi da fare!” per passare alla consapevolezza “Sta arrivando il Natale – è un momento per essere grati!”

La mia speranza è che leggere Eventide of the Feast farà lo stesso effetto anche a voi.

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