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Quel che ci insegna l’“eccomi” di Maria all’Arcangelo Gabriele

FRA ANGELICO
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Fr. Jean-Thomas De Beauregard, o.p. - pubblicato il 22/12/20
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Anche noi, come Maria, riceviamo visite da parte di Dio, e abbiamo bisogno di tutta l’intimità di una vita interiore nutrita di Parola e di Sacramenti, per riconoscere i suoi messaggi e la sua volontà. 

Perché la Vergine non ha esultato di gioia fin dal momento dell’Annunciazione? Perché ha atteso la Visitazione per esprimere la sua esultanza nel Magnificat? L’angelo non le aveva annunciato l’imminenza di una nascita miracolosa che avrebbe dovuto rallegrarla immediatamente? E vedi invece… i tempi lunghi della Grazia! Osserviamo la scena più da vicino.



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Dio ha preparato il terreno 

Quando l’arcangelo Gabriele si presenta davanti alla Vergine Maria, l’evento fa irruzione nella sua vita come qualcosa di straordinario e di inatteso (Lc 1,26-38). A monte, però, Dio aveva preparato il terreno: Maria era stata concepita esente dal peccato originale, e sebbene ella non ne avesse probabilmente alcuna intuizione, la sua infanzia e la sua adolescenza hanno avuto la freschezza di un’innocenza che non si era mai vista dall’alba dei tempi. Qualcuno obietterà che anche quell’innocenza, come già quella di Eva, si sarebbe potuta increspare e deturpare, lentamente oppure all’improvviso. E invece non fu così: Dio vegliava e preservava Maria in ogni istante con la propria Grazia. Da parte sua, Maria non opponeva alcuna resistenza a quell’aiuto celeste. Dalla semplice non-resistenza al consenso attivo c’è un salto qualitativo che Maria ha fatto scegliendo, fin dall’infanzia e in ogni istante, di riceversi tutta quanta da Dio. 

Non era da parte sua una vaga opzione fondamentale o una velleità: riceversi interamente da Dio significava anzitutto meditare ogni giorno la sua Parola nelle Scritture. Significava lasciare che la Parola di Dio modellasse, letteralmente, tutta la sua vita. La Scrittura, in lei, non rimaneva lettera morta, bensì si realizzava in una vita che, pur nella più totale discrezione, era già tutta donata. Questo il Vangelo non ce lo riporta, ma come Maria avrebbe potuto, altrimenti, accogliere la visita dell’Angelo, se non fosse stata in piena familiarità con le Scritture? Se non avesse per quanto confusamente riconosciuto nell’evento un compimento dei racconti antichi che ella già conosceva? 

La delicatezza di Dio 

Supponendo tutto questo, non si indulge affatto a una mariolatria di bassa lega, come se le accordassimo tutti i privilegî e tutte le perfezioni immaginabili a prescindere da qualsivoglia rapporto con la Rivelazione. Al contrario, ci diamo i mezzi per comprendere come una semplice creatura, un’umile giovane figlia di Israele, simile a tutte le altre ragazze di Nazaret, potè accogliere l’annuncio della sua incipiente divina maternità. Al di là della sua condizione particolare preservata dal peccato originale, Maria ha accolto l’Annunciazione esattamente come ogni cristiano può accogliere le visite di Dio: con l’immersione nella Scrittura, con la consacrazione di tempo alla preghiera, con l’oblazione totale della vita quotidiana. È così che noi cristiani possiamo riconoscere la visita di Dio quando essa accade. Niente di straordinario: solo l’ordinario umilmente sottomesso alla grazia. 

Quando Dio decise che era giunto il giorno di rivelare alla Vergine Maria la sua vocazione e la sua missione, adoperò infinita delicatezza. Insomma, se avesse voluto forzare l’esito e assicurarsi una risposta positiva, avrebbe potuto scegliere un’apparizione più spettacolare – lampi, folgori, tuoni ed effetti speciali… E invece Dio ha mandato un angelo nella discrezione e nella quiete della sua casa. L’assenso di Maria, il suo “eccomi”, viene posto come atto di piena e vera libertà. È norma comune della vita spirituale, che Dio comunichi con noi mediante mediazioni semplicissime – un incontro, una lettura… Anche noi riceviamo visite di angeli, nel senso letterale ed etimologico di inviati, e abbisogniamo della piena intimità di una vita di preghiera nutrita di Scrittura e di Sacramenti per riconoscere Dio che viene a parteciparci la sua volontà. 

Il Vangelo non nasconde 

Anche qui, Maria non è al di fuori della condizione umana: la sua reazione è molto naturale pur essendo zuppa di soprannaturale – è turbata, ha timore ed è sconvolta. Se la sua religiosa obbedienza è totale, essa non esclude la prudenza, e Maria osa domandare: «Come avverrà questo, dal momento che non ho rapporti?». Nella domanda c’è tutta l’audacia di una figlia d’Israele che sa di poter chiedere tutto al Dio d’amore. C’è anche il segno di una grande intimità, poiché evoca con bella semplicità la sua vita affettiva e sessuale. E poi bisogna osservare che con questa domanda Maria anticipa l’obiezione razionalista – tanto banale e tanto ricorrente – dell’impossibilità di questa nascita senza concorso di uomo. Il Vangelo non nasconde nulla. 

Appena l’angelo l’ebbe rassicurata, la Vergine Maria dispose il proprio assenso alla Parola di Dio: per quel fatto tutto l’universo tremò – in quella risposta era implicata tutta la Chiesa di tutti i tempi. Come sotto la Croce, quando Gesù dà Maria a Giovanni per madre, è tutta la Chiesa ad essere riguardata. La letteratura spirituale ha molto meditato, e a ragion veduta, sull’istante cruciale di quell’“eccomi”. Anche su questo, però, un’attenzione troppo focalizzata potrebbe indurci in errore. 

Un “eccomi” quotidiano 

Perché in fondo in ogni vocazione – religiosa, sacerdotale, sponsale o anche professionale – non è solo la scelta di un istante a farne la bellezza, ma la perseveranza nel consenso di tutta una vita, mano a mano che ci si trova a confrontarsi con le conseguenze impreviste della scelta iniziale. Nel caso di Maria, molto presto la Vergine dovette cominciare ad affrontare la profezia della Croce, durante la presentazione di Gesù al tempio. Poi ha dovuto sopportare di vedere Gesù acclamato dalle folle e poi detestato dalle stesse. In ultimo c’è la realtà della Croce. Ogni volta, Maria ha dovuto riconfermare il suo “ecco la serva del Signore”, rinnovare il consenso, giorno dopo giorno. 

È qui che sta la questione iniziale: perché Maria ha atteso la Visitazione per esultare di gioia e cantare il suo Magnificat? Senza dubbio perché tra questi due eventi Maria ha vissuto l’obbedienza con una certa angoscia, leggendo e rileggendo le Scritture, per trovare nel passato delle figure identificative che potessero aiutarla a comprendere quel che viveva: le donne sterili gratificate da Dio di una nascita miracolosa (Sara, Anna eccetera), gli uomini che avevano dovuto porre un atto di abbandono fiducioso (Abramo, Giobbe…). Ancora una volta, Maria seguiva il cammino ordinario di una vocazione: dopo la rivelazione arrivava il tempo dell’approfondimento, della maturazione, dei possibili dubbi; e fu l’incontro con una sorella maggiore nella fede, più esperta nelle vie del Signore e dunque capace di autenticare la verità di quel che viveva, Elisabetta in questo caso, a darle la pace e permetterle di cantare la sua gioia nel Magnificat. 

Evidentemente, Maria occupa un posto unico nella storia della salvezza; il modo in cui Dio le rivela la sua vocazione, però, e la maniera in cui ella rispose, sono un insegnamento che vale per tutti i fedeli. Si tratta sempre e in ogni caso della Parola di Dio che viene a prendere carne in noi. Il tempo è vicino.

Le più celebri raffigurazioni artistiche dell’Annunciazione:

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]