Ilcardinale George Pell racconta il suo Natale in prigione. Senza messa, nè comunione. Ha seguito in tv alcune celebrazioni, ha mangiato qualche piatto della tradizione natalizia anglosassone e nulla più.
“Nonostante la pandemia
Paradossalmente per il cardinale Pell, accusato, contattato e poi assolto dall’accusa di abusi sessuali su minori, il Natale 2020 è migliore di quello dello scorso anno, quando era in galera.
«Nonostante la pandemia – dice Pell in una meditazione sul Natale – Quest’anno per me le cose vanno meglio. In questo isolamento e confusione, io vado controcorrente perché lo scorso Natale ero in prigione a Melbourne (Australia) per un crimine sessuale che non avevo commesso. Durante i miei 404 giorni spesi in due prigioni, non ho potuto mai celebrare la messa».
Il pranzo dello scorso Natale dietro le sbarre
Il porporato australiano riceveva la comunione «solo una volta alla settimana grazie a una suora meravigliosa, responsabile della cappellania cattolica del carcere. Non ho potuto ricevere la comunione il giorno di Natale – evidenzia il cardinale Pell -, segnato però da qualche buon cibo natalizio di stile inglese, tacchino e dolce di prugne, e ho potuto augurare “Buon Natale!” alle guardie».
L’amore per i canti natalizi
Al di là di questo, prosegue George Pell, «è stato un altro semplice giorno di prigionia, da cui potevo fuggire solo con la mia immaginazione, le mie letture, o i programmi religiosi di Natale alla televisione. Fin dalla più tenera età ho amato i canti natalizi, non solo ascoltarli, ma cantarli con la comunità. “O Come all ye faithful” (“Adeste fideles”) e il canto tedesco “Silent Night” (“Astro del Ciel”) erano i miei preferiti nella fanciullezza, anche se oggi per me “O Holy Night” è al primo posto nella lista».
Leggi anche:
Il cardinale Pell è stato arrestato: è in carcere a Melbourne
Pell non ha potuto sentire i cori dei suoi sostenitori
Lo scorso Natale, ricorda ancora il cardinale Pell, «ho potuto guardare in televisione il programma “Carols by Candlelight” (“Canti a lume di candela”), ma non mi è stato possibile udire o vedere i due cori di miei sostenitori (uno era un gruppo di vietnamiti) che si erano radunati fuori della prigione per cantare i nostri canti preferiti. Non sono sicuro che altri, o almeno qualcuno dei prigionieri abbia potuto ascoltarli, il che è una doppia amarezza».