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Papa Benedetto XVI e il Natale: “La luce ha in pugno la vittoria finale”

BENEDICTUS XVI

Mazur-catholicnews.org.uk-(CC BY-NC-SA 2.0)

Benedetto XVI - "Nell'Eucaristia Cristo è realmente presente tra noi. La sua non è una presenza statica. E' una presenza dinamica, che ci afferra per farci suoi, per assimilarci a sé. Cristo ci attira a sé, ci fa uscire da noi stessi per fare di noi tutti una cosa sola con Lui. In questo modo Egli ci inserisce anche nella comunità dei fratelli e la comunione con il Signore è sempre anche comunione con le sorelle e con i fratelli. E vediamo la bellezza di questa comunione che la Santa Eucaristia ci dona".

Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 17/12/20

Una riflessione profetica di Joseph Ratzinger, alle porte del Natale. “La luce ha già vinto e tutti i progressi del male nel mondo, per grandi che siano, mai potranno assolutamente più cambiare il corso delle cose”

Il solstizio d’inverno, il “Sole di Natale”, apre una speranza per gli uomini, affranti da paura e timori di un futuro incerto. E’ una riflessione profetica, quella del Papa emerito Benedetto XVI, l’ultima di tre meditazioni sul Natale scritte tra il 1959 e il 1960, quando ancora non avevamo conosciuto l’oscurità che genera una pandemia come quella attuale.

Lo scritto dell’allora trentenne Joseph Ratzinger è riportato in La paura e la speranza, nell’ultimo volume dell’Opera omnia Gesù di Nazaret – Scritti di cristologia (Libreria Editrice Vaticana).

MARKET COLMAR
Questa_ta I CC BY 2.0

Redenzione, Peccato e Salvezza

«Le luci di Natale risplendono di nuovo nelle nostre strade – scriveva Ratzinger – l’“operazione Natale” è in pieno svolgimento».

Nella notte santa del 24 dicembre «per un istante Chiesa e mondo sembrano riconciliarsi. Ed è bello! Le luci, l’incenso, la musica, lo sguardo delle persone che ancora credono; e, infine, il misterioso, antico messaggio del bambino che nacque molto tempo fa a Betlemme ed è chiamato il redentore del mondo: “Cristo, il salvatore, è qui!”. Questo ci commuove; eppure, i concetti che in quel momento udiamo – “redenzione”, “peccato”, “salvezza” – suonano come parole che ci giungono da un mondo lontano, da un tempo ormai passato: forse era bello quel mondo, ma, in ogni caso, non è più il nostro. O lo è invece?».


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La ricerca di nuove luci

Il mondo in cui sorse la festa di Natale, spiega Papa Benedetto XVI, «era dominato da un sentimento diffuso molto simile al nostro. Si trattava di un mondo in cui il “crepuscolo degli dèi” non era un modo di dire, ma un fatto reale. Tutt’a un tratto, gli antichi dèi erano divenuti irreali: non esistevano più e gli uomini non potevano più credere in quello che, per generazioni, aveva dato senso e stabilità alla loro vita. Ma l’uomo non può vivere senza un senso, ne ha bisogno come del pane quotidiano. E così, tramontati gli antichi astri, egli dovette cercare nuove luci. Ma dov’erano?».

ASUNCIÓN
Shutterstock | FranckV

Il culto della “luce invitta”

Una corrente abbastanza diffusa «gli offriva come alternativa il culto della “luce invitta”, del sole, che giorno dopo giorno fa il suo corso sulla terra, sicuro di vincere e forte quasi come un dio visibile di questo mondo».

Il 25 dicembre, al centro com’è dei giorni del solstizio invernale, evidenzia il Papa emerito, «soleva essere commemorato annualmente come il giorno natalizio della luce che si rigenera in tutti i tramonti, garanzia radiosa che, in tutti i tramonti delle luci caduche, la luce e la speranza del mondo non vengono meno e che da tutti i tramonti si diparte una strada che conduce a un nuovo inizio».


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Paura e speranza per la “scomparsa” del Sole

Ratzinger evidenzia che «le liturgie della religione del sole molto abilmente si erano così appropriate di una paura e insieme di una speranza originarie dell’uomo».

L’uomo primitivo, «che un tempo avvertiva l’arrivo dell’inverno nel progressivo allungarsi delle notti d’autunno e nel progressivo indebolirsi della forza del sole, ogni volta si era chiesto pieno di paura: “il sole dorato ora morirà? Ritornerà? O non sarà vinto quest’anno (o in uno degli anni a venire) dalle forze malvagie delle tenebre, tanto da non ritornare mai più?”».

La vittoria della luce sulle tenebre

Sapere che ogni anno tornava un nuovo solstizio d’inverno, afferma Ratzinger, «dava in fondo la certezza della sempre nuova vittoria del sole, del suo certo, perpetuo ritorno. È la festa in cui si compendia la speranza, anzi, la certezza dell’indistruttibilità delle luci di questo mondo».

Quest’epoca, «nella quale alcuni imperatori romani, con il culto del sole invitto, cercarono di dare ai loro sudditi una nuova fede, una nuova speranza, un nuovo senso in mezzo all’inarrestabile crollo delle antiche divinità, coincise col tempo in cui la fede cristiana tentò di guadagnare il cuore dell’uomo greco-romano. Ed essa trovò proprio nel culto del sole uno dei suoi antagonisti più insidiosi».


JOSEPH RATZINGER

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Con il 25 dicembre i cristiani sconfiggono i pagani

Si trattava, infatti, prosegue Ratzinger, fine teologo, «di un segno fin troppo visibile agli occhi degli uomini, molto più visibile e attraente del segno della croce nel quale giungevano gli annunciatori della fede in Cristo. Eppure, la loro fede e la loro luce invisibile ebbero il sopravvento sul quel messaggio visibile col quale l’antico paganesimo cercò di affermarsi».

Molto presto i cristiani rivendicarono a sé il 25 dicembre, «il giorno natalizio della luce invitta, e lo celebrarono come il giorno della nascita di Cristo, in cui essi avevano trovato la vera luce del mondo. Dicevano ai pagani: “il sole è buono e noi ci rallegriamo quanto voi per la sua continua vittoria. Ma il sole non possiede alcuna forza da se stesso. Può esistere e avere forza solo perché Dio lo ha creato. Esso quindi ci parla della vera luce, di Dio. Ed è il vero Dio che si deve celebrare, la sorgente originaria di ogni luce, non la sua opera, che non avrebbe alcuna forza senza di lui”».

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By Kira_Yan | SHUTTERSTOCK

La stanza di Betlemme

Nella stalla di Betlemme, conclude Ratzinger, «ci è dato il segno che ci fa rispondere lieti: “sì”. Perché quel bambino – il Figlio unigenito di Dio – è posto come segno e garanzia che, nella storia del mondo, l’ultima parola spetta a Dio, proprio a quel bambino lì, che è la verità e l’amore».

È questo, chiosa il Papa Benedetto XVI, «il senso vero del Natale: è il “giorno di nascita della luce invitta”, il solstizio d’inverno della storia del mondo che, nell’andamento altalenante di questa nostra storia, ci dà la certezza che anche qui la luce non morirà, ma ha già in pugno la vittoria finale. Il Natale scaccia da noi la seconda e più grande paura, quella che nessuna scienza fisica può fugare: è la paura per l’uomo e di fronte all’uomo stesso. È una certezza divina, per noi, che nelle segrete profondità della storia la luce ha già vinto e tutti i progressi del male nel mondo, per grandi che siano, mai potranno assolutamente più cambiare il corso delle cose».

Il solstizio d’inverno della storia è «irrevocabilmente accaduto con la nascita del bambino di Betlemme».


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