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Le reliquie dei santi: ecco come la Chiesa le definisce e le venera

POPE JOHN PAUL II RELIC

© Mazur|catholicnews.org.uk | (CC BY-NC-SA 2.0)

Vanderlei de Lima - pubblicato il 09/12/20

Nel corso dei secoli, i cristiani hanno cercato di seppellire i morti e di onorarne i resti, come anche di custodirne gli abiti e altri oggetti di uso personale

Alcune persone sentono parlare di reliquie dei santi ma non riescono a capire bene di cosa si tratti.

Cominciamo dicendo che “la reliquia è un frammento di osso o un oggetto che ha qualche rapporto con l’ossatura di un/a santo/a. I fedeli cattolici le prestano venerazione e reverenza” (monsignor Estêvão Bettencourt, OSB. Pergunte e Responderemos, n. 509, novembre 2004, p. 513).

A rigore, distinguiamo, in modo generico, tre tipi di reliquie: quelle primarie o di primo grado – reliquie per eccellenza, che si possono esporre solo dopo la cerimonia di beatificazione – sono costituite da un osso o da un frammento di osso (ex ossibus) del santo; quelle di secondo grado sono gli abiti o gli indumenti (ex indumentis) della persona defunta in odore di santità, quelle di terzo grado sono panni (ex brandea) toccati dalle ossa del santo, per questo molto comuni anche per i Servi di Dio.

La Sacra Scrittura e la Tradizione bimillenaria della Chiesa offrono serie basi per il culto delle reliquie. Già nell’Antico Testamento c’era grande rispetto nella sepoltura degli uomini di Dio: Abramo (Gn 25,10), Giacobbe (Gn 50,12), Giuseppe (Gn 50,24-26), Davide (1Re 2,10)… È sempre stata un’opera di carità seppellire i morti, pur se rischiando la propria vita (cf. Tb 1,21; 2,3-9).

La Sacra Scrittura attesta il valore delle reliquie nelle loro tre modalità. In questo modo, in mezzo a una guerriglia di Moabiti, delle persone che stavano seppellendo una persona cara, spaventate dalle incursioni militari dei guerriglieri, gettarono il corpo del defunto nel tumulo del profeta Eliseo. Il defunto, toccando le ossa del famoso profeta, tornò in vita e si mise in piedi (cf. 2Re 13,21). Poco prima, lo stesso Eliseo aveva usato il manto del grande profeta Elia per toccare le acque del fiume Giordano. Queste si aprirono, e il profeta riuscì a passare attraverso di esse rimanendo asciutto (cf. 2Re 2,14). Nel Nuovo Testamento si legge che “Dio intanto faceva miracoli straordinari per mezzo di Paolo; al punto che si mettevano sopra i malati dei fazzoletti e dei grembiuli che erano stati sul suo corpo, e le malattie scomparivano e gli spiriti maligni uscivano” (At 19, 11-12). Si tratta di tessuti toccati dal corpo dell’apostolo (ex brandea).

Evitare la superstizione

Capendo questo, nel corso dei secoli i cristiani hanno cercato di seppellire i morti e di onorarne i resti, come anche di custodirne gli abiti e altri oggetti di uso personale o toccati dalle loro ossa come reliquie di quell’amico di Dio che ora, in cielo, intercede per noi ancora pellegrini in questo mondo, verso la Patria definitiva.

È vero che non tutte le reliquie, soprattutto dei santi antichi, sono autentiche. Non per questo, però, il loro culto dev’essere respinto nel suo insieme, come si è detto specialmente nel XVI secolo. Alla fin fine, l’abuso non vieta l’uso (abusus non tollit usum). Da ciò deriva il fatto che il Concilio di Trento (1545-1563), dopo aver riaffermato la corretta dottrina sul rispetto per il corpo dei martiri e degli altri santi, ha assicurato con parole dure in uso all’epoca che chi afferma che alle reliquie dei santi non si deve venerazione e onore, o che questi o altri ricordi sacri sono inutilmente venerati dai fedeli e che i fedeli visitano invano i luoghi del loro ricordo con l’obiettivo di impetrare il loro aiuto è condannato dalla Chiesa (cf. Justo Collantes. La fé de la Iglesia Católica. Madrid: BAC, 1983, n. 776).

San Tommaso d’Aquino insegnava già nel XIII secolo che nel culto delle reliquie si doveva evitare qualsiasi forma di superstizione, sia per eccesso di venerazione che per osservanza di pratiche vane inconciliabili con la reverenza dovuta ai santi e attraverso di loro a Dio (cf. Summa Theologiae I/II 96, 4 ad 3; III § 4,2 ad 3). C’è di più: richiamando le legislazioni antiche, il Codice di Diritto Canonico in vigore, al canone 1190, proibisce il commercio di reliquie e prescrive che anche il loro trasferimento ha bisogno della licenza della Santa Sede.

Ecco un po’ di quello che insegna la Chiesa sulle autentiche reliquie.

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