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Quando l’economia parla di felicità

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Silvia Costantini - pubblicato il 07/12/20

A tu per tu con Luigino Bruni, per capire i risultati e le prospettive del movimento dei giovani economisti, voluto da Papa Francesco e nato all’interno di “The Economy of Francesco”

Inclusione sociale, sostenibilità, cura, ambiente, ma soprattutto la persona al centro. Sono questi alcuni dei temi emersi con maggiore forza dall’evento internazionale, “The Economy of Francesco”, svoltosi a Novembre, ad Assisi in un abbraccio virtuale con oltre 2000 giovani economisti e imprenditori, on line, da tutto il mondo. 

Ma ciò che rende di estrema attualità questo evento è che l’iniziativa ha dato vita ad un vero e proprio movimento, un importante processo di cambiamento globale, un paradigma in cui l’economia cerca di essere uno strumento alto di inclusione sociale, rispetto per il creato, miglioramento delle condizioni di vita, specie per i più fragili. 

L’indirizzo di questa comunità lo ha dato Papa Francesco, con un videomessaggio inviato a conclusione dei lavori dell’incontro,in cui ha  sottolineato l’urgenza di trovare “una diversa narrazione economica”, perché “l’attuale sistema mondiale è insostenibile da diversi punti di vista»[enciclica Laudato si’ (24 maggio 2015), 61] e colpisce nostra sorella terra, tanto gravemente maltrattata e spogliata, e insieme i più poveri e gli esclusi”.

Un invito alla responsabilità per dare un’anima all’economia, che i giovani economisti e imprenditori hanno accolto con grande entusiasmo. E lo si legge anche nel manifesto finale di “The Economy of Francesco”.

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Ne parliamo con un osservatore speciale, Luigino Bruni, direttore scientifico dell’evento , nonché professore ordinario di Economia politica presso l’Università Lumsa di Roma, coordinatore del progetto Economia di Comunione del Movimento dei Focolari, co-fondatore e presidente della Scuola di Economia Civile ed editorialista di Avvenire.

Professor Bruni, leggendo il manifesto si percepisce l’entusiasmo dei giovani, ma sembra un po’ fuori dalla realtà. Non le sembra poco realistico?

Bruni: No, non è poco realistico perché questi ragazzi sono molto dentro la realtà, che è una dimensione plurale. Ci sono molti modi di essere dentro la realtà: c’è un modo cinico, pessimista, disfattista e un modo profetico, ottimista. I giovani sono concreti a modo loro, la loro è una concretezza molto grande. Se diamo uno sguardo al programma e si guarda che cosa è successo in questo anno che è partito il processo, vedrà centinaia se non migliaia di realtà, tutte concrete, tutte diverse fra di loro e non meno concrete della grande impresa.

D.: C’è stata qualche esperienza che secondo lei può essere un esempio virtuoso di buona economia?

Bruni: Penso alle buone pratiche che ci sono state raccontate nel campo energetico, che vuol dire l’agricoltura, la terra, cioè tutto ciò che ha a che fare con l’ambiente, dove i giovani sono migliori di noi, adulti, che abbiamo in fondo distrutto il pianeta. E da cui dobbiamo piuttosto imparare. 

Ci sono centinaia di esperienze di giovani di agricoltura, sostenibilità, di energie alternative. Mi ha per esempio molto colpito l’esperienza di Suor Cécile Renouard, sulle comunità di transizione: comunità che che vivono in modo attento e responsabile per far sì che la temperatura del nostro pianeta non aumenti. Questo vuol dire, per esempio, prendere un volo aereo l’anno, riciclare gli abiti… Comunità intere che aderiscono a questa filosofia e che sono comunità intere composte da giovani.  


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D.: Secondo lei, quali sono i temi e le urgenze reali emersi da questo incontro? 

Bruni: I dodici punti stilati nella carta di Assisi a conclusione del convegno sono progetti e programmi molto concreti che aspettano di essere realizzati.

D.: Lei ha spesso parlato di felicità. Che cosa è stato proposto nell’incontro Economy of Francesco per spiegare e vivere meglio la relazione tra economia e felicità?

Bruni: In una delle conferenze si è parlato molto delle città, del loro ripensamento per pensare alla felicità pubblica, perché noi sappiamo che la felicità pubblica dipende molto dall’abitare, dal verde, dalle case, dagli spazi. Questo in particolare per gli anziani e per i giovani. Per cui, aver messo l’enfasi su tutto questo è stata una scelta molto forte che continuerà nei prossimi anni, perché questo è un tema decisivo in particolare anche se pensiamo al rapporto del dopo pandemia.




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D.: Qual è la lezione che lascia la pandemia mondiale da Covid 19 a voi economisti?

Bruni: Siamo entrati nell’era dei beni comuni e quindi dei mali comuni, ma ancora tutta la teoria e la pratica economica è legata ai beni privati. 

Dobbiamo adeguare immediatamente l’economia pratica e teorica a questo cambiamento di paradigma che c’è stato. Noi continuiamo ad insegnare un’economia morta, che non spiega più il mondo. Ecco perché molto si è parlato durante il convegno dei sistemi d’insegnamento dell’economia, dei piani di studio: ci si deve rendere conto che il mondo è cambiato e questa pandemia ne è la dimostrazione.

D.: Quali sono le politiche socio-economiche che favoriscono la dimensione umana?

Bruni: Tutto ciò che ha a che fare con il rapporto, con i beni relazionali: si capisce che c’è urgenza di rimettere le relazioni, non le cose, al primo posto. 

Siamo ritornati analfabeti di relazioni, siamo rimasti Caino e Abele a livello di rapporti umani. 

E poi, tutto il tema del management: dobbiamo reimparare a stare insieme nel lavoro. Le imprese devono adeguarsi ai cambiamenti in atto.

Un altro elemento è quello mettere in evidenza il genio femminile, a partire dalle imprese.  

Poi c’è il tema dell’abitare, dell’ambiente e poi c’è quello della “cura”, che va portata nei luoghi di lavoro. Come curiamo le nostre case, così dovremmo rendere meno brutti nostri uffici. Se non si porta cura nel lavoro e lavoro nella cura, la felicità non aumenterà.

D.: Voi avete constatato che Economy of Francesco non è più un evento, ma un movimento di giovani economisti e imprenditori. Adesso che è finito l’evento del 2020, cosa succede? Come continuerà questo movimento?

Bruni: Continuerà, perché già a poco tempo dall’evento ci sono tante iniziative che si stanno muovendo nei vari paesi del mondo e poi il Papa ci ha dato appuntamento a Novembre prossimo, in presenza, ad Assisi. E, ciò che è partito è inarrestabile. Francesco considera questo movimento di giovani economisti/imprenditori come un processo che lui ha attivato nella Chiesa e nel mondo. E sappiamo, che quando ci sono di mezzo i giovani, non si fermano più

D.: Quali sono le speranze che il Papa ha deposto in questi giovani economisti? 

Bruni: Lui ci spera molto, è lui che ha voluto far partire con “The Economy” un movimento giovanile e questo è un fatto inedito che non si è mai fatto nella Chiesa, che rispetto all’economia ha un rapporto complicato, ambivalente. Questo perché, ha bisogno del denaro ma è anche sterco del demonio. Il fatto di aver scelto di far partire un processo sull’economia e con i giovani, questo dice molto.

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