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Cosa dire e non dire nelle conversazioni cattoliche con persone LGBTQ

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ABC Television

Catholic Link - pubblicato il 04/12/20

di Anna Carter

Viviamo in tempi difficili per il dialogo, soprattutto sulla sessualità. Può sembrare che “verità” e “carità” si litighino la nostra attenzione e applicazione. Sappiamo che le preoccupazioni LGBTQ sono più di semplici “questioni” che emergono nelle notizie, e molti di noi hanno amici o familiari che sperimentano un’attrazione per persone dello stesso sesso o discordano con il proprio genere. E valorizziamo questi rapporti! Possiamo sapere come articolare l’insegnamento della Chiesa, ma magari non sappiamo sempre come accogliere la persona. Ecco qualche suggerimento per varie situazioni!

Quando un amico di lunga data ve lo confessa per la prima volta

Dite questo: “Grazie per aver avuto fiducia in me al punto da dirmi questo”

Non questo: “Siamo amici da anni. Perché me lo dici solo ora?”

Quando ho detto per la prima volta ai miei genitori che ero attratta più dalle donne che dagli uomini, hanno avuto bisogno di un po’ di tempo per assimilarlo. All’inizio fa male! Poi mia madre ha detto: “Tu hai processato questa cosa per più di un decennio, noi abbiamo avuto solo un giorno!” Aprire a qualcuno questa parte della propria vita è una cosa seria. Deve avvenire con i suoi tempi, non con quelli di altri. Nessuno “deve” a un’altra persona la sua profonda vulnerabilità – è un dono offerto gratuitamente.

Quando la notizia colpisce

Dite questo: “Come sono state le ultime 24 ore per te? Come stai prendendo tutto questo?”

Non questo: “Cosa pensi di quello che X ha detto o fatto?”

Sono esperta di poche cose, se mai ce ne sono. Quando voglio sapere qualcosa di più su una notizia, tendo a rivolgermi a qualcuno che penso sia esperto della materia. Se qualcuno ha un’esperienza a livello LGBTQ, vedere “notizie” collegate è più di un elemento semplicemente intellettuale. Spesso tocca un nervo scoperto. Fate attenzione a non trasformare amici o familiari in “esperti da salotto”.

Quando si tratta di una persona giovane

Dite questo: “Com’è stata questa esperienza per te finora?”

Non questo: “Potrebbe essere una fase”

Anche i ricercatori secolari riconoscono che il desiderio sessuale può essere fluido nel tempo. Ciò non vuol dire che sappiamo come andranno le cose quando ci siamo in mezzo. Permettete alla persona di condividere quello che ha sperimentato nel passato e nel presente, piuttosto che stabilire aspettative per il futuro. Raccomando anche di evitare frasi come “È solo che non hai ancora incontrato l’uomo/la donna giusto/a”, o “Hai detto che non hai… provato ancora niente. Come puoi saperlo davvero?” Se un rapporto (con una persona dello stesso sesso o di quello opposto) offre stimoli esterni, non è l’unico modo per suscitare il desiderio. Immagini, media come televisione o film o interazioni umane non sessuali stimolano le nostre emozioni e scatenano risposte corporee.

Quando siete curiosi

Dite questo: “Vorrei sapere di più della tua storia”

Non questo: “Da dove pensi che derivi?”

In riferimento all’omosessualità, il Catechismo sottolinea che “la sua genesi psichica rimane in gran parte inspiegabile” (CCC 2357). Potete aver letto di circostanze che possono coesistere con esperienze di desiderio omosessuale o di discordanza con il proprio genere, come rapporti con i genitori, ruolo dei coetanei o traumi passati. Le dinamiche relazionali spezzate sono intrecciate in tutta la nostra vita. Raramente c’è per noi uno scenario A + B = C! La questione può sembrare relativa alla psicanalisi – o quantomeno a un discernimento altamente personale –, cosa inappropriata nella dinamica relazionale media. Si possono comunque conoscere i contorni della storia di un amico accogliendolo semplicemente come persona – amata da voi e da Dio.

Quando non siete sicuri di come mostrare empatia

Dite questo: “Immagino che sia stato difficile per te rivelare una parte intima di te stesso senza sapere se avrei capito. Sono qui per te”.

Non questo: “So come ti senti, perché ho lottato con [menzionare una difficoltà]”.

Gli esseri umani non sono così unici al punto che la loro vita non ha alcuna similitudine con quella degli altri. Alcune somiglianze possono essere anzi profonde. Due persone single sui quaranta o cinquant’anni avranno in comune delle sofferenze relazionali, indipendentemente dalle persone da cui sono attratte. Altri hanno il potenziale di essere più superficiali. Ad esempio, la mia esperienza infantile di essere un maschiaccio non è lo stesso di un adulto che sperimenta un’acuta disforia di genere. Siate consapevoli dei limiti della vostra empatia! Dall’altro lato, evitate di elevare subito un muro dicendo “Io non lotto con questa cosa, ma…”. Provate invece a dire: “Sono qui per te. Non posso capirlo perfettamente, ma voglio comprendere meglio”.

Quando volete ricordare a qualcuno la sua dignità

Dite questo: “Sei valido!”

Non dite questo: “Non sei gay, sei un figlio di Dio”.

Questa frase presenta una falsa dicotomia e può portare alla confusione: “Se uso un termine culturale per il mio orientamento sessuale non sono più figlio di Dio?” Gli aggettivi descrittivi sono altamente personali. Eliminare una parola o una frase particolare potrebbe chiudere la conversazione, soprattutto nei primi momenti. E non dimenticate: le considerazioni prive di carità sono esattamente tali. Evitate scherzi dispregiativi sulla terminologia LGBTQ. Se il vostro obiettivo è ricordare a qualcuno la sua dignità… ricordategli la sua dignità! Dio ama ciascuno di noi non “nonostante” questi desideri, ma in essi.

Trovate altre risorse per aiutarvi ad approfondire la vostra conoscenza sulla “promozione della pienezza dell’identità personale al di là dei paradigmi LGBTQ” visitando Eden Invitation.

Qui l’articolo originale pubblicato su Catholic Link.

Tags:
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