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Dialoghi di consultorio: fare un bilancio in piena crisi esistenziale

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Photo by Gus Moretta on Unsplash

Orfa Astorga - pubblicato il 03/12/20

Come un uomo può approfittare di una crisi esistenziale per compiere un bilancio e passare da un approccio negativo a uno positivo

Nel consultorio un signore di 70 anni trasmetteva un certo pessimismo nei confronti della sua vita. L’ho allora incoraggiato a compiere un bilancio di vita di fronte alla crisi esistenziale in cui si trovava, e ha espresso alcune impressioni sull’anno che sta per finire.

“Per tutta la vita sono stato oggetto di pressioni per varie circostanze, dall’età in cui dovevo sposarmi e raggiungere una certa posizione socio-economica all’importanza di avere un patrimonio.

Alcune imprese stabiliscono un limite di 40 anni per assumere il personale, senza tener conto dell’esperienza o delle capacità del candidato. E ora che sono invecchiato e si suppone che dovrei stare tranquillo a godermi al pensione, risulta che non è così. Non riesco a vivere in pace”.

Non sono gli acciacchi, le limitazioni o la tanto strombazzata discriminazione di quando si invecchia. È qualcosa che va al di là di questo. Mia moglie, che mi conosce bene, dice che il mio problema d’età non sono tante le rughe né l’insicurezza delle mie ginocchia, ma l’espressione del mio volto”.

“Cos’è che la preoccupa?”, ho chiesto con particolare interesse.

“Molte cose non mi attirano più, e sento più che mai la transitorietà della vita, e quanto sia breve”, ha detto mostrando una tristezza vicina alla depressione.

“Mi permetta di dirle che la sua può essere una crisi esistenziale, di senso dell’esistenza. Si tratta di una crisi positiva nella vita delle persone, per cui la invito a riflettere insieme e a compiere un bilancio. Per questo possiamo prendere spunto da ciò che è stato scritto da alcuni pensatori sul passato, sul presente e sul possibile futuro.

Sul passato

La vita è un cammino che scegliamo dove non ce n’era, un cammino fatto e segnato dai nostri passi. Scegliamo il destino che prenderà la nostra vita, nel bene e nel male.

Ed essendo un cammino positivo, altri ne approfitteranno ampliandolo.

Vista così, la vita è un insieme di esperienze uniche e irripetibili in cui a ogni passo uniamo gioie, sofferenze, fallimenti, successi, famiglia, amicizie, che alla fine ci offrono una conoscenza su ciò che abbiamo raggiunto.

Non possiamo sicuramente tornare indietro per ripetere le esperienze con la stessa intensità quanto a capacità di stupore, emozioni e/o speranze.

Per questo, se ci guardiamo indietro, non dev’essere per lamentarci o provare nostalgia, ma per andare avanti con la massima motivazione – per continuare ad amare di più e meglio Dio, il prossimo e noi stessi.




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Circa il presente

Spesso l’uomo osserva solo la traccia lasciata aprendo il cammino, trascurando le orme incancellabili di tutto ciò che ha raggiunto con le sue gioie e le sue sofferenze.

Significa che tutto ciò che di buono si può fare mentre si cammina diventa realtà quando lo realizziamo, e tutto ciò che è reale si custodisce nel passato, da dove si riscatta preservandolo dalla transitorietà.

È per questo che possiamo recuperare il nostro passato anziché rinunciarvi, perché nulla di ciò che è positivo si perde, ma si conserva irrevocabilmente.

In questo modo, la transitorietà della vita e la sua stessa finitezza acquistano senso, e questo ci deve rendere responsabili del fatto di vivere nel presente, e nel futuro possibile, tutte le opportunità che si possono presentare per compiere il bene.

Un esempio:

l’uomo pessimista osserva con passività il tempo di tutta la sua vita in un voluminoso almanacco, e strappando una pagina al giorno lo vede ridursi con paura e tristezza.

L’ottimista, invece, è un uomo attivo, che nella stessa situazione non si concentra sulla riduzione del volume, ma strappando ogni foglio annota sul retro cos’ha fatto bene, cos’ha fatto male e cosa può fare meglio, emendandosi quando serve e conservando il tutto con orgoglio.

All’ottimista non interessa sapere che sta invecchiando, né prova nostalgia per la giovinezza perduta, perché a differenza di un giovane, anziché sulle possibilità di fare, conta sulle realtà nobili del suo passato, includendo le sue sofferenze, anche se non suscitano alcuna invidia.




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Quanto al futuro…

Esistono ed esisteranno sempre fatti che sembrano togliere senso alla vita. Non sono solo la sofferenza e l’angoscia, ma anche la fine della vita stessa. Finché continuiamo a camminare sforzandoci, però, è possibile cambiare approccio se conserviamo e aumentiamo la speranza che la fine del cammino sia nella casa del Padre.

Se è così, di fronte alle molteplici possibilità che possiamo trovare mentre viviamo dobbiamo porci queste domande:

Quale possibilità diventerà un tesoro riscattabile?
Quale atteggiamento o fatto lascerà un’impronta nel cammino della mia vita?
Cosa mi aiuterà a crescere in una speranza radicale del fatto che non si vive per morire ma per vivere di più, dopo la fine?

Quell’uomo si è proposto di riconoscere cosa fa male, cosa fa bene e in cosa può migliorare nelle sue realtà tangibili e immediate, dalle cose più piccole a quelle più grandi.

Per scoprire il nuovo nel vecchio, con l’intensità dell’amore. È stata la sua migliore terapia.

Consultateci scrivendo a consultorio@aleteia.org

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