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“Sana ciò che sanguina”. La preghiera non è mai l’ultima spiaggia

PRAY

Sebastien Desarmaux | Godong

Semplici scatti - pubblicato il 27/11/20

Anche l'anniversario della presenza sui social può aiutarmi a riflettere sullo stato della mia vita interiore, a riconoscere i limiti che mi affliggono e la grazia a cui posso sempre attingere.

Di Francesca Centofanti

Anniversari social

I miei primi sei anni di social (l’iscrizione a Facebook la feci che avevo 44 anni e già molti dei miei capelli bianchi) mi hanno portato più di una grazia. Ma fra le tante ce n’è una che ha scavato più a fondo, mettendo a nudo dapprima le mie fragilità, le mie idolatrie e la mia superbia, per poi pormi davanti ad uno specchio, senza giudizi, a valutare la strada che avevo intrapreso, e gli strascichi che stava lasciando in me.
Più la battaglia si è fatta incalzante, più mi sono sentita coinvolta, ma un coinvolgimento che mi ha trascinato giù, invece di proiettarmi verso il Cielo. A volte mi sono intristita, altre arrabbiata.

Quello che ho perso

La preghiera (non la cantilena, ma il dialogo profondo) si è fatta pigra, un po’ perché risucchiata dalle migliaia di cose a cui pensare, un po’ perché la sete di giustizia terrena ha rischiato di togliermi la certezza che non ve n’è altra, se non quella che passa attraverso una croce.


CRISTO CORONATO SPINE

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Il bene si propaga ma anche il male contagia

Chi ha detto che la bellezza salverà il mondo, ha pronunciato una delle più profonde tra le verità umane. Come chi ha detto che il bene contagia, ma il male anche.
In questo post c’è solo un tag, il mio. Perché parlo a me stessa. Sono certa che in genere le persone sanno restare salde.

Che non si fanno distruggere dalla polemica, che il Cielo sopra le loro teste non diventa meno azzurro a forza di leggere accuse ai politici perché non sanno fare il loro lavoro, ai consacrati perché non seguono la loro vocazione, ai cristiani perché non lo sono più, al mondo perché va a rotoli, e alla Chiesa per qualsiasi cosa. Non gli si incupisce il cuore a forza di vedere le ripercussioni che le parole e gli scritti hanno su noi stessi e su chi ci legge.
Io invece mi sono scoperta fragile.


DON ALBERTO RAVAGNANI

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“Fuggite, sciocchi!”

Un po’ come quando sei a cena fuori in compagnia e con la scusa che lo fai senza giudicare, la serata trascorre parlando degli amici non presenti. Si vivisezionano le loro scelte, i loro errori, mancanze e omissioni. Senza giudizio eh, però nel frattempo hai spalmato una bella lastra di cemento su di loro e sparso le piume della gallina per tutta la città (cerca San Filippo Neri), valle a ritrova’.
La stessa sensazione. Alla fine. Un vuoto cosmico.
È un mio limite, ne ho la certezza. E fin quando avrò cognizione di questo limite, la mia opzione sarà la fuga. Sarà stare lontano dalle cose che mi rendono arida, che mi chiudono il Cielo, che non mi fanno brillare della Sua luce riflessa.

Voglio migliorare il mondo, non mi illudo ma prego!

Ogni mattina mi alzo e mi chiedo “cosa voglio da questa giornata?”
Spesso ho pensato di voler contribuire a raddrizzare la storia del mondo. Oggi non più, oggi mi basta meno, anzi di più. Una preghiera, incessante.

​Senza la tua forza, nulla è nell’uomo, nulla senza colpa. Lava ciò che è sordido, bagna ciò che è arido, sana ciò che sanguina. Piega ciò che è rigido, scalda ciò che è gelido, raddrizza ciò ch’è sviato. Dona a me che solo in te confido i tuoi santi doni. Donami virtù e premio, donami morte santa, donami gioia eterna. Amen

QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE PUBBLICATO DAL BLOG SEMPLICI SCATTI

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