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Davanti ai problemi domandati “il fine” non pensare che sia la fine

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Jane Malleable | Shutterstock

don Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 24/11/20

Guerre, pestilenze, carestie sono cose che caratterizzano tutta la storia, eppure ogni volta che accade qualcosa di simile il primo nostro pensiero è quello della fine. Gesù ci insegna che davanti a questi eventi bisogna domandarsi “il fine” non pensare che sia la fine.

In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».

Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».

Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo. (Lc 21,5-11)

L’anno liturgico volge al termine, e per questo i Vangeli cominciano a tingersi sempre di più di considerazioni sulla fine.

La verità è però che la Parola non parla mai banalmente della fine, ma del fine della storia. Gesù coglie il pretesto dalla vanità del tempio:

Mentre alcuni parlavano del tempio e delle belle pietre e dei doni votivi che lo adornavano, disse: «Verranno giorni in cui, di tutto quello che ammirate, non resterà pietra su pietra che non venga distrutta».

La considerazione è durissima pensando al fatto che quel tempio è stato voluto e costruito da Erode in dieci anni, nel 20 a.C., con l’impiego di 100.000 operai e 1000 sacerdoti addestrati come muratori per i lavori delle parti più sacre.

Il grosso fu ultimato in un decennio ma i lunghi lavori decorativi durarono fino al 64 d.C., praticamente sei anni prima della sua distruzione. Lo spettacolo che doveva ergersi davanti a chi lo attraversava sfiorava certamente la meraviglia e lo stupore.

Eppure Gesù non si lascia incantare dall’aspetto del tempio. Vuole sempre portare i suoi ascoltatori a guardare la realtà nella sua parte più incandescente, più vera. L’apparenza infatti finisce, e alla fine cosa rimane?

Gli domandarono: «Maestro, quando accadrà questo e quale sarà il segno che ciò sta per compiersi?». Rispose: «Guardate di non lasciarvi ingannare. Molti verranno sotto il mio nome dicendo: “Sono io” e: “Il tempo è prossimo”; non seguiteli.

Quando comprendi che la fine è inevitabile, ti assale un grande senso di paura. Gesù mette in guardia da quelli che approfittandosi della paura ci manovrano. Dio non ha bisogno di spaventarci per farsi seguire.

La tentazione di confondere Dio con il terrore è sempre accovacciata alla porta dei nostri ragionamenti. Guerre, rivolte, pestilenze, carestie sono cose che caratterizzano tutta la storia, eppure ogni volta che accade qualcosa di simile il primo nostro pensiero è quello della fine.

Gesù ci insegna che davanti a questi eventi bisogna domandarsi “il fine” non pensare che è la fine.
Luca 21,5-11

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