separateurCreated with Sketch.

Sirio Persichetti, a 7 anni mostra che la disabilità ha anche un volto ironico

SIRIO PERSICHETTI
whatsappfacebooktwitter-xemailnative
Annalisa Teggi - pubblicato il 23/11/20
whatsappfacebooktwitter-xemailnative

Nato prematuro, un arresto cardiaco doveva lasciarlo in stato vegetativo. Oggi ha 7 anni, è affetto da tetraplagia spastica e la sua quotidianità condivisa sul web ha suscitato un grande consenso. Da vero influencer, lo trovate su tutte le piattaforme, Instagram, Facebook, Youtube … e via dicendo. Cercate Sirio e i tetrabondi. Sirio Persichetti ha solo 7 anni e alcuni dei suoi video hanno ottenuto 130 mila visualizzazioni. Una fioritura generosa di visibilità, per un bambino che alla vita non doveva neppure affacciarsi.

Il rivoluzionario con la spocchia

È nato prematuro nel Ferragosto del 2013 e è oggi protagonista vivace e ironico del progetto Sirio e i tetrabondi. Il suo ritratto migliore lo imbastisce con sintesi ammirabile la madre Valentina:

È un grande rivoluzionario, perché è partito dal girone più basso e con un po’ di spocchia ha deciso di uscirne. (da Tg 2000)



Leggi anche:
Vedova da 39 anni, due figli disabili. Mariapia: una vita scolpita dall’amore

La nascita prematura, infatti, non è stata la sola e grande incognita con cui Sirio ha subito dovuto fare i conti. Le dimissioni dall’ospedale furono addirittura anticipate perché stava molto bene, eppure un altro macigno era dietro l’angolo e lo racconta (NB: la voce narrante del suo blog è proprio immaginata come se Sirio parlasse in prima persona):

Troppo sano (che beffa eh!) così che fui dimesso un mese prima della data che sempre ci era stata detta e che ormai sapevo a memoria. Che gioia che fu. Otto giorni di gioia, che si arrestarono col mio cuore, il 4 ottobre 2013, mio 50esimo giorno di vita: “morte in culla” arrivò come parola.
E poi “rianimazione”, “coma”, “stato vegetativo”: parole enormi per un bambino piccolissimo. Parole che poi hanno preceduto “tracheostomia”, “disfagia”, “tetraparesi”, “paralisi cerebrale”.
Mamma mia quante parole assurde, ma come farò? (da Sirio e i Tetrabondi)

Contro ogni previsione medica che lo dava per spacciato, oggi il bimbo ha 7 anni e una vita indubbiamente dura, ma indubbiamente felice: parla grazie a un tablet, respira grazie a una tracheotomia. Sta imparando a leggere e a scrivere. Va a scuola e gioca con suo fratello Nilo. A 5 anni ha imparato a camminare grazie a due protesi, a quanto pare non lo ferma più nessuno. Eccolo qui che ha deciso di andarsene in montagna rubando la borsa a mamma.

Chi sono i tetrabondi?

Questo neologismo osa legare la tetraplagia plastica e i vagabondi. C’è da una parte la realtà incancellabile della disabilità e dall’altra la conquista quotidiana di una libertà del corpo e dell’anima.

Quando il cuore di Sirio si fermò, da neonato, i danni cerebrali subiti sembrarono subito gravissimi. La dottoressa che “lo fece nascere per la seconda volta” – così dicono i genitori – fu chiara nel dire: “L’ho salvato, ma non so se vi ho fatto un favore“.

Un attimo. Poi torno ai tetrabondi. Cosa può aver significato per un padre e una madre essersi sentiti dire una frase del genere? La risposta non ce l’ho. Avrei qualche domanda da fare a quella dottoressa, senza livore o polemica. Intendeva dire che si era pentita di averlo salvato?  Che cos’è un favore?

Insomma nonostante una prolungata ipossia, Sirio ne uscì vivo. Al netto di valutazioni emotive, questa fu la realtà di quel momento. E da quel momento mamma Valentina e papà Paolo hanno cominciato la scalata di quell’Everest che conoscono tutte le famiglie segnate dalla presenza di una disabilità più o meno grave. Cambiare completamente sguardo sul proprio figlio; diventare esperti di terminologie mediche, effetti collaterali, terapie dai nomi strani; aggiornarsi in tempo reale sul campo; supplire alle mancanze dell’assistenza sociale; trovare vie creative e incredibili per scommettere su ogni unghia di miglioramento intravista nel proprio bambino.

Dalla prima diagnosi che lo avrebbe voluto in stato vegetativo per l’intero corso della vita, Sirio ora fa i conti con una diagnosi molto grave in cui però c’è spazio per un margine di luce: tetraplagia plastica causata da un danno ischemico e ipossico. Questa tetraplagia, che parla di paralisi, si è incontrata con una delle parole più flessibili: il vagabondo, infatti, non ha barriere che lo trattengano.

Sirio e i tetrabondi è il nome del sito che raccoglie le gesta e le fatiche della famiglia Persichetti. Sirio è un vagabondo perché le sue conquiste motorie, intellettive ed emotive ne svelano ogni giorno di più la tempra intraprendente e giocosa. Vagabondi sono anche i suoi genitori, allo sbaraglio nel gestire una vita in salita che cambia faccia e sfide ogni giorno. Il sito è un racconto ma è anche un invito:

Perché vogliamo un mondo che sia di tutti, quindi anche di noi strani, storti sbilenchi, noi con la bava, con gli ausili, con i tubi e gli allarmi che suonano, noi che non saremo mai autosufficienti, che non saremo mai tante cose ma che vogliamo vivere le strade con dignità e ricerca della felicità come tutti. (da Sirio e i Tetrabondi)

Influencer? Forse qualcosa di meglio

Nelle ultime settimane la storia di Sirio si è guadagnata l’attenzione dei media non solo italiani, ma anche esteri. In effetti i canali social in cui la famiglia Persichetti racconta la propria quotidianità sono esplosi di visualizzazioni, catapultando questo piccolo bambino nel regno degli influencer. È questa l’etichetta che si usa in questi casi. Che sia adeguata, lo lascio dire ai puntini di sospensione.

Spulciando tra i contenuti proposti dai tetrabondi, due sono senz’altro i punti di forza dei loro messaggi. Il primo è per chi non ha esperienza di disabilità e le attribuisce stereotipi plausibili ma non esasustivi: una vita pesante, dura, triste, difficilmente sopportabile. Sirio mostra che c’è spazio anche per l’ironia e per la leggerezza: le ferite non precludono l’esperienza dell’allegria.

A questo squarcio di vita è importante dare tantissima visibilità – allora ben vengano gli influencer! – perché, magari, gli spettri di una diagnosi prenatale infausta facciano i conti con la voce di un’esperienza umana che ammorbidisce i contorni dell’incubo. Mamma Valentina dice che la sua è una battaglia di presenza, e non trovo modo migliore per dirlo.

Perché di fronte a un incubo ci si può solo spaventare, ma di fronte a una presenza ci si può stupire.

Il secondo punto di forza riguarda invece la compagnia a chi la disabilità la vive sulla propria pelle. Sono tanti i contenuti di supporto nel sito dei Tetrabondi per approfondire temi e circostanze che potrebbero trasformarsi in ostacoli, ad esempio imparare a nutrire un bambino disfagico.

Genitori e caregivers si rimboccano anche le maniche delle braccia che non hanno per colmare lacune, rimediare a ritardi causati dalla burocrazia, inventarsi soluzioni che il sistema non arriverebbe mai a concepire. Portare il peso insieme e condividere le conquiste di queste esperienze sfibranti e necessarie è una buona strategia per non mollare la presa, per trovare alleati. Mamma Valentina ha dichiarato:

Volevamo raccontare la disabilità in una forma diversa, dirla per quel che è, una cosa non facile da affrontare, ma se incanalata nella giusta direzione, con il giusto aiuto, si può permettere a questi bambini di godere di quella cosa che chiamiamo vita. (da Reuters)

Anime sitibonde

Riposavi accanto a mamma. La sera prima ti avevo adagiato sul petto di tuo fratello e ti eri addormentato su una mia spalla mentre lavoravo al computer. Quella mattina ci avevi salutato col pianto del lattante affamato mentre uscivamo per andare a scuola. Allora la morte è venuta, gelida e avida. Ma quel giorno è dovuta ritornarsene a mani vuote.

Non sono riuscita a leggere tutta la lettera che papà Paolo ha scritto a Sirio per raccontargli del giorno in cui il suo cuore si è fermato, è emotivamente fortissima. Da queste famiglie si impara anche a pronunciare la parole morte senza sinonimi o perifrasi più vaghe. Le cose hanno il loro nome e c’è un’altra figura tremenda che si profila all’orizzonte, Coleridge la chiamò Morte-in-vita.

C’è, spesso, sotteso il sospetto che salvare certi bambini da una morte che li afferra troppo prematuramente sia poi condannarli a una morte scontata vivendo. Ho ancora nell’orecchio quella frase della dottoressa sul favore o non favore fatto alla famiglia Persichetti…


MOTHER AND SON
Leggi anche:
Come guarda Dio i nostri figli disabili?

Guardo l’esuberanza tutta goffa di Sirio e mi piace la sua bocca aperta tutta storta, poco fotogenica. Sapessimo noi adulti stare zitti ma a bocca spalancata, a starci nelle cose, prima di avere paura o di aver emesso l’ultima sentenza su un cuore che batte.

Chi poi ci sta dentro, alla disabilità, ha un gran fiatone e la bocca secca, lo intuisco da lontano. Ma è la prima cosa che ho pensato, a causa di un collegamento assurdo e personale. Da giovane facevo parte di un coro il cui repertorio era prevalentemente religioso. Quando ho letto per la prima volta Sirio e i tetrabondi non ho pensato che la seconda parte del neologismo si riferisse ai vagabondi, bensì ai sitibondi … gli assetati.

Nella mia memoria frullava, appunto, quel canto che tanto spesso avevo cantato con la mia voce:

Anime affaticate e sitibonde,
venite all’onde vive ove v’invita
la vera vita; ove la lunga sete
spegner potrete.

La malattia e ogni forma di vulnerabilità senza scampo rendono più evidente la sete che è di tutti. La bocca spalancata di Sirio è uno specchio sincero, abbiamo sete di un’acqua che curi le nostre piaghe, disseti l’arsura della gola e – paradosso – asciughi pure le lacrime.