La nostra tentazione di “fare commercio” persino della salvezza, del nostro rapporto con Dio è vinta, spazzata via solo dall’incontro vero, personale con il Signore.
In quel tempo Gesù, quando fu vicino a Gerusalemme, alla vista della città, pianse su di essa, dicendo:
«Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace. Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi.
Giorni verranno per te in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee, ti circonderanno e ti stringeranno da ogni parte;
abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata». (Luca 19,45-48)
«Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace. Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi.
Giorni verranno per te in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee, ti circonderanno e ti stringeranno da ogni parte;
abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata». (Luca 19,45-48)
Il tempio sembra il luogo dell’inizio e della fine della vicenda di Gesù. Ancora in fasce era stato portato nel tempio e preso in braccio da Simeone che aveva pronunciato la sua benedizione e la profezia sulla sua missione.
Poi dodicenne vi era qui rimasto, scatenando la preoccupazione dei suoi genitori e dichiarando però che doveva occuparsi delle cose del Padre. Ora a pochi giorni dalla sua fine entra nuovamente nel tempio per chiudere il cerchio della sua missione.
Ma questa sua ultima venuta porta con sé un gesto di protesta e di denuncia: “Entrato poi nel tempio, cominciò a cacciare i venditori, dicendo: «Sta scritto: La mia casa sarà casa di preghiera. Ma voi ne avete fatto una spelonca di ladri!»”.
Nessuna relazione che conta può essere sostituita dal commercio e dai sacrifici. Si entra in relazione per amore, e non per paura. Dio non è il dio dei pagani che va addomesticato con sacrifici e offerte. Dio è un padre che ci ha amato talmente tanto da mandare Suo figlio a salvarci mediante la sua morte. È costante, anche per noi oggi, il rischio di pensare a Dio sempre in termini pagani, perché è più semplice gestire la divinità con una tecnica, con un commercio, con un sistema sottile di soddisfazioni psicologiche che incontrarlo davvero nell’amore disarmante della gratuità del Figlio. Ci è più facile fare processioni, incensare statue, aumentare le luminarie di una festa che invece domandarci se abbiamo mai veramente incontrato Gesù dentro la nostra vita.
Perché una festa la può gestire un comitato, l’incontro con Cristo è materia dello Spirito Santo, e ci toglie le redini del gioco. Eppure è Cristo che ci salva la vita e niente altro, fosse anche la cosa più solenne di cui siamo capaci. Ma certi discorsi sappiamo essere giusti, e inevitabilmente suscitano un desiderio profondo di liberarcene: “Ogni giorno insegnava nel tempio. I sommi sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo perire e così anche i notabili del popolo; ma non sapevano come fare, perché tutto il popolo pendeva dalle sue parole”.