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I vescovi europei chiedono libertà per poter celebrare le Messe

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Corinne SIMON/CIRIC

Alvaro Real - pubblicato il 20/11/20

Messaggio di speranza, appello alla solidarietà e richiesta di rispetto per la libertà di riunirsi per il culto

I vescovi presidenti delle Conferenze Episcopali dell’Unione Europea hanno inviato un messaggio alle istituzioni europee e agli Stati membri.

Nel testo, chiedono tra le altre cose di poter celebrare le Messe pubblicamente: “rispetto per la libertà di religione dei credenti, in particolare la libertà di riunirsi per esercitare la propria libertà di culto, nel pieno rispetto delle esigenze sanitarie”.

“Ciò risulta ancora più evidente se si considera che le opere caritative nascono e sono radicate anche in una fede vissuta”, indicano i vescovi. Alla loro richiesta di poter celebrare le Messe pubblicamente aggiungono la “buona volontà di mantenere il dialogo tra le autorità statali ed ecclesiastiche per trovare il miglior modo per conciliare il rispetto di misure necessarie e la libertà di religione e di culto”.

Appello alla solidarietà

Nel loro messaggio, i vescovi vogliono indirizzare un messaggio di speranza e lanciare un appello alla solidarietà alle istituzioni europee e agli Stati membri.

“Gli anziani e i poveri in tutto il mondo hanno sofferto il peggio”.

“A questa crisi che ci ha sorpresi e colti impreparati, i paesi europei hanno reagito inizialmente con paura, chiudendo i confini interni e le frontiere esterne, alcuni anche rifiutando di condividere tra i Paesi le forniture mediche di cui c’era più bisogno”.

La crisi come opportunità spirituale per la conversione

“Non dobbiamo semplicemente dedicare tutti i nostri sforzi al ritorno alla “vecchia normalità”, ma approfittare di questa crisi per realizzare un cambiamento radicale in meglio”. Nel loro messaggio, i vescovi chiedono di “ripensare e a ristrutturare l’attuale modello di globalizzazione”.

Per questo, ricordano che “la solidarietà va intesa come ‘fare insieme’ e come ‘essere aperti ad integrare tutti’, specialmente chi è ai margini”.

“Chiediamo più aiuti umanitari e di cooperazione allo sviluppo, e il riorientamento delle spese militari verso i servizi sanitari e sociali”.

Non solo finanziamento

“Solidarietà verso i rifugiati non significa solo finanziamenti, ma anche apertura dei confini dell’Unione Europea in maniera proporzionale, da parte di ciascuno Stato Membro”, affermano i vescovi, ricordando anche che “la Chiesa si è già pronunciata sull’accoglienza, distinguendo tra diversi tipi di migrazione (sia essa regolare o irregolare), tra coloro che fuggono da guerre e persecuzioni e chi emigra per motivi economici o ambientali, e sulla necessità di tenere presenti le questioni legate alla sicurezza”.

“L’Europa non può e non deve voltare le spalle a coloro che provengono da zone di guerra o da luoghi in cui subiscono discriminazione o non possono condurre una vita dignitosa”.

Dipende da noi

I vescovi chiedono a tutti responsabilità perché ritengono che dipenda da noi “se usciremo da questa crisi rafforzati nella solidarietà o meno”.

“Durante questi mesi di pandemia siamo stati testimoni di tanti segni che ci aprono alla speranza, dal lavoro del personale sanitario, a quello degli addetti alla cura degli anziani, ai gesti di compassione e creatività posti in atto dalle parrocchie e dalle comunità ecclesiali”, affermano i presuli.

I vescovi ricordano poi il messaggio del Papa la Domenica di Pasqua, l’importanza che “tutti si riconoscano parte di un’unica famiglia e si sostengano a vicenda. Oggi l’Unione Europea ha di fronte a sé una sfida epocale, dalla quale dipenderà non solo il suo futuro, ma quello del mondo intero”.

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