Ci sono genitori che si proiettano a tal punto nei figli e vogliono che sia tutto così perfetto che faranno qualsiasi cosa per raggiungere l'obiettivo
Educare i figli è un’arte, non una scienza esatta, e ci sono genitori con tendenze autoritarie che in questo mondo di successi e fallimenti non vogliono che i figli si perdano per strada.
Hanno fatto un investimento e lo curano, lo alimentano, lo mandano in una buona scuola e si aspettano tutto da lui/lei. Si proiettano a tal punto nei figli e vogliono che sia tutto così perfetto che faranno qualsiasi cosa per raggiungere l’obiettivo.
Negli Stati Uniti è chiaro che l’obiettivo può essere che il figlio o la figlia entri nella migliore università della Ivy League (l’insieme delle otto migliori università private del nord-est del Paese – Harvard, Yale, Columbia, Princeton…), in Spagna può essere che il desiderio più grande sia che il figlio diventi diplomatico o avvocato dello Stato, o ancora un imprenditore capace di portare avanti l’azienda del nonno o del padre.
A volte si tratta semplicemente di genitori maniaci, pesanti, perfezionisti, per i quali la libertà del figlio conta poco.

Si mette allora in marcia la formazione del bambino perfetto, desiderato e progettato, ma spesso l’atteggiamento diventa di controllo, di dominio, con l’incapacità di vedere il bambino nella sua condizione di persona libera.
Non si vede più la persona, ma solo tutte le proiezioni dei genitori. Deve fare tutto bene, senza sbagliare.
Genitori ipercontrollatori e iperprotettivi
Si diventa così. Genitori che prevedono e organizzano tutto. Rimproverano il figlio, e non avendo pazienza finiscono per fare le cose per lui, per risolvere i suoi problemi.
Non lo lasciano prosperare, crescere, liberarsi dalla tutela dei genitori. Non deve soffrire.
Ricordo un bambino sugli undici anni che portava a scuola un panino caldo con una tortilla appena fatta. Gli insegnanti se ne accorgono subito. Sono bambini che non hanno iniziativa, sono come bloccati.
A volte, nella loro fragilità, possono essere oggetto di molestie, perché gli squali (i bulli) sentono subito l’odore del sangue.