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La rocambolesca fuga dal carcere di San Felice di Nola

SAN FELICE DA NOLA

Public Domain

don Marcello Stanzione - pubblicato il 14/11/20

E' stato un angelo ad aiutarlo. Da lì il santo è fuggito nel deserto dove ha ritrovato il suo vescovo morente e gli salvato la vita

San Felice (Nola, seconda metà del I secolo d.C. – Nola, 15 novembre 95) era stato ordinato sacerdote da Massimo, vescovo di Nola, sotto la persecuzione dell’imperatore Decio. Essendo fuggito Massimo, Felice era stato preso, messo in prigione e caricato di catene. Ciò nonostante il vescovo Massimo, nel deserto in cui si era ritirato, era vicino a morire di fame e di freddo, mancando di tutto e carico di anni di tristezza e di inquietudine per il suo gregge.

La fuga di Felice

Ma Dio, che veglia sempre sui suoi, non l’abbandonò. Nel mezzo della notte, un angelo del Signore apparve nella prigione di san Felice di Nola e lo risvegliò con le sue parole e con lo splendore della sua luce. Felice credeva dapprima che stesse sognando. L’angelo gli comandò di alzarsi. Le catene caddero dalle sue mani e dai suoi piedi, le porte si aprirono. Le guardie erano addormentate, allora Felice esce, e per strade sconosciute giunse fino al deserto dove era il santo vegliardo Massimo, vicino a rendere l’ultimo respiro.


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Il grappolo d’uva

San Felice avendolo riconosciuto, lo abbraccia, lo bacia con rispetto. Ma lo trova senza polso, senza voce e senza movimento. Non gli rimaneva che un leggero soffio di respiro. Nel suo imbarazzo, Felice scorge sulla sua testa un grappolo d’uva appesa a dei rovi. Lo prende, lo accosta alla bocca del vegliardo morente che, aprendo le sue labbra già disseccate, schiaccia il grappolo e ne riceve il succo.

San-felice-di-nola.jpg
Public Domain

“Riportami, vi prego, al mio caro gregge”

Allora riprende un po’ di vigore, la parola gli ritorna, riconosce san Felice e gli dice: “Voi giungete ben tardi, figlio mio; è da molto tempo che Dio mi aveva promesso che voi sareste venuto in mio aiuto. Riportatemi, vi prego, senza perder tempo, al mio caro gregge”. Felice lo caricò subito sulle sue spalle, lo porta a casa sua e lo rende ai fedeli affrettatisi a vederlo.


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L’atroce martirio di Felice

San Felice di Nola fu uno stimato vescovo, ma in più di una occasione, fu perseguitato dalle autorità romane per le sue predicazioni che riunivano sempre tante persone. Non erano visto di buon occhio dai sacerdoti pagani, che provano a convertirlo senza riuscirci.

Nell’anno 95 d.C. fu nuovamente arrestato dal Prefetto Marciano durante una delle prime persecuzioni cristiane. Si racconta che Felice sia stato dato in pasto ai leoni i quali, con meraviglia dei presenti, indietreggiarono davanti a lui. Fu poi gettato in una fornace di carboni ardenti, ma riuscì a liberarsi per l’intervento di un angelo. Il Prefetto lo fece allora appendere a testa in giù e, dopo averlo sottoposto ad altre torture, lo fece decapitare il 15 novembre.




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