Nella cura dei malati, anche quelli più molesti e respingenti, Suor Agostina vedeva l’occasione continua di amare il prossimo e servire il Signore. Offrì la sua vita fino in fondo, nella pace e nella carità data senza misura. Invochiamola ora con fiducia.Quando ci si sente cristiani forti, bravi, arrivati, i primi della classe insomma, capita che si pensi che in fondo se l’altro non accoglie a braccia aperte il nostro messaggio evangelico è sicuramente perché è troppo peccatore, è una causa persa e noi non possiamo perdere tempo a discutere con chi non vuole capire.
Al servizio degli ammalati
Suor Agostina lavorava in un ospedale di Roma, era giovane, aveva un carattere forte, era anche amorevole e instancabile, oltre che molto bella.
Aveva la stoffa della “suora della carità”, la vocazione a dare la sua vita per l’altro, ma non per l’altro quello che ci piace, l’altro buono, l’altro che ci ringrazia e ci ripaga delle nostre opere, no, lei li amava tutti, anche e soprattutto quelli che la odiavano.
Curare per amore di Cristo
In quel periodo, la fine dell’ottocento, nell’ospedale la fede era osteggiata in ogni modo, vennero tolti tutti i simboli religiosi ed era vietato parlare di Cristo. E lei, Agostina, era rispettosa di questo, svolgeva il suo compito con amore verso l’ammalato perché sapeva e credeva che non ci fosse modo più grande e bello di testimoniare Cristo di quello di vederlo in ogni persona che si ha di fronte, anche se quella persona ti odia, ti sputa in faccia, ti insulta, ti caccia. Lei accettava tutto ma non perché fosse debole o sottomessa al suo abito monacale, ma perché pensava a Gesù che aveva dovuto soffrire dolori e umiliazioni e voleva prenderne parte, voleva viverle sulla sua pelle.
Martire della carità
Ma perché, diremmo noi, perché desiderare questo? Perché l’amore non funziona a dosi, non ci sono misurini, non ci sono quantità massime, se ami dai tutto quello che ti viene chiesto, pure la vita.
E a volte questo dare la vita non è così figurato, non è solo un modo romantico di dire ma nel quale in fondo non crediamo davvero.
Suor Agostina curava un malato molto violento che non faceva altro che infastidirla e provocarla, ma lei non si scomponeva, non si lamentava e continuò a curare lui e la mamma di lui, che era cieca. Probabilmente fu proprio questa sua pace, questo velo di santità che suscitarono in lui l’odio estremo che lo portò ad accoltellarla.
Suor Agostina se ne andò così, a trent’anni, mentre svolgeva il suo lavoro in modo eroico, semplicemente stando lì accanto agli ultimi, agli ammalati gravi, a chi sputava sulla sua fede e ai quali non rispondeva con trattati di apologetica ma con l’amore che tutto sopporta e che si fa carne viva, che non è slogan ma servizio.
Santa Agostina oggi protegge gli infermieri, e noi la preghiamo, perché stia accanto a tutti gli operatori sanitari in questo periodo così difficile e le chiediamo non di liberarci dal dolore ma di aiutarci a vedere oltre il dolore, perché dietro alla malattia c’è una persona che ha bisogno del nostro amore e della nostra presenza.