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La lettura orante della Bibbia: un’esperienza personale di Scrutatio

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Paola Belletti - pubblicato il 02/11/20
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La Bibbia Scrutate le Scritture, seguendo l’invito di Papa Francesco, è stata pensata per una “lettura orante” della Parola e valorizza l’antico principio secondo cui la Bibbia si legge con la Bibbia. La settimana scorsa mi è arrivata una copia della Bibbia Scrutate le Scritture delle Edizioni San Paolo. E’ LA Bibbia: riconoscibile, nobile, invitante.

Non è il primo esemplare che entra a casa nostra; ne possediamo in diversi formati. La più significativa fu regalata a me e mio marito il giorno delle nozze dal sacerdote che celebrò la messa. Sono certa però che in questa edizione, insieme solenne e accessibile, di alta qualità e fruibile, sarà più facile farla scendere goccia a goccia nella nostra vita. Nella mia, innanzitutto; perché pur in un contesto familiare o comunitario, anche vissuta nel popolo di Dio, la Parola parla sempre ad una vita alla volta.

Trovare il tempo per la Parola

Prima di aprirla rifletto, com’è nel mio stile, pre-occupandomi: dovrò vigilare su me stessa per non lasciarmi trascinare da colorite suggestioni, da interpretazioni vanamente ardite e pericolosi azzardi? Occorrerà che mi autodisciplini per non permettere che sparisca dall’orizzonte delle cose da fare, inghiottita come sarebbe dall’uragano forza 4 di impegni in arrivo sui mesi invernali? (Sono sempre tanti quelli scolastici, familiari, parrocchiali, sebbene tutti nella versione da contenimento Covid).

Troppe domande, da cui manca quella centrale: perché è necessario leggerla? Perché da essa io impari la notizia della mia salvezza e ne faccia memoria, di continuo. Per questo la Bibbia va conosciuta, approfondita, meditata. Interrogata e ascoltata, e viceversa: lasciamoci interrogare e ascoltiamoci.

 

La Bibbia si legge con la Bibbia

Va amata, anche quando non la si capisce, soprattutto quando non c’è trasporto. Va attraversata. E chi può soccorrerci in questa impresa? La Bibbia stessa. La Bibbia si legge con la Bibbia, ci insegnano la tradizione rabbinica e quella patristica e così ci educa la Chiesa. Non è un gioco di specchi, di labirinti nei quali perdersi, come negli uffici di un apparato della pubblica amministrazione: chieda allo sportello A, no deve recarsi all’ufficio assegnazioni versetti difficili, ma solo il secondo giovedì di ogni mese. E’ un tutto organico che nella sua complessità ci abbraccia e ci conduce. E’ parola pienamente divina e genuinamente umana, come Cristo, vero Dio e vero Uomo.

(…) la Scrittura è veramente parola di Dio e veramente parola dell’uomo. Esaltare l’una delle due realtà a discapito dell’altra o capire male la loro relazione potrebbe indurre in errore, analogamente a quanto accadde nelle eresie cristologiche. La Bibbia ha come autore Dio stesso, è tutta un discorso divino, e di conseguenza in essa vi è profonda unità e armonia: “Uno è il discorso di Dio dilatato in tutte le Scritture e, mediante la bocca di molti santi, uno è Il Verbo che che risuona”. (Introduzione generale, p. 8)

Ci serve il Suo aiuto, chiediamoglielo

Prima di aprirla prego. Chiedo a Dio che apra il mio cuore, la mia mente, che predisponga tutto il mio essere ad un ascolto vero, non quello per cui trovo solo ciò che voglio sentirmi dire. Un amico sacerdote, istruendomi una volta su come attingere dalla fonte della Parola acque cristalline per la mia vita, mi disse: aspettati di aspettare, metti in conto anche l’attesa. Se non si presenta subito, il Signore, sarà per te un esercizio benefico di umiltà. E, ho pensato grazie a questa sua avvertenza, sarà anche la prova che non sono io che me la racconto. Varrà persino come l’ennesima conferma che noi creature umane siamo forgiate secondo la Sua forma: un io personale, fatto di relazioni e dotato di libertà. Dio non è una funzione e la Bibbia non è una App da cui scegliere brani, tracce preferite, ascolti shuffle.

E se non ti risponde, mi diceva ancora l’amico sacerdote, chiedi a Lui: “Perché non mi dici nulla? Perché sono arida? Sei tu che vuoi farmi passare per questo deserto o dipende forse dalla mia pretesa, fino ad ora nascosta, di strumentalizzarti?”

Ho pregato, dunque, invocando lo Spirito Santo. E seguendo il segnalibro dove me l’hanno fatto trovare l’ho finalmente aperta. Il cordoncino pende dal capitolo 16 del libro di Giobbe. Non ho fatto altro che obbedire a quello che mi è arrivato per le mani, con un segno deciso da altri. Che sia così per tutti oppure no, poco importa: ad ognuno dei lettori, la Bibbia dirà cose diverse, ma compatibili, pur con le stesse parole. E anche a me, che ora sto rileggendo lo stesso brano a distanza di pochi giorni, già risuona con un timbro nuovo.

Dalle radici ai rami

Mi fermo, rileggo, allargo lo sguardo al prima e al dopo. Ritorno all’introduzione dedicata al libro di Giobbe. E questa, più che aggiungere nozioni da trattenere con sforzo, pulisce l’orizzonte e acuisce la vista: Giobbe non è solo il pazientissimo Giobbe. E’ l’uomo sofferente in conflitto con Dio. Il suo ritratto è più complesso, più comprensibile per giunta: chi non si oppone alle prove, almeno d’istinto, almeno al primo loro presentarsi? Chi non urla, forse a denti stretti, contro Dio addirittura, volendo riscuotere da Lui almeno una spiegazione? Giobbe il guerriero. E Dio oppressore, Dio avversario? Dio, innanzitutto, interlocutore diretto: Giobbe si rivolge a Lui con una franchezza che, si legge sempre nell’introduzione, non si ritrova nemmeno nei salmisti. Se gli amici di Giobbe parlano di Dio, Giobbe è il solo che parla con Dio.

Considero i relativi rimandi, Salmi, Proverbi, Qoelet. E ancora Lettera a Tito. Secondo Libro dei Re, i Maccabei, La lettera ai Romani.

Ho scelto i versetti da piantare come radice, da cui veder sorgere la pianta dei significati che il Signore vuole mostrarmi. Mi conosco, non devo lasciarmi trascinare, per questo non scelgo con artificio, dove posso seguo: sono il primo e il secondo versetto che ho incontrato. Ma il fatto che i rimandi siano così abbondanti non è per confonderci bensì per mostrarci, nel tempo, la smisurata distesa o meglio “i campi paradisiaci della Bibbia nei quali galoppare”, come dice Origene e ci ricorda Padre Francesco Voltaggio proprio nel commentare questa edizione della Bibbia.

 

Attacco agli amici.

1 Giobbe prese a dire:
2″Ne ho udite già molte di cose simili!
Siete tutti consolatori molesti.

Il primo rimando è al Salmo 69, 21

L’insulto ha spezzato il mio cuore e mi sento venir meno.
Mi aspettavo compassione, ma invano, consolatori, ma non ne ho trovati.

E da questo si torna di nuovo a Giobbe, 6, 14-15:

A chi è sfinito dal dolore è dovuto l’affetto degli amici,
anche se ha abbandonato il timore di Dio.

Dolore, prova, amicizia, delusione, consolazione, Dio.

Usare gli aiuti che l’edizione offre: introduzione al libro, note, percorsi tematici

Rimango ferma, mi do del tempo e considero il senso delle parole lette. Non assecondo subito le associazioni che sorgono nella mia immaginazione sostenuta dalla memoria e che vogliono travasare questi passi nella mia vita per semplice, irriflessa analogia.

Chi non ha prove nella vita? Certo non tutti siamo provati nei beni, negli affetti, nella pace e nella prosperità come è accaduto a Giobbe. La prima cosa che raccolgo, sapendo da quale stanza è partita la scommessa su Giobbe e la sua fede, è rendermi conto di quanto siamo preziosi: contesi dal Creatore e dal suo -e nostro- avversario. Ed è il Signore che punta tutto sulla nostra libertà e sul nostro amore gratuito.

Il grido di Giobbe, il nostro grido

Ora lascio che questa parola entri nella mia vita e nella mia storia e mi accorgo che nel grido di angoscia di Giobbe è urlata anche la mia. Che in quel senso di oppressione che si aggiunge a oppressione per la desiderata consolazione degli amici che invece si fanno torturatori è stato levato al cielo anche il mio sgomento, persino il mio rancore.

Mi ricordo dei momenti più cupi in cui, con un senso del comico che per grazia di Dio non mi ha mai del tutto abbandonato, cercavo consolazione, comprensione e dolcezza in chiunque: amico, perfetto sconosciuto, familiare, addetto alla pompa di benzina, la pompa di benzina stessa, il semaforo, il giovane lavavetri. Tutti e persino le cose erano convocati al grande compito di ascoltare il mio dolore e portarmi sollievo. “Senta lei, buon uomo che terge i cristalli delle auto, come mai a suo parere sto passando per queste così grandi angustie? ” “Come dice?” E scattava il verde…Almeno uno dei due, a quel punto, un certo sollievo lo trovava!

Chi lo ascolta, il tuo grido?

Credo che non sia solo questo che il Signore voglia dirmi con questa parola: “ecco, hai ragione, nessuno ti può comprendere davvero, la delusione che hai provato era giusta”. Se ne nasce poi uno strano autocompiacimento non va bene di certo. Piuttosto mi stupisco di quanto Dio prenda sul serio ogni cosa che ci accade persino ciò che, obbedendo al “catechismo laicista”, siamo tentati di liquidare come banale “negatività”, incapacità di “essere positivi e proattivi e assertivi e resilienti” (ho dimenticato qualcosa?). Ma c’è dell’altro, oltre allo sguardo di Dio su di me.

Mi chiedo, ora: quante volte io sono sorda al dolore altrui? In quante occasioni avrei potuto ascoltare davvero un fratello e lasciar perdere la mia idea di Dio e della Sua giustizia, rinunciando a lasciarla cadere come un pesante cappotto sulle spalle altrui? Quante volte io, come amica, sono come gli amici torturatori di Giobbe?

A chi devo rivolgermi, a chi devo chiedere aiuto e consolazione? Chi davvero può abitare con noi la nostra solitudine, sciogliendola alla radice?

La Parola definitiva

Nessuna suggestione, il volto di Cristo si disegna da solo dietro ogni pagina perché sappiamo che è così: è Lui la Parola definitiva del Padre sul mondo e sulla storia.

Sfoglio ancora il libro dei libri e allungo un altro ramo, robusto, dal tronco di questa parola letta e meditata: vengo condotta nel Nuovo Testamento, Giovanni 16, 32. Anche questo merita tutta la mia gratitudine: la Bibbia, così articolata e complessa, a tratti apparentemente ostile, rivela lo stesso senso, conduce per piccoli e grandi affluenti al fiume principale, Cristo stesso.

Ecco, viene l’ora, anzi è già venuta, in cui vi disperderete ciascuno per suo conto e mi lascerete solo; ma io non sono solo, perché il Padre è con me.

Abbandonato da tutti, unito al Padre

Anche nella solitudine più radicale Cristo non è solo. E noi, che siamo diventati Suoi, cosa sperimentiamo nell’abbandono? Solitudine originale che però rivela la nostra primaria appartenenza. Ora che siamo suoi, con Lui attraversiamo lo stesso deserto e sperimentiamo la stessa unione al Padre. Secondo la nostra capacità e secondo quanto ci concede.

Ecco, infatti cosa ci dice di fare di queste notizie il Signore:

Vi ho detto questo perché abbiate pace in me. Nel mondo avete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo! (Giovanni, 16, 33)

L’esito ultimo della più nera esperienza di desolazione è la scoperta della compagnia intima e indistruttibile nella quale viviamo e a cui apparteniamo; e da essa traiamo pace, coraggio, forza, trionfo addirittura.

Ecco tutto: vi offro semplicemente una mia piccola esperienza di lettura orante della Bibbia, così in presa diretta, con le sue ingenuità, le grossolanità e gli errori. Auguro a me stessa e a tutti voi, a chi avrà la fortuna di addentrarsi nelle Scritture attraverso questa edizione della Bibbia, di intraprendere o di riprendere il più avventuroso dei viaggi: la scoperta di Dio, del suo amore personale e preferenziale per ognuno di noi; e la conoscenza della storia della salvezza che ci precede, ci raccoglie, ci conduce; e alla quale proprio noi possiamo, dobbiamo!, contribuire.

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