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Scintille – Prendi, è gratis!

HANDS, GOLD, CHOCOLATE

Sharon McCutcheon | Unsplash

Annalisa Teggi - pubblicato il 01/11/20

«Tu vali e io ne rendo grazie». Rompiamo la catena della disperazione sprecando un po' di amore.

Ieri è passata di bocca in bocca la notizia che un bar vicino a casa mia offriva la colazione gratis. Non mi addentro neppure lontanamente in considerazioni che riguardano le prove durissime a cui sono sottoposti gli esercizi pubblici in questo tempo; non voglio suggerire che la strategia del barista vicino a me sia quella giusta per affrontare le restrizioni che sono imposte.

Sto a monte e voglio aggrapparmi al frutto buono che solo la gratuità dà in tempi duri, e al fatto che noi fraintendiamo questa parola. Se qualcosa è gratis, noi ci strofiniamo le mani: approfittiamone!. Perché siamo schiavi della logica del prezzo e del guadagno. Non sto parlando del mondo del commercio, ma proprio della trama dei nostri rapporti e delle relazioni più quotidiane che abbiamo.

Se la vicina mi presta il sale, la ringrazierò dandole un po’ della torta agli spinaci che ho fatto. Se riaccompagno a casa da scuola il compagno di mio figlio, la prossima volta sarà sua madre a portare a casa entrambi. Sono esempi sciocchi, ma reali, di quanto noi siamo incatenati alla logica del contraccambio. Per noi gratuità è quasi una brutta parola, è sinonimo di approfittarsi di qualcosa. Invece è la misura che fa sballare completamente i conti del mondo. La gratuità ci ha rendenti.

Quando compio un gesto gratuito è come se alzassi la posta in gioco sul tavolo, dicendo: «Tu vali e io ne rendo grazie». Proprio nelle circostanze in cui l’ombra cupa della disperazione incombe, seminare piccoli gesti gratuiti spezza la catena del male. Perché ci ricorda che non siamo schiavi del perbenismo, delle buone maniere e dell’apparenza, ma siamo figli liberi di un Padre altrettanto libero, che ha creato tutto per un di più di amore. Sprechiamolo questo amore, diamolo via gratis. E a chi storce il naso temendo che stia parlando di soldi, dico che sto parlando di cose vive.


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Due minuti in più a parlare col condomino, anche se in casa aspettano la cena. Farsi carico di un compito che il collega antipatico fa fatica a svolgere. Darla vinta a chi ti vuole superare in mezzo al traffico. Mille altre piccole cose in cui farsi da parte significhi «lascio il posto a te», oppure in cui essere attivo significhi «ti do una mano anche se a me non serve».

Incamminarsi sulla via della gratuità è una terapia antistress formidabile. Perché non c’è amore più corrispondente di quello che s’innesca senza motivo, senza il retropensiero di un guadagno o di un contraccambio. Siamo qui per un atto di gratuità, il mondo è stato creato da un Padre che voleva sprecare tutto l’amore che aveva.

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