Costruire l’autostima dei figli è mostrare loro, nei piccoli impegni quotidiani, che l’amore per se stessi è la premessa per amare gli altri, è il primo gradino di una salita verso l’incontro con Dio.
Che grande dono che fa una mamma che lascia che il suo bimbo di neanche due anni si infili le scarpe da solo e chiuda gli strappetti. Che dono incalcolabile fa il papà che al pianto della figlia appena caduta andando in bici non le grida di non piangere bensì le dice:
Lo so che ti sei fatta male e soprattutto so che sei molto dispiaciuta per non essere riuscita a tenere l’equilibrio più a lungo ma non importa, stai tranquilla, quando sarai pronta ci riproveremo e io sarò lì accanto a te.
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Volersi bene
Questi sono piccoli pezzi che tutti insieme, uno dopo l’altro, costruiscono l’autostima, che non è una robaccia narcisistica moderna, tutt’altro, è il fondamento della capacità di amare l’altro. Perché Gesù lo dice, prima di tutto devi amare Dio, poi devi amare l’altro come te stesso, ergo devi amare te stesso per amare l’altro e per amare Dio. È come uno sfavillante grattacielo di Manhattan ma senza gli ascensori, se vuoi raggiungere l’attico con vista mozzafiato che sta lassù in cima devi prima entrare dalla porta e salire tutte le scale, piano dopo piano. Non puoi saltarne nessuno.
San Giovanni Paolo II lo disse benissimo:
Soltanto chi, nel nome dell’amore, sa essere esigente con sé stesso, può anche esigere l’amore degli altri. Perché l’amore è esigente.
Sapersi amare non è “accettarsi come si è” e basta, questo è uno dei tanti errori egoistici che vanno di moda oggi. Amarsi significa volere il nostro bene, o meglio, volere il nostro Bene, desiderare ardentemente per noi la vita eterna, ecco che allora ci avviciniamo ad un amore autentico, mai edonista bensì profondo, che ricerca l’essenza della vita nel suo Creatore.
È così che accade che impari ad amare l’altro, non perché la pensa come te, non perché è bello, sveglio, intelligente e gentile, non perché ha saputo affrontare le avversità e blablabla, no. Lo ami perché lo vedi creatura come te e amandolo desideri anche per lui la vita eterna, la felicità grande. Lo dice anche Olaf su Frozen:
L’amore è mettere il bene di qualcun altro prima del tuo.
Su fino in cima al grattacielo
Cristo ci ha dato un modello di amore gigante, in cui si arriva addirittura a dare la vita per gli altri pur di mettere il loro bene davanti al nostro. Ma non è un gesto eroico, è un cammino. Basta leggere il vangelo per rendersi conto di come Gesù non abbia fatto altro che rispondere con pazienza alle domande, ai tranelli, ai quesiti ambigui e doppiogiochisti dei suoi interlocutori, gente che aveva come unico intento quello di fargli dire una parola sbagliata così da poterlo accusare pubblicamente.
A noi è chiesta esattamente la stessa cosa, rispondere con pazienza e cognizione di causa, testimoniare cosa significa essere cristiano nel 2020 e farlo col sorriso, con la calma, ma col fuoco dell’amore che arde dentro. Ci è chiesto di amare lo sposo e la sposa nel solo amore vero, quello che desidera il bene dell’altro prima del nostro. È un cammino, un piano alla volta, è un educarsi all’attesa, alla pazienza. Si parte soltanto scoprendosi creatura di Dio e quindi meritevole di amore.
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E Dio, che è infinito amore, creando la famiglia, ha voluto far sì che quei due, il papà e la mamma, fossero la prima spinta a mettersi in piedi e salire la prima rampa di scale di quel grattacielo. Ecco che nel diventare genitori e quindi educatori, dobbiamo far proprie le parole di Papa Francesco: “Educare è un atto d’amore”.
Perché sostenendo, confortando, restando accanto, non giudicando mai ma spiegando e accogliendo, parlando, ascoltando, noi indichiamo ai nostri bambini la strada per amare Dio, che è la sola che valga la pena percorrere. Alla fine, lassù in cima, la vista sarà spettacolare e chi ci arriverà non desidererà altro che mostrare a tutti quell’infinita bellezza.