Secondo contributo della serie sull’imparare a leggere il manuale della coscienzaQuella che segue è una storia vera, raccontatami da uno dei protagonisti. Un insegnante d’asilo dice a un bambino: “Hai le scarpe sui piedi sbagliati”. Il piccolo inizia a piangere, e tra i singhiozzi grida: “Ma questi sono i miei piedi!”
Cosa possiamo dedurre? 1) Il bambino era certo di quello che diceva; 2) Era saldo nelle sue convinzioni; 3) Aveva torto.
Vi racconto questa storia perché assomiglia molto a innumerevoli conversazioni che ho avuto sulla coscienza, soprattutto con persone felici di annunciare le proprie conclusioni morali ma riluttanti a dire come ci sono arrivati. Ho incontrato persone che mi sembrano indifferenti (se non immuni) alle prove, alle argomentazioni e alla persuasione.
Fin troppo spesso mi sono imbattuto in persone che rifiutano di imbarcarsi nel discorso morale perché hanno delle certezze, “Per coscienza!” o, come mi piace riassumere, “Zitto, ho detto”. Sono sicure come il bambino con le scarpe sui piedi sbagliati.
Queste persone che non ascolteranno un’argomentazione e non difenderanno né spiegheranno il loro ragionamento morale misurano la loro certezza in base all’intensità delle proprie emozioni: “Sento che…” Quando sfidate mi rassicurano dicendo: “Ho sensazioni molto forti al riguardo!” Quanto il bambino con le scarpe sui piedi sbagliati?
Ammetto che ci sono questi morali sulle quali non c’è disaccordo – ad esempio, non c’è mai un momento in cui un genocidio è accettabile –, e ammetto anche che ce ne siano alcune sulle quali persone più che degne d’onore possono discordare, ad esempio su come educare al meglio i propri figli. Quello che trovo inquietante, frustrante e sospettoso è la testardaggine da parte di alcuni al momento di rendere conto dei risultati del loro ragionamento morale. Forse non sanno come articolarlo, o peggio, non sanno come ragionare moralmente, e cosa ancor peggiore pensano di non averne bisogno. In questa sede “rileggeremo il manuale” (per il primo contributo sull’argomento cliccate qui) per vedere come chi ha una coscienza può iniziare a usarla in modo adeguato.
Il ruolo dell’intelletto nell’opera della coscienza è trarre conclusioni morali attraverso un processo di ragionamento deduttivo. Iniziamo con una premessa principale (ovvero un principio generale), una premessa minore (cioè l’applicazione del principio al caso in questione) e una conclusione che deriva logicamente dalle due premesse.
Esempio:
PREMESSE PRINCIPALE – L’omicidio, ovvero eliminare deliberatamente una vita umana innocente, è sempre sbagliato.
PREMESSA MINORE – Uccidere il mio rivale in affari per rubare i suoi prodotti si configura come omicidio.
CONCLUSIONE – Non dovrei uccidere il mio rivale in affari.
La premessa principale, o principio morale generale, viene riconosciuta immediatamente (ad esempio, “Fai il bene ed evita il male”) o deriva da altri principi. È facile vedere il movimento da “Fai il bene ed evita il male” a “Ama i tuoi figli” e “Provvedi all’educazione dei tuoi figli”. Ci sonoo delle verità morali che non possiamo non conoscere, e sulle quali le persone d’onore non possono non essere d’accordo. In questo caso, “concordare di discordare” non è un’opzione legittima.
L’abitudine di avere accesso a questi princìpi morali per poterli usare prontamente è noto nella tradizione morale occidentale come sinderesi. La sinderesi aiuta ad avere una risposta pronta quando tua madre ti grida “A che stai pensando?” Del resto, la gente che si sente gridare spesso questa domanda probabilmente non stava pensando, e questo è un problema. È tollerabile non pensare alle cose in anticipo quando si è un bambino come quello della storia; è intollerabile quando si è un adulto con responsabilità altrettanto adulte.
Abbiamo indicato in precedenza che il bambino della storia era tanto sicuro quanto in errore. La certezza non è una garanzia e nemmeno un’indicazione della correttezza della coscienza. Se non si è passati per il ragionamento deduttivo descritto in precedenza, si potrebbe giungere a una conclusione giusta, ma solo per sorte. Se scommettete spesso su questo fatto, però, alla fine perderete quello che non potete permettervi di perdere. Avere la certezza a livello di giudizio morale è sempre desiderabile, e spesso è ottenibile; purtroppo, molte persone “sicure di essere sicure” hanno solo l’emozione come base morale. A lungo andare, non va mai a finire bene. Dobbiamo considerare come e perché ottenere la certezza morale, cosa fare quando la si ha e cosa fare quando invece manca.