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Ci sono spazi della vita in cui Dio non entra?

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padre Carlos Padilla - pubblicato il 20/10/20

Attenzione a ridurre Dio a un'etica di comportamento

“’Perché mi tentate? Portatemi un denaro perché io lo veda’. Ed essi glielo portarono. Allora disse loro: ‘Di chi è questa immagine e l’iscrizione?’ Gli risposero: ‘Di Cesare’. Gesù disse loro: ‘Rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio’”.

Ho usato spesso questa frase di Gesù in un altro contesto e riferita alla vita degli uomini: a Cesare quello che è di Cesare, a Dio ciò che è di Dio.

Come se fosse importante distinguere le due realtà. In alcune cose c’è Dio, in altre no. È vero? Sembra come se le cose di Cesare non avessero a che vedere con Dio.

Questa divisione mi sembra difficile, perché è tutto molto unito. La linea che separa Dio dagli uomini, ciò che è umano da ciò che è divino, non è così netta.

È tutto collegato. E se lo separo mi spezzo dentro. Mi uccide spezzare le due realtà. Penso a ciò che è di Dio e separo la Messa, la preghiera, i comandamenti di Dio dalla mia vita lavorativa, dalla mia vita familiare.

È come se avessi due vite, una in cui Dio è il centro, ciò che conta. Quel Dio che ricevo con l’Eucaristia. Il Dio di cui parlo. Il Dio che mi ama quando resto in silenzio.

E poi quella mia vita in cui Dio non entra. Il mio mondo lavorativo, in cui non permetto che parli e intervenga. Il mondo delle mie relazioni umane in cui sono io a decidere. Il mondo delle mie decisioni, in cui Egli non ha niente da dire.

E penso, a Dio ciò che è di Dio.

Ci sono cose che non gli appartengono e non le metto nelle sue mani, sono mie. Lì non c’è spazio per il Suo sguardo, per il Suo amore, per la Sua vita.

A volte ho relegato Dio alla sagrestia. Sta lì. Lì confesso i miei peccati quando hanno a che vedere con Lui.

Ma altri peccati non sono di Sua incombenza. Non importa se spendo il denaro in questo modo o in un altro. Non importa se sono ingiusto con i miei impiegati o con le persone con cui mi relaziono non importa perché quello è di Cesare.

Questa divisione ha aiutato molto poco nel corso della storia… Separo Dio dalla mia vita quando non mi interessa il fatto che interferisca con i passi che faccio.

Lo cerco nella sagrestia quando sento che senza di Lui non posso camminare. Ma non lo metto al centro di tutto. Non conto su di Lui in ogni decisione.

È il pericolo di ridurre Dio a un’etica di comportamento. Un Dio che mi chiede di comportarmi bene, di agire moralmente. Un Dio elegante che vuole solo che rispetti i suoi precetti.

Questo modo di vedere le cose è così limitato… Tiro via Dio da ciò che è realmente importante. Commenta il beato Carlos Acutis:

“Il nostro obiettivo dev’essere infinito, non finito. L’infinito è la nostra patria. Il cielo ci aspetta da sempre”.

Dio è in tutto ciò che faccio. È nella mia vita in qualsiasi mio sogno. È nel mio lavoro, nella mia famiglia, nel mio mondo personale, nel mio ozio.

Il mio sguardo tende all’infinito. Con Lui cammino verso il cielo, ed Egli è presente in tutto ciò che faccio. È nel mio ozio e nei miei divertimenti, nelle mie decisioni. Tutto Lo riguarda, nulla Gli è estraneo.

Voglio che Dio sia il centro di tutto. Voglio smettere di cercarmi anche quando dico che cerco Lui. Leggevo giorni fa:

“Nell’Eucaristia si verifica la donazione di Gesù Cristo. Chi desidera solo ascoltare un buon sermone non vive l’essenziale. Nella liturgia Dio è al centro. Chi mette se stesso al centro se ne sentirà lontano. Il riferimento all’io nella meditazione. Molte persone rispondono che nella meditazione cercano di trovare la pace, altre poteri curativi” [1].

In questa preghiera, in questa Eucaristia, cerco Lui. Solo quando smetto di essere il centro di tutto ciò che faccio Egli può essere al centro della mia vita.

Solo quando io passo in secondo piano. Io e i miei interessi. Io e il mio mondo. Io e i miei desideri. Dio della mia vita. È questo il Dio che cerco, che amo.

Con la moneta i farisei volevano mettere alla prova Gesù, ma si sono esposti nelle loro intenzioni. Gesù mi mostra oggi che nella mia vita è tutto unito. Dio e il mondo procedono mano nella mano.

Il Dio che prego vuole occupare tutti gli ambiti della mia vita. Vuole che si integri in me tutto ciò che ho finito per dividere per colpa del mio peccato.

Mi sono messo al centro e ho allontanato Dio. Ho deciso di essere Dio. Potente come Lui, padrone del mio cammino. L’ho messo da parte. Voglio che regni in tutto. Voglio che sia al centro della mia vita.

[1] Franz Jalics, Ejercicios de contemplación, 52

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