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Francesco: Dio ci ascolta, per Lui non siamo numeri ma volti e cuori

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Antoine Mekary | ALETEIA

Vatican News - pubblicato il 14/10/20

All'udienza generale il Papa dedica la sua catechesi al Libro dei Salmi, il libro che insegna a pregare. E sottolinea: per pregare basta essere quello che siamo, anche nelle sofferenze della vita Dio ascolta e non abbandona. Appello finale al rispetto delle norme anti-contagio

E’ dedicata ancora al tema della preghiera la catechesi di Papa Francesco all’udienza generale di questo mercoledì nell’Aula Paolo VI. Ad essere preso in considerazione questa volta è il Libro dei Salmi, il libro della Bibbia “composto di sole preghiere”, dice il Papa, il libro che insegna “il saper pregare”:

Nei salmi troviamo tutti i sentimenti umani: le gioie, i dolori, i dubbi, le speranze, le amarezze che colorano la nostra vita. Il Catechismo afferma che ogni salmo “è di una sobrietà tale da poter essere pregato in verità dagli uomini di ogni condizione e di ogni tempo”.  Leggendo e rileggendo i salmi, noi impariamo il linguaggio della preghiera.

Nella preghiera trovano posto tutti i nostri sentimenti

Nei Salmi, prosegue Francesco, troviamo le parole per esprimere i nostri sentimenti, per lodare, ringraziare, invocare Dio nella gioia e nella sofferenza. In questi testi non troviamo persone astratte, ed essi non sono “nati a tavolino”, ma attingono all’esperienza vissuta.

Per pregarli basta essere quello che siamo. E questo, non dimenticare: per pregare bene, dobbiamo pregare come siamo, non truccati. Non truccare l’anima per pregare. “Signore, io sono così”, e andare davanti al Signore come siamo, con le cose belle e anche con le cose brutte che nessuno conosce, ma noi, dentro, conosciamo. 

Signore, fino a quando?

Tra le tante domande contenute nelle preghiere, una suona “come un grido incessante”: “Fino a quando?” E il Papa a braccio aggiunge:

“Fino a quando, Signore, dovrò soffrire questo? Ascoltami, Signore!”: quante volte noi abbiamo pregato così, con “Fino a quando? Smettila, Signore … Fino a quando?”.

Ma il credente sa che verso Dio ha senso gridare:

E questo è importante. Quando noi andiamo a pregare, andiamo perché sappiamo di essere preziosi agli occhi di Dio, e per questo vado a pregare. “Ma io non penso a questo …” – ma tu lo sai, nell’inconscio, pure, ma lo sai! E’ la grazia dello Spirito Santo dentro che ti spinge ad andare a questa saggezza: che tu sei prezioso agli occhi di Dio. E per questo vai a pregare.

Non ci sono lacrime universali

Il grido del credente dice in tutta la sua drammaticità malattie, odio, guerra, persecuzione, sfiducia, morte. Chi recita i Salmi chiede a Dio di intervenire dove tutti gli sforzi umani sono inutili. Sa di essere prezioso agli occhi di Dio. E la preghiera è già inizio di salvezza. Papa Francesco continua:

Tutti soffrono in questo mondo: sia che si creda in Dio, sia che lo si respinga. Ma nel Salterio il dolore diventa relazione, rapporto: grido di aiuto che attende di intercettare un orecchio che ascolti. Non può rimanere senza senso, senza scopo. Anche i dolori che subiamo non possono essere solo casi specifici di una legge universale: sono sempre le “mie” lacrime, che nessuno ha mai versato prima di me.


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Il colloquio con i genitori di don Roberto Malgesini

Il Papa dice che prima di entrare in Aula, stamattina, ha incontrato i genitori di don Roberto Malgesini, il sacerdote di Como ucciso il 15 settembre. E aggiunge:

Le lacrime di quei genitori sono le lacrime “loro” e ognuno di loro sa quanto ha sofferto nel vedere questo figlio che ha dato la vita nel servizio dei poveri. Quando noi vogliamo consolare qualcuno, non troviamo le parole. Perché? Perché non possiamo arrivare al suo dolore, perché il “suo” dolore è suo, le “sue” lacrime sono sue. Lo stesso, con noi: le lacrime, il “mio” dolore è mio, le lacrime sono “mie” e con queste lacrime, con questo dolore mi rivolgo al Signore.

Dio ci conosce ciascuno per nome

“Davanti a Dio non siamo degli sconosciuti, o dei numeri. Siamo volti e cuori, conosciuti ad uno ad uno, per nome”, afferma il Papa. Il credente sa che la porta di Dio è sempre aperta, che in lui c’è salvezza. “Il Signore ascolta”. E Papa Francesco sottolinea: chi prega non si illude, sa che non sempre i problemi della vita si risolvono, ma è certo di essere ascoltato e allora tutto diventa più sopportabile.

La cosa peggiore che può capitare è soffrire nell’abbandono, senza essere ricordati. Da questo ci salva la preghiera. Perché può succedere, e anche spesso, di non capire i disegni di Dio. Ma le nostre grida non ristagnano quaggiù: salgono fino a Lui, che ha cuore di Padre, e che piange Lui stesso per ogni figlio e figlia che soffre e che muore. Io vi dirò una cosa: a me fa bene, nei momenti brutti, pensare ai pianti di Gesù, quando pianse guardando Gerusalemme, quando pianse davanti alla tomba di Lazzaro. Dio ha pianto per me, Dio piange, piange per i nostri dolori. Perché Dio ha voluto farsi uomo – diceva uno scrittore spirituale – per poter piangere. Pensare che Gesù piange con me nel dolore è una consolazione: ci aiuta ad andare avanti. 

Papa Francesco riafferma l’importanza di rimanere in relazione con Dio, anche nel dolore la vita si apre così ad un orizzonte di bene. E conclude: “Coraggio avanti con la preghiera. Gesù è sempre accanto a noi”.

L’attenzione alle norme anti Covid-19

Al termine dell’udienza, il Papa salutando i partecipanti, ha raccomandato l’osservanza delle norme anti Covid previste dalle autorità per evitare il propagarsi dei contagi e ha detto:“Io vorrei fare, come faccio di solito, scendere e avvicinarmi a voi per salutarvi, ma con le nuove prescrizioni, meglio mantenere le distanze. Anche, gli ammalati li saluto dal cuore da qui. Voi siete a distanza prudente, come si deve fare”. E ribadendo l’importanza di usare tutte le cautele, che consentono di “andare avanti con le udienze”, Francesco ha concluso ribadendo che “se tutti, come buoni cittadini, compiamo le prescrizioni delle autorità, questo sarà un aiuto per finire con questa pandemia”.

Qui l’originale

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