L’ultimo bambino nato prima di lei era il suo bisnonno, classe 1927. Piccoli segni di disgelo nel freddo di questo inverno demografico.Un po’ al largo dalle coste del Maine c’è un arcipelago di isolette di cui fa parte Little Cranberry, terra di pescatori affacciata sull’Atlantico del Nord. Lo scorso 26 settembre un rumore insolito ha portato sospresa e gioia in questo frammento di terra, era un vagito. In un tempo in cui fa notizia il sempre più rigido inverno demografico, c’è spazio per una sorpresa.
Un’azalea tra le aragoste
È nata una bimba che porta il nome di un fiore, Azalea Belle Gray. Prima i giornali della zona, poi via via le testate più importanti fino all’Associated Press hanno dato notizia di questo evento. Eppure non è una principessa, né la figlia di qualche figura altolocata o famosa. Quel che è notevole della sua venuta al mondo è che da quasi cent’anni non nascevano bimbi su quell’isola. Quando la famiglia si è resa conto della situazione, un ulteriore dettaglio è balzato agli occhi e se ne è accorta la mamma di Azalea:
Ha confessato che non si era resa conto che fosse passato così tanto tempo dall’ultima nascita sull’isola: e si trattava di suo nonno, Warren Fernald, nel 1927. (da WJLA)
Era stato un marinaio e poi un pescatore di aragoste ed è deceduto nel 2005, a 77 anni. Ma il passaggio di testimone tra l’antico e il nuovo è in qualche modo avvenuto, perché la moglie di Warren e bisnonna di Azalea è viva e ha potuto tenere in braccio la piccolina.
Disgelo
Azalea non è figlia unica, anzi è la sesta figlia dei coniugi Aaron ed Erin Gray. I fratelli non sono nati sull’isola e la mamma pensava che con ogni probabilità anche quest’ultima arrivata sarebbe venuta al mondo in un ospedale. Invece, lo scorso 26 settembre il lieto evento è accaduto a casa ed è stato un parto domestico tranquillo, nel senso medico del termine … perché anche alla sesta gravidanza una donna vive il travaglio in tutta la sua dirompente forza.
Se fosse nata in ospedale, in fondo, non sarebbe cambiato nulla. Ma è un segno potente che questa bimba sia venuta alla luce dove da così tanto tempo non nasceva nessuno. Scorrendo le immagini di quelle zone del Maine c’è da rimanere incantati, sono posti da favola tra l’azzurro a perdita d’occhio dell’oceano e una natura dai colori intensi. Che ne è di tutta questa meraviglia se resta disabitata dall’uomo?
A volte le battute scontate vanno fatte. Azalea è proprio un fiore che è sbocciato in questo tempo di glaciazione demografica. Non c’è simbolo più calzante di una meravigliosa isola disabitata per guardare questo nostro mondo così intento a mettersi in guardia dall’imprevisto della vita con pillole e procedure mediche sempre più mirate a infilarsi lì, quando accade l’annidamento.
Eppure non c’è paradiso terrestre che sia davvero tale finché non diventa un nido. Ecco. Fino a qualche anno fa il film I figli degli uomini sembrava proprio una lontanissima distopia, impossibile credere a un mondo in cui non nascono più bambini. Invece le statistiche documentano il rigido inverno demografico che attraversiamo (problemi di fertilità, coppie scoraggiate a procreare a causa della crisi economica, un’insistente battaglia su anticoncezionali, aborto, pillole del uno-due-tre-quattro-cinque giorni dopo).
La cosa più onesta di quel film è lo scenario di guerra che devasta un mondo senza nascite; e quando il miracolo accade – quando nasce un bambino tra macerie e colpi di armi da fuoco – gli uomini si fermano, restano attoniti e in silenzio, si inginocchiano davanti a un vagito.
Nuovi mattoni vivi
Vedremo di nuovo uomini meravigliati di ciò che accade nel grembo materno? Saremo testimoni di questo disgelo? Non c’è da augurarsi l’esplosione di una nuova clamorosa primavera, ma c’è da benedire lo sbocciare di un fiore alla volta in frammenti di terra rimasti desolati.
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Uno dei versi più belli della poesia di T. S. Eliot dice,
in luoghi abbandonati noi costruiremo con mattoni nuovi (da The Rock)
C’è stato il tempo dell’aggressività urbanistica e dei grattacieli che spuntavano come funghi. Questo – ce lo sentiamo dire spesso – è il tempo della bioedilizia e delle città a misura d’uomo. Non c’è città più umana di quella in cui la vita è il vero criterio edificante, una vera e propria bio edilizia. Che senso ha costruire case sempre più ecologiche ma diventare sempre più artificiali nel manipolare la vita?
Mattoni nuovi occorrono; forse occorrono mattoni appena nati. Perché i luoghi veramente abbandonati oggi non sono le periferie, ma le anime: da lì si cerca di abbattere ogni torre di buon senso e ogni piazza di incontro, riducendole a misere città fantasma governate dalla paura e dall’egoismo. Fidiamoci e affidiamoci alla casa che getta le sue fondamenta per custodire un vagito.