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Il fascino di Papa Francesco è nella sua testimonianza

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Antoine Mekary | ALETEIA

Francisco Borba Ribeiro Neto - pubblicato il 12/10/20

Il Pontefice, con il suo esempio, ci indica un cammino per la vera umiltà e la vera semplicità

In questo momento in cui Papa Francesco sta lanciando la sua nuova enciclica, Fratelli Tutti, vale la pena di riflettere sul fascino che il Pontefice esercita tra cattolici e non cattolici – e su quello che possiamo imparare da lui, per il nostro bene e quello di chiunque incontriamo. Per comprendere questo fascino, non possiamo non concentrarci anche sulla figura di San Francesco d’Assisi, probabilmente il più carismatico tra i santi cattolici, dal quale il Papa ha preso il nome.

Se torniamo al giorno della sua elezione, vedremo che l’umiltà e la semplicità di Francesco hanno subito conquistato il mondo. L’opzione per una Chiesa “povera per i poveri”, la visione che partiva dalla periferia – luogo tipico degli esclusi – e il movimento in direzione di quelle periferie sono stati colti dalle persone a partire da quell’umiltà e da quella semplicità. In un mondo in cui i potenti usano la loro forza per imporsi agli altri, un capo umile è una rivoluzione in sé.

L’umiltà e la semplicità non sono posizioni politico-ideologiche. Sono virtù morali, che possono essere presenti o mancare qualunque sia la posizione di una persona. Troviamo gente che diventa arrogante perché è più ricca, più potente o materialmente ha più successo degli altri, ma troviamo anche persone arroganti perché si ritengono più intelligenti, più corrette o con un posizionamento politico più adeguato. Paradossalmente, possiamo trovare persone arroganti perché si considerano più giuste, più buone o perfino più umili degli altri!

Francesco, con il suo esempio, ci indica un cammino verso la vera umiltà e la vera semplicità. Chi è umile va sempre alla ricerca del fratello, vuole dialogare con lui, comprenderlo e in qualche modo condividere la sua vita. L’umile soffre per i dolori altrui e non vuole condannarlo, ma aiutarlo nelle sue difficoltà.

La priorità dell’empatia

Francesco ha dimostrato che l’empatia precede il giudizio. La frase lapidaria che caratterizza questa posizione esistenziale è la risposta data dal Papa a una giornalista nel suo viaggio di ritorno dalla Giornata Mondiale della Gioventù in Brasile, quando ha detto: “Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, ma chi sono io per giudicarla?” L’umiltà e la semplicità vengono comprese facilmente, ma la priorità dell’empatia esige una riflessione. Molta gente confonde questa empatica con la mancanza di criteri chiari, quando questa è già l’applicazione di un criterio più grande: la carità che ingloba e in qualche modo supera tutte le altre dimensioni della vita cristiana (cfr. 1Cor 13).

Oltre a questo, dobbiamo avere una visione realmente cristiana di quello che è il “giudizio”. Quando pensiamo, ad esempio, al famoso metodo Vedere/Giudicare/Agire, il giudizio è molto simile al “discernimento” gesuita: approfondire sia la realtà che l’intimità con Dio, per comprendere il Suo disegno in quella situazione. Il discernimento cerca ciò che è vero e giusto, per orientare l’azione.

In un’ottica “mondana”, tuttavia, il giudizio è destinato a condannare o non condannare (ovvero assolvere) qualcuno o una situazione. Mentre il giudizio cristiano è un atteggiamento propositivo, volto al bene della peresona e dell’altro, il giudizio umano è in genere inteso come un atteggiamento negativo, volto – nella migliore delle ipotesi – alla soppressione di qualcosa che non è giusto.

Da ciò nasce la capacità di dialogo, che si apre all’incontro con l’altro – categorie chiave per la comprensione della nuova enciclica del Papa.

Il frutto della misericordia

Queste virtù di Francesco non sono meriti esclusivi dei cristiani. Esiste un’infinità di non cristiani che mettono in pratica questi valori, tanto o più della maggior parte dei cristiani. Questi ultimi, però, contano su un aiuto un più per vivere in questo modo.

Una volta un giornalista agnostico, una persona molto generosa e sincera, dopo aver trascorso molto tempo cercando di comprendere il cristianesimo, mi ha dato questa spiegazione: “Sia voi cristiani che io agnostico siamo capaci di amare e di cercare di fare il bene. Ma voi credete di fare l’esperienza di essere amati con un amore immenso e totalmente gratuito, e quindi agite credendo di poter e dover amare gli altri con quell’amore gratuito. Io non ho mai sperimentato quell’amore, per questo credo che non riuscirò ad amare in quel modo”.

La fonte dell’atteggiamento umano e della testimonianza del Papa è l’esperienza che egli stesso fa della misericordia, del ricevere un amore immeritato e gratuito, un perdono che supera i suoi limiti e i suoi peccati – come ha dichiarato in un’intervista al gesuita padre Antonio Spadaro. Per questo ha proclamato il Giubileo Straordinario della Misericordia.

Il giornalista agnostico aveva ragione percependo che l’esperienza dell’incontro con Cristo che ci ama gratuitamente è l’origine dell’amore e della testimonianza cristiana, come ha ricordato il Papa nella sua lettera al giornalista Eugenio Scalfari.


BRATERSTWO

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Fratelli tutti?

Dire che siamo tutti fratelli sembra ingenuo alle persone della nostra epoca, segnata da un certo realismo cinico, che “decostruisce” valori e ideali. Serve una testimonianza come quella di Francesco per dare credibilità a quelle parole. Quando c’è questa testimonianza, è affascinante e capace di dare speranza e di suscitare un impegno nei confronti del bene comune.

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