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Parole di compassione, parole di Dio

ABRAHAM SARAH
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Lucandrea Massaro - pubblicato il 07/10/20
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Un testo agile, una perla tratta dallo studio della Bibbia per parlare dell’amore di Dio per l’uomo in un nuovo progetto edito da San Paolo EdizioniCi sono libri che – come certi alberi – danno molto frutto. Frutti intellettuali e spirituali, frutti di vita e di conversione. Partendo da questa consapevolezza che nasce un progetto un po’ misterioso di San Paolo Edizioni che si chiama “Unica al mondo” in arrivo il prossimo 20 ottobre. Intanto però i frutti donati al lettore sono molti, basta iscriversi alla newsletter, tra i più interessanti però c’è uno scritto del cardinal Angelo Comastri, Parole di Compassione, estratto dal volume “Gli occhi di Dio“.

«Il Signore vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che ogni disegno concepito dal loro cuore non era altro che male. E il Signore si pentì di aver fatto l’uomo sulla terra e se ne addolorò in cuor suo» (Gen 6,5). Viene descritta la delusione di Dio con parole umane, che tuttavia vogliono far capire all’uomo la dinamica autodistruttiva del peccato. Cioè, vogliono ricordarci che il peccato è male perché fa male e il bene è bene perché fa bene all’uomo. È per questo che Dio ci raccomanda di fuggire il male, mentre ci esorta a camminare nelle vie del bene: non lo fa per sé, ma per noi!

Il testo di monsignor Comastri intreccia la sua riflessione sul peccato (dell’uomo) e l’irrefrenabile amore di Dio verso una creatura che di continuo devia dal buon cammino che il Creatore gli ha messo di fronte. Forte della sua libertà, anch’essa costitutivamente una prova dell’amore di Dio per la sua creatura, l’uomo può accettare Dio nella sua vita oppure può ignorarlo, voltargli le spalle, ma il peccato non è uno sgarbo verso Dio, è uno sfregio alla nostra dignità. Il Signore nel linguaggio della Bibbia si adira con l’uomo, ma non è mosso dal risentimento, quanto dall’amore e dalla sua passione verso l’uomo

L’avvertimento è preciso: il peccato apre una breccia anche nel muro più possente: anche nelle persone più capaci e più dotate e più quotate umanamente. Isaia 64,4-5: «Abbiamo peccato contro di te da lungo tempo e siamo stati ribelli. Siamo diventati tutti come cosa impura e come panno immondo sono tutti i nostri atti di giustizia; tutti siamo avvizziti come foglie, le nostre iniquità ci hanno portato via come il vento». Vorrei far notare il collegamento chiaro tra «abbiamo peccato» e «siamo diventati»: il peccato ha conseguenze drammatiche, il peccato fa male all’uomo, il peccato modifica l’uomo e lo modifica in peggio

Il racconto biblico ci narra di un Dio che punisce una umanità indocile e irrequieta, sembra che quel rapporto debba rompersi per sempre, eppure emerge di nuovo l’amore, sotto forma di compassione, che etimologicamente vuol dire patire insieme, sentirsi partecipe delle sorti dell’altro. La compassione di Dio si rivolge ad Abramo, il grande patriarca dell’Antico Testamento che non ha figli, e dunque non ha futuro, e che accoglie con fiducia la promessa e quella promessa è ancora oggi mantenuta:

Abramo è uno dei tantissimi uomini che si muovono all’interno di flussi migratori del suo tempo: ma egli è aperto a Dio e Dio gli si manifesta dando un senso totalmente nuovo al suo viaggio: egli diventa il primo anello, il primo passo del pellegrinaggio di Dio verso l’umanità.
Immaginiamo di stare accanto ad Abramo nella celebre notte in cui sbocciò nel suo cuore la scintilla di un atto di fede limpida e senza riserve. Guardiamo, osserviamo, impariamo. Abramo si trova in una situazione (vecchio-senza figli-moglie sterile) in cui è impossibile progettare il futuro: Dio, invece, lo invita a osare la speranza e gli annuncia che sarà padre e avrà una discendenza sterminata.
Tutto, in Abramo, andava contro la promessa di Dio: ma Abramo crede! Crede ciecamente! E Dio risponde con il dono del figlio Isacco!
Momento meraviglioso, momento che fa parte della nostra storia, momento che dà inizio a un cammino che giunge fino ai nostri giorni: con Abramo, con il suo sì, Dio riprende il cammino dentro la nostra storia.

Il cammino di Dio accanto all’uomo si svolge in tutta la storia della Salvezza, tutta la Bibbia, da Abramo a Gesù è la storia di un avvicinamento, lento e graduale, in cui un po’ per volta Dio si fa più prossimo alla sua creatura, ad ogni passaggio come un pedagogo spiega un pezzetto in più di se stesso, racconta all’uomo chi Egli è, fino a presentarsi di persona nel Figlio. Ma in questo breve capitolo Comastri ci indica che la strada è ancora lunga, racconta di Isacco e di Giacobbe, spiega come ciascuno dei grandi personaggi della Bibbia incontra tutte le tribolazioni di fede a cui siamo posti noi, con l’insidia più grande di tutte: l’orgoglio, la superbia. Già dai tempi di Satana e poi di Adamo la superbia non va d’accordo con la Salvezza. Intanto però si affaccia sul proscenio della Bibbia un giovane, Davide:

Dio chiama il pastorello David dalla campagna di Betlemme, dopo che Saul ha chiuso ostinatamente il suo cuore all’umiltà del credente: Saul non è più idoneo per il progetto di Dio perché Dio non può usare come collaboratore un orgoglioso!
Però David cade in un pauroso peccato approfittando della donna di un suo soldato che stava combattendo al fronte. Caduto nel peccato di adulterio, David cerca di nasconderlo e di camuffarlo, cadendo in un groviglio di altre miserie sempre più gravi e sempre più meschine. Se David si fosse chiuso nell’orgoglio, tutto sarebbe finito perché David avrebbe chiuso la porta davanti a Dio. Ma David rivela un cuore straordinariamente umile: riconosce il suo peccato e piange con sincero dolore… e Dio prontamente lo perdona. Questo è il mistero del cuore di Dio: il mistero che Dio fa conoscere a un piccolo popolo, perché diventi eco e notizia per tutti i popoli. Quello che, oggi, dobbiamo essere noi cristiani.

Una sfida grande per tutti noi, parole belle, parole buone che possono aiutarci nel cammino