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Siamo sopravvissuti a nove anni di guerra in Siria, ora ci ucciderà un virus?

ANTOINE TAHHAN

Aid to the Church in Need

Aiuto alla Chiesa che Soffre - pubblicato il 05/10/20

Padre Antoine Tahhan, sacerdote cattolico armeno di Aleppo, riconosce che la popolazione in generale ha poca consapevolezza circa il Covid-19

I Siriani in generale, ma soprattutto quelli che vivono ad Aleppo, sono più indifferenti nei confronti della propria salute personale e della sicurezza rispetto a chi vive nei Paesi europei. “Molti di loro dicono di aver sofferto per nove anni e di essere sopravvissuti alla guerra e alla fame. Alcune persone sono più attente e usano sterilizzatori, mascherine chirurgiche, antisettici e guanti per la prevenzione, ma la maggior parte non teme la diffusione del coronavirus. Hanno già sofferto tanto…”, ha spiegato il sacerdote cattolico armeno Antoine Tahhan all’associazione internazionale Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS).

Il 19 marzo, il Governo siriano ha diffuso l’ordine di chiudere tutti i negozi per paura della diffusione del virus, e ha imposto il coprifuoco dalle 18.00 alle 6.00. Pochi giorni dopo, il 22 marzo, i vescovi cattolici di Aleppo hanno deciso di chiudere le chiese per proteggere i fedeli ed evitare
la propagazione della pandemia.

Da allora, padre Antoine va e viene tutte le mattine alla chiesa cattolica armena della Santa Croce di Aleppo per celebrare la Santa Messa, e poi torna a casa sua per rispettare l’isolamento.

È poco, però, quello che si può fare in un Paese dopo una guerra che ha lasciato il sistema sanitario molto deteriorato. “La Siria ha perso molti ospedali e centri sanitari, distrutti dai terroristi, come l’Ospedale Al-Kindi e l’Ospedale Oftalmico. Molti apparecchi e strumenti medici sono stati saccheggiati. Molti dottori sono emigrati perché i terroristi li hanno sequestrati o hanno minacciato di ucciderli. Il sistema sanitario è quindi in una situazione di fragilità, e per questo si teme che il virus si diffonda tra la gente, soprattutto tra i soldati arabi siriani”, afferma padre Antoine.

“Non credo che i respiratori negli ospedali, soprattutto nelle unità di terapia intensiva, siano sufficienti a combattere il virus. Abbiamo anche bisogno di una grande quantità di mascherine chirurgiche, sterilizzatori e altri strumenti. Dobbiamo però aumentare la consapevolezza della popolazione sull’importanza della salute. Oggi ancora molte persone camminano nei parchi, si danno la mano o si salutano senza tenere conto delle misure raccomandate dalle autorità sanitarie”.


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Poche famiglie sono tornate

Aleppo è stata liberata il 24 dicembre 2016. Le poche famiglie benestanti hanno restaurato le proprie abitazioni. La maggior parte delle famiglie cristiane ha poche risorse e vive grazie all’assistenza della Chiesa locale, sostenuta da organizzazioni come ACS, che ha creato programmi di aiuto d’emergenza per affitti, cibo e assistenza medica per molte famiglie ad Aleppo e in altri luoghi della Siria. Senza questi aiuti, i cristiani non potranno tornare nelle proprie abitazioni e preservare la presenza cristiana in Medio Oriente.

La migrazione per via della guerra è stata drammatica, come racconta il sacerdote: “Il numero di famiglie di tutte le denominazioni cristiane che vivevano ad Aleppo prima della guerra era di 30.000, oggi il numero è diminuito e arrivano a 10.000. Subiamo inoltre un enorme invecchiamento, il numero degli anziani è arrivato a due terzi della società, non solo ad Aleppo, ma in tutta la Siria. La mancanza di forza lavorativa giovane si aggrava per via del servizio militare”.

La Siria sta subendo una crisi economica terribile da più di un anno. “Quando la città di Aleppo è stata liberata c’era ottimismo, e per tre anni molti hanno riposto le proprie speranze nel lavoro, ma la situazione economica in generale va di male in peggio. Molti sono disoccupati e i salari non sono sufficienti a mantenere una famiglia di quattro persone. Le sanzioni economiche stanno facendo soffrire molto la popolazione, e la situazione economica negativa in Libano ha influito sull’economia siriana, il dollaro è schizzato e con esso il costo della vita. Sono stati anche sospesi gli aiuti che entravano in Siria attraverso il Libano”.


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Timore di nuove restrizioni economiche

Dalla liberazione di Aleppo, 75 famiglie armeno-cattoliche sono tornate, ma sfollate da altre aree del Paese, non d’Europa. “Per incoraggiare le famiglie a tornare in Siria dobbiamo eliminare le sanzioni economiche – come ha chiesto il Papa nel suo discorso di Pasqua – e aiutare i giovani a trovare lavoro. Abbiamo anche bisogno di sicurezza e assistenza medica e di abolire la riserva militare, perché i giovani possano lavorare, costruire il proprio futuro e crearsi una famiglia”, ha concluso padre Antoine.

Il coronavirus è un’altra preoccupazione tra le altre, ma l’epidemia mondiale porta i Siriani soprattutto a temere le conseguenze economiche che potrebbero da una parte aggravare ancor di più il calvario dei Siriani, dall’altra provocare una diminuzione degli aiuti e dei programmi d’emergenza, ora più necessari che mai per sopravvivere.

Aiuto alla Chiesa che Soffre ha lanciato una nuova campagna di aiuto alla Chiesa a sostegno dell’emergenza coronavirus, dal titolo “Le vittime invisibili della pandemia”. La fondazione pontificia si mette al servizio di sacerdoti, religiosi, religiose e vescovi per far fronte alle necessità principali, senza fermare la missione di annunciare il Vangelo.

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