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Un errore può davvero salvarmi la vita?

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padre Carlos Padilla - pubblicato il 03/10/20

Ci sono errori nella vita che possono forse essere la nostra salvezza. Sbagli lungo il cammino che mi portano a casa

Le cose non sono sempre quello che sembrano. Le apparenze mi confondono. Mi lascio ingannare dal mio occhio, dalla mia percezione delle cose, dal mio sguardo pieno di pregiudizi. Ci sono errori nella vita che possono forse essere la mia salvezza. Sbagli lungo il cammino che mi portano a casa.

Possono esserci perdite che tirano fuori il meglio dalla mia anima. Contrattempi che risvegliano forze che non conoscevo. Posso intraprendere lo stesso cammino troppe volte. E salire lungo lo stesso crinale pensando di doverlo scendere.

Posso tornare al punto di partenza quando mi sembrava che le cose stessero andando in modo perfetto. Può essere che il cielo sia invaso dal sole quando temevo piogge torrenziali. E il freddo può gelarmi le ossa nell’attesa del calore che mi scalda dentro.

Ho paura delle decisioni che non prendo mai, e mi spaventano meno le parole mai pronunciate di quelle che esprimo timoroso. La luce del sole è più forte di quello che penso quando guardo il sole faccia a faccia. E la notte è più oscura quando le nubi coprono le stelle.

Ho una speranza sopita dentro nell’attesa che nasca un figlio da me. So che la vita che non si dona muore e che i sogni che non si sognano vengono dimenticati. Porto una vita intera incisa sulla pelle, dentro l’anima. E so che se cammino lentamente arriverò nello stesso posto di quando corro.

Per questo non temo di confondere le destinazioni, né di inventarmi rotte che mi allontanino dal centro. Perché alla fin fine la vita è fatta di due giorni, e i desideri che sbocciano nella mia anima sono eterni.

Non pretendo di avere tutte le risposte, né di trovare tutte le strade. Voglio solo camminare tranquillo, e mantenere l’ingenuità tipica dei bambini. Mi fa paura che mi ingannino, che approfittino della mia bontà, del mio sguardo. Potrò essere ingannato, tutto è possibile. Non mi spaventa. Perché la vita è meglio di quello che avevo pensato quando la sognavo. E le sorprese sono più delle mie notti oscure.

E confido, sì, ingenuamente come un bambino, in un lieto fine per i miei passi. Per questo non mi fa paura né camminare alla cieca, né non conoscere la strada. Preferisco confidare nella mano disposta a risollevarmi quando cado.

E credo nella misericordia, che non è il pagamento per tutto quello a cui credo di avere diritto. Mi tatuo nell’anima la parola “gratuità”, per non vivere esigendo e chiedendo che mi diano ciò che mi è dovuto.

Preferisco essere ingannato che ingannare. Perdere la vita che tenerla in salvo. Uscire ferito dando quello che ho che vivere senza graffi proteggendo la mia fama.

Preferisco rischiare piuttosto che non giocare mai, guardandomi le spalle. Preferisco dire ciò che penso e sento anche se questo non piace a tutti e offende qualcuno. Non pretendo di ferire, solo di essere sincero.

Preferisco intraprendere il cammino mille volte anche se mi confonde piuttosto che rimanere nascosto per evitare gli errori.

Sarà vero che un errore può salvarmi la vita? Tutto è possibile. Ci sono errori che mi portano a trovare me stesso in mezzo ai miei dolori. Ci sono perdite che mi permettono di incontrarmi con me stesso e con chi amo di più. Ci sono decisioni incomprese, e altre attese che non riesco mai a prendere.

C’è vento nella mia anima nella calma, e c’è pioggia dentro il mio deserto. Spero solo di perdere la vita per guadagnarla. E di amare fino all’estremo per trovare misericordia. Chiedo solo questo a Dio, al cielo, e un’anima da bambino per non temere i conflitti, gli scontri. Devo confidare quando tutto sembra perduto.

Padre Kentenich commentava all’inizio del suo esilio, nel 1953: “A me personalmente va bene. Non preoccupatevi del mio futuro, perché è in buone mani” [1].

Saper vivere in buone mani segna la differenza. Mani che proteggono e curano. Mani che guidano e riscattano. Mani che sostengono e rialzano. Buone mani del Dio che mi ama al di sopra delle mie mancanza d’amore. E mi risollevano quando non ho forza per continuare a lottare.

Quella fiducia ingenua dei bambini che credono nell’impossibile, e vedono nella notte la luce che apre strade in cielo.

“Dobbiamo acquisire la fiducia nel fatto che Egli è in noi e noi in Lui. La debolezza conosciuta e riconosciuta del figlio significa l’onnipotenza del figlio e l’impotenza del Padre” [2].

Mi sento debole nel cammino della vita. Debole, imperfetto, peccatore. Non mi sento orgoglioso nel riconoscerlo. A volte il mio orgoglio vorrebbe che facessi tutto bene. Si impegna anche nel voler sembrare perfetto davanti agli altri.

Ma è solo vana apparenza. Non è possibile, non riesco dopo mille tentativi e mi fa male l’anima verificando che il fango della mia vita si sgretola come polvere senza che io possa evitarlo. E senza che Dio possa dargli una forma definitiva.

Confido nel suo potere, nella profondità del suo amore. So che ama più di quanto mi amo io. Il problema dell’uomo è forse la sua incapacità di amare bene. Per questo mi paragono e mendico amore.

Cado in questo tentativo di essere migliore sotto il maquillage della pelle, nascondendo in mille interventi chirurgici le imperfezioni che il cammino ha lasciato sulla mia carne debole.

[1] Hna Doria. Las luchas continúan, una vida al pie del volcán
[2] King, Herbert. King Nº 2 El Poder del Amor

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