Sembrava una campagna politica sul figlio unico perciò la città di Vancouver ha dovuto prendere le distanze: era solo la pubblicità (fallimentare e razzista) di una società non profit già autrice dello slogan "Il problema del traffico stradale comincia dal concepimento".
La città di Vancouver ha dovuto pubblicare una nota ufficiale, il direttore della società non-profit World Population Balance ha dovuto scusarsi: doveva essere una campagna pubblicitaria col botto, è stata una Caporetto. A settembre per le vie di Vancouver hanno fatto la loro comparsa, in prossimità di panchine e fermate dei bus, alcuni cartelloni pubblicitari dedicati al tema del sovrappopolamento. Uno in particolare ha attirato l’attenzione un po’ in tutto il mondo: la foto di un sorridente bimbo afroamericano era accompagnata dallo slogan
Il dono d’amore più grande che puoi fare al tuo primo figlio è non averne un altro.
Era naturale che non passasse inosservato, in fondo è proprio ciò che ci si aspetta da una campagna pubblicitaria di successo. Ma proprio la grande attenzione calamitata da quest’immagine ha generato una cascata di inciampi. Qualcuno ha cominciato a sussurrare che il Canada stesse promuovendo una politica orientata al figlio unico (proprio quando la Cina sta cercando di arginare i danni di quella catastrofica). Qualcun altro si è chiesto se quell’immagine non suggerisse che gli afroamericani devono smettere di riprodursi, il che suona decisamente razzista. Più banalmente, la gente di Vancouver – il famoso buon senso dell’uomo di strada! – ha dichiarato ai giornalisti:
Non credo che nessuno abbia il diritto di dire alle famiglie cosa fare.
Il passo successivo è stato quello di correre ai ripari. La città di Vancouver ha dovuto spiegare la sua posizione e ponziopilatescamente se ne è lavata: la scelta di quali campagne pubblicitarie esporre è a discrezione della società che si occupa della costruzione di panchine e fermate dell’autobus.
Dunque, non solo non c’era nessuna visione sociale approvata dal governo locale, ma non c’era proprio nessuna mossa pseudo-umanitaria da nessuna parte. Era solo una normalissima vendita di spazi pubblicitari.
Chi finanziava le affissioni è la società World Population Balance e il suo direttore David Gardner ha dovuto scusarsi doppiamente, sia per lo scivolone sul razzismo sia per la supposta lesione della libertà personale. Nessuna forma di discriminazione verso le minoranze etniche, nessuna volontà di imporre un pensiero … solo il grande desiderio di dire a tutti quanto è bello avere una famiglia piccola – ha precisato. Ma giusto per inquadrare il personaggio, aggiungiamo questo dettaglio:
a CGTN America, una redazione distaccata della TV di Stato cinese, Gardner aveva apprezzato chi fa la scelta di avere un figlio solo, con lo slogan: “È così facile per un uomo fare una vasectomia dopo il primo figlio“. (da Faithwire)
Piccoli agenti inquinanti crescono
One planet, one child. Funziona, come slogan. Significa che per salvare il solo pianeta che hai devi fare solo un figlio. Ma si potrebbe spiegare meglio usando l’arma del paradosso: l’essere umano è quella creatura che esulta quando nasce il cucciolo di una razza di lupi in via di estinzione e che, poi, si sveglia una mattina con l’idea che per salvare il pianeta la sua razza deve estinguersi. Mi trattengo dall’entrare in una lunga e triste parentesi ambientalista, ma è quasi spontaneo notare che se i novelli virgulti della generazione Greta ragionassero sull’uomo con i criteri che applicano agli animali almeno rimarremmo nell’ambito di un pensiero sensato. Invece, pare che l’uomo diventi disumano quando si tratta di riflettere sulla sua specie.
Ho una visione bellissima, di un futuro in cui ogni bambino sia amato e abbia un mondo di opportunità; un mondo pieno di occasioni di lavoro e cibo, acqua fresca e affitti convenienti. Per risolvere la crisi ambientale, l’inquinamento, l’estinzione degli animali dobbiamo affrontare la causa all’origine di tutto ciò: il sovrappopolamento. (da)
Queste parole sintetizzano il cuore della campagna One planet, one child lanciata dalla società World Population Balance, la cui mission è quella di educare a una cultura della famiglia piccola come chiave di volta per risolvere i problemi del pianeta Terra, i cui mali sarebbero originati in massima parte dal sovrappopolamento. L’abilità di certi pensatori sta anche nel saper distorcere la prospettiva. Come posso far passare l’idea dell’estinzione felice senza dirlo chiaro e tondo? Promuovo l’idea della «famiglia piccola», quella in cui posso riversare l’amore premuroso su un’unica creatura eletta. Unico è la chiave di tutto: la grande bugia di questa campagna mediatica è ricordarci che unico significa «meravigliosamente straordinario» e farci dimenticare che significa anche «solo».
Nonostante i grandi sforzi a suon di slogan del direttore David Gardner, la verità esce fuori dal tappeto sotto cui la si vorrebbe nascondere. E in questa campagna si parla dell’uomo definendolo spesso e volentieri consumatore.
L’apparenza è quella di far passare il figlio come un tesoro così prezioso da essere protetto e preservato nella sua unicità, in realtà lo sguardo con cui si giudica una nascita è: stai mettendo al mondo un altro piccolo agente inquinante. E osservando la cosa in termini di famiglie altrui il ragionamento diventa: se chi è attorno a me mette al mondo meno figli, io (o mio figlio) avrò meno rivali/concorrenti a soffiarmi posti di lavoro, cibo, case. Emblematico che un altro slogan della medesima campagna sia stato: