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La risposta liberatrice di Dio alla domanda “Chi sono io?”

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Tom Hoopes - pubblicato il 29/09/20
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In passato c’era consenso su chi siamo e a cosa serviamo, ma questo ha poi iniziato a cambiare, soprattutto nel XX secoloIn tutto il mondo, gli scrittori sono preoccupati per l’impatto dei social media sull’identità personale, e i filosofi disposti a scrivere su personalità e identità personale stanno guadagnando parecchio.

Da un lato le imprese altamente tecnologiche dicono di proteggere la nostra identità, all’estremo opposto gli immigrati stanno cercando di capire chi sono quando lasciano la loro terra natale.

Il fatto è che la nostra confusione su chi siamo è un notevole fattore di stress nella nostra vita.

In passato c’era consenso su chi siamo e a cosa serviamo, ma questo ha poi iniziato a cambiare, soprattutto nel XX secolo. Il vescovo Robert Barron ha pronunciato un intervento magistrale su come il pensiero di importanti figure filosofiche abbia portato ai titoli di oggi. Nel corso del cammino, mostra come perdere la fede in Dio ci faccia dimenticare chi siamo.

Friedrich Nietzsche ha detto “Dio è morto”, e poi ha indicato le conseguenze dell’assenza di Dio. Senza di Lui non c’è fondamento per la verità oggettiva, e dobbiamo affermare le nostre verità con la forza della volontà. Jean-Paul Sartre ha portato Nietzsche un passo avanti, dicendo che ciascuno decide cos’è, e nessuno può criticare la persona che scegliamo di essere.

Anche se le grandi menti di Nietzsche e Sartre possono aver ritenuto una fonte di liberazione il fatto di affermare la propria volontà sull’universo, questo lascia la maggior parte di noi esausta o perduta.

Papa Francesco indica che la fede offre un cammino migliore. Secondo il Pontefice, il Libro della Genesi racconta storie sulla nostra origine e ha cose forti e profonde da dire sulla nostra identità. “Dio, dopo aver creato l’universo e tutti gli esseri viventi, creò il capolavoro, ossia l’essere umano, che fece a propria immagine: «a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò»”, ha affermato Francesco, aggiungendo che Dio ci ha dato “il suo DNA”, ovvero ci ha resi Suoi figli.

È quindi il corpo a dire chi si è: un figlio di Dio. Il corpo umano condivide la dignità dell’immagine di Dio, dice il Catechismo, aggiungendo che lo spirito e la materia “non sono due nature unite, ma la loro unione forma un’unica natura”.

Le conseguenze di questo sono enormi.

Dio è amore, e i nostri corpi riflettono il Suo amore. La Chiesa lo mostra fin dal Battesimo (in cui l’acqua sulla nostra testa ci cambia l’anima), e poi nel matrimonio (in cui il nostro corpo è unito a un altro) e nella morte, quando i nostri corpi o le nostre ceneri vengono sepolti anziché sparsi.

La Messa ci allena ad amare Dio con il corpo quando ci inginocchiamo e rimaniamo in piedi. Ricordiamo continuamente che la nostra vita è stata salvata quando Gesù ha offerto il Suo corpo sulla croce, e la nostra speranza è stata assicurata quando il Suo corpo è risuscitato dai morti, cosa che un giorno farà anche il nostro. Aristotele definisce l’uomo “animale razionale”, la cui massima felicità si trova nell’esercizio della sua ragione – nel contemplare ciò che è vero. Per noi, la più grande attività umana è conoscere Dio attraverso la preghiera e lo studio.

Pur considerando la nostra evoluzione, il nostro intelletto ci differenzia dagli altri animali. Chi siamo come esseri umani è stato conquistato dalla nostra sete di conoscenza. Ciò accade al livello di uno scienziato di Cambridge che studia Venere e a quello di un bambino che chiede continuamente “Perché?”, e accade quando entrambi ascoltano le Scritture insieme a Messa.

Oltre a questo, è la nostra volontà a renderci quello che siamo. Abbiamo una volontà che ci permette di amare in modo diverso rispetto a qualsiasi altro animale, e questa è la massima espressione di quello che siamo.

Gesù riassume i Dieci Comandamenti come “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore”, e “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. È questa la descrizione finale di chi siamo: persone che amano Dio e che si amano a vicenda.

Questo ci rende molto più di quello che avremmo potuto inventare o affermare di noi stessi. È una certezza che ci toglie dalle mani del caso cieco e ci mette in quelle di Dio, che vuole portarci attraverso la morte dalla Sua parte.

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