L'uso malevolo e distorto della lingua, al fine di procurare male a qualcuno, è condannato sia nel Vecchio che nel Nuovo Testamento. Ecco come
Il tema del pettegolezzo, nelle sue varie forme, lo ritroviamo trasversalmente negli scritti sia dell’Antico sia del Nuovo Testamento, soprattutto nei Libri sapienziali, nei Salmi, nei Vangeli e nelle Lettere di Paolo.
I verbi e i sostantivi più ricorrenti usati dagli autori sacri sono: «calunnia / calunniatore / calunniare»; «chiacchiera / chiacchierone»; «maldicenza / maldicente / maledizione / malevolenza»; «mormorare / mormorazione»; « diceria / pettegolezzo»; «sparlare / diffamare».
I loro significati, scrive Leoluca Pasqua nel suo libro “Il pettegolezzo – Tra malizia e superficialità“, dell’editore Paolinerimandano alla medesima realtà, e cioè all’uso malevolo e distorto della lingua, al fine di procurare male a qualcuno.
Persona debole di cui non ci si può fidare
Nel Siracide innumerevoli sono le massime con le quali si mette in guardia colui che parla con troppa facilità e in modo stolto (cfr. Sir 10,14.18.23 passim). Chi non sa tenere a freno la propria lingua commette un peccato grave davanti agli occhi di Dio, è una persona debole di cui non ci si può fidare, perché non sa custodire i segreti (cfr. Sir 27,16-21) e di conseguenza tradisce l’amicizia e provoca litigi e divisioni.
«Un uomo chiacchierone è temuto nella sua città, chi non sa controllare le parole è detestato» (Sir 9,18).
La trappola perversa
Chi abitualmente parla male del prossimo fa male anche a se stesso, cade in rovina, in una trappola perversa che può anche diventare motivo di sofferenze e di afflizioni come insistentemente mette in guardia ilLibro dei Proverbi. Inoltre chi chiacchiera troppo si acquista la fama di essere una persona pericolosa, che è meglio tenere a distanza e che, a lungo andare, si rende detestabile.
«La bocca dello stolto è la sua rovina e le sue labbra sono una trappola per la sua vita» (Pr 18,7). «Chi custodisce la bocca e la lingua preserva se stesso dalle afflizioni» (Pr 21,23).
Non mormorare contro Dio
Nel Libro della Sapienza l’esortazione a non mormorare contro Dio né contro il prossimo è accompagnata da un’ulteriore precisazione, che fa riferimento alle conseguenze distruttive che le parole provocano quando, cariche di menzogna e di cattiveria, hanno il potere di uccidere la dignità di una persona:
«Guardatevi dunque da inutili mormorazioni, preservate la lingua dalla maldicenza, perché neppure una parola segreta sarà senza effetto; una bocca menzognera uccide l’anima» (Sap 1,11).