Messa e jazz, accoppiata idonea? Apriamo il dibattito facendo conoscere alcuni esempi
Qual è il genere musicale più adatto per accompagnare i testi liturgici? È un dibattito che va avanti da qualche anno all’interno dell’ambiente ecclesiastico, con proposte dalle più conservatrici alle più progressiste. Lasceremo la questione aperta per la riflessione del lettore.
Sappiamo che non sono stati pochi i tentativi di collegare il canto liturgico alle musiche di origine popolare. Non accade solo nelle parrocchie, perché alcune di queste opere hanno raggiunto una certa fama nell’ambito della musica “accademica”, come nel caso della Misa Criolla dell’argentino Ariel Ramirez o della Missa Luba di Guido Haazen O.F.M..
L’obiettivo di questo avvicinamento all’aspetto popolare è a volte quello di poter ascoltare o anche cantare i momenti tipici della Santa Messa in ritmi e tonalità vicini e familiari per l’assemblea, la cui partecipazione attiva è lodevole e la cui identificazione affettiva con quello che si sta interpretando non è di scarso rilievo. In questo senso, con gli anni la musica di origine popolare ha guadagnato terreno di fronte a opere di taglio classico e accademico, in base alla regione e ai costumi, ma ciò può anche essere dovuto al tentativo di cercare nuove strade per la musica sacra, ispirandosi a generi originariamente non collegati ad essa.
Cosa accade con il jazz? È un genere di origine popolare, senz’altro, ma ha quel tocco accademico e sofisticato che fa sì che alcuni lo considerino “musica per musicisti”. È sicuramente un genere secolare, ma la sua radice arriva agli spiritual neri con un profondo nucleo religioso.
Il jazz è appropriato per la liturgia? Può accompagnare la recita del Signore, pietà, del Gloria, ecc.? Insistiamo, lasciamo aperto il dibattito, ma vorremmo farvi conoscere alcune Messe composte con ispirazione jazz perché il dibattito stesso possa vedersi arricchito.
“Little Jazz Mass”, di Bob Chilcott (1955-)
Chilcott ha lavorato come arrangiatore per la BBC Radio Orchestra ed è stato cantante e compositore dei King’s Singers di Cambridge. È convinto che la musica possa unire la gente, e a questo scopo ha deciso di unire due tradizioni e linguaggi diversi come quelli delle preghiere liturgiche e del jazz, senza che questo tentativo risulti forzato.
L’opera in questione è stata scritta nel 2004 per il Crescent City Choral Festival, ed è stata rappresentata per la prima volta nella cattedrale di St. Louis, a New Orleans. È composta per coro misto (SATB), piano e insime di contrabbasso e batteria opzionale (ad lib.), anche se c’è una partitura anche per SAA (voci femminili). Si compone delle cinque preghiere del Messale (Kyrie – naturalmente in greco –, Gloria, Sanctus e Benedictus, Agnus Dei, tutti in latino), nel corso delle quali passa per vari stili di jazz. Il Kyrie possiede un groove vicino alla bossa-nova, il Gloria ha più swing, l’Agnus Dei ha una chiara ispirazione blues… Tra le sue particolarità c’è quella di esprimere molta pace in frammenti di testi in genere più pomposi (il “domine Deus, Rex cælestis, Deus Pater omnipotens” del Gloria, o il “Sanctus, Sanctus, Sanctus”).
L’opera è stata interpretata in numerose occasioni, sia come concerto che come parte della cerimonia liturgica, specialmente nella cattedrale di St. Paul di Londra. Il compositore è autore di molte altre composizioni sacre, e anche di un’altra Messa dello stesso stile, la Nidaros Jazz Mass.