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Gesù non cerca bravi da gratificare, ma sfiduciati da incoraggiare

MATTHEW

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MATTEO - Salerno, Cattedrale. Anche le origini del culto di san Matteo si perdono nella leggenda: il santo apostolo ed evangelista avrebbe subito il martirio in Etiopia, ucciso da un sicario mentre celebrava una messa. Le reliquie sarebbero in qualche modo giunte in Lucania nel V secolo: ritrovate dopo qualche secolo da un monaco di nome Atanasio, se ne perdono di nuovo le notizie fino al 954, anno in cui le reliquie furono ancora rinvenute, sempre in Lucania, e quindi trasportate a Salerno, dove oggi sono conservate.

don Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 21/09/20

Oggi la liturgia ci fa celebrare la Festa di San Matteo Apostolo ed Evangelista. Gesù non viene a contrapporre i buoni ai cattivi ma a svelare che c’è bontà sepolta anche in chi è considerato spacciato, e Matteo ne è una prova.

In quel tempo, mentre andava via, Gesù vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?».
Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: “Misericordia io voglio e non sacrifici”. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori». (Mt 9,9-13)

Oggi la liturgia ci fa celebrare la Festa di San Matteo Apostolo ed Evangelista. Non a caso si legge un passo proprio del suo vangelo in cui viene raccontato il suo personale incontro con Cristo: “Andando via di là, Gesù vide un uomo, seduto al banco delle imposte, chiamato Matteo, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì”. Certamente ci saremmo aspettati qualcosa in più da questa asciutta descrizione, ma la cosa che colpisce di questo incontro è la pura iniziativa che Gesù prende, e che anticipa persino lo sguardo dello stesso Matteo. Infatti è Gesù a guardarlo, è Gesù a rivolgergli la parola, è Lui che lo mette in una condizione di decisione. Infatti l’incontro con Cristo è l’incontro con qualcuno che smuove dentro di te una scelta, un dinamismo della tua libertà. Per questo Matteo in questa scena non parla, ma agisce. E lo fa non in maniera casuale, ma in maniera obbediente alla richiesta di Gesù. Infatti la richiesta era stata di seguirlo, cioè di mettersi a camminare dietro di Lui, di imparare il discepolato, la sequela. Non chiede a Matteo una dimostrazione di affetto, ne gli fa una domanda per vedere se è preparato, gli domanda solamente di cominciare a mettersi in cammino e di farlo però non in maniera casuale, ma di farlo avendo come punto focale lo stesso Gesù. Dopo di questo segue una scena abbastanza usuale: Gesù è seduto a tavola, ma i suoi commensali sono considerati poco raccomandabili e peccatori. La rimostranza dei farisei non tarda a farsi sentire: «Perché il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Gesù li udì e disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate dunque e imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori». Gesù non cerca bravi da gratificare, ma sfiduciati da incoraggiare. Non viene a contrapporre i buoni ai cattivi ma a svelare che c’è bontà sepolta anche in chi è considerato spacciato, e Matteo ne è una prova.
Matteo 9,9-13
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