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Non so chi sono né dove sia Dio, cosa posso fare?

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Photo by Francisco Gonzalez on Unsplash

Luisa Restrepo - pubblicato il 18/09/20

A volte ci hanno dimenticati o noi stessi ci siamo dimenticati di noi, e non possiamo fare altro che aspettare che qualcuno ci trovi

La vita non ha mai smesso di sembrare un viaggio in cui ci si può perdere.

A volte, in realtà, abbiamo solo bisogno di essere notati. Spaventati stanchi, iniziamo a gridare perché qualcuno ci ascolti e per poterci rendere conto di essere vivi.

Siamo come la pecora smarrita di cui ci parla Gesù. A volte ci hanno dimenticati o noi stessi ci siamo dimenticati di noi, e non possiamo fare altro che aspettare che qualcuno ci trovi.

Ci sono poi i rapporti in cui ci perdiamo. A volte accade perché abbiamo deciso di andarcene, altre volte, pur rimanendo, abbiamo il cuore da un’altra parte. Altre volte ancora rimaniamo tanto da immobilizzarci, da dimenticare chi siamo davvero.

Solo noi possiamo decidere di tornare, come i due figli della parabola del figliol prodigo. La pecora e i due figli devono decidere come rimanere e come farsi trovare, perché possiamo perderci in molti modi, ma ci sarà sempre qualcuno che ci cerca: un pastore, un amico, un sacerdote, qualcuno che ci ama.

Amore senza vincoli

BUTTERFLY
Serhii Brovko|Shutterstock

Forse lasciamo una relazione perché ci sentiamo intrappolati. L’amore è esigente. Ci costa sentire di non poterlo possedere e adattare al nostro ego. Ci costa restare.

Il figlio minore vuole un amore senza restrizioni. Vuole affetto senza impegno, finché alla fine impara a sue spese che la sua necessità di amare si realizza solo nel vincolo permanente.

Abbiamo fame d’affetto, e per questo corriamo il rischio di aggrapparci al primo “amore” che troviamo. Allo stesso tempo, però, pensiamo che in una relazione possiamo solo essere schiavi, che possiamo amare solo perdendo la libertà.

È questa la malattia dalla quale dobbiamo curarci, e ci curiamo solo quando conosciamo qualcuno disposto ad amarci in modo incondizionato, per celebrare la nostra vita, qualcuno che ci ami per lasciarci essere e non per possederci.

Amore permanente

FATHER AND SON
altanaka | Shutterstock

Il Padre ha vissuto con grande attesa quell’incontro. Non ha mai smesso di cercare il figlio perduto nei suoi pensieri, e quando il giovane ha finalmente deciso di tornare lo ha trattato con libertà.

Il Padre riveste il figlio; non gli fa vedere la sua debolezza, gli restituisce la dignità. Fa sì che si metta un vestito nuovo, gli dà le scarpe.

In questo rapporto, il figlio è una persona libera, non uno schiavo. La vita del figlio viene celebrata con un banchetto di gioia e riconoscenza.

Stare senza stare

Father and son teen
Stock Rocket/Shutterstock

Nel frattempo, anche il figlio che non se n’era andato è perduto, anche se viveva con il Padre.

Tornare a una relazione quando siamo perduti è ancor più difficile se fino ad allora abbiamo solo finto di rimanere.

Quando non abbiamo il coraggio di andarcene e rimaniamo per dovere soffriamo in silenzio. Come il fratello maggiore, anche noi restiamo fuori dall’amore del Padre. La verità è che forse non siamo mai stati all’interno di quella relazione.

Adagiato, arrabbiato e pensando a se stesso, il figlio maggiore è incapace di festeggiare l’altro. Tutto ciò che viene dato al fratello sembra sia stato strappato a lui.

Guarendo rapporti spezzati

RETURN OF THE PRODIGAL SON
Rembrandt van Rijn | Public Domain

Come si costruisce allora la riconciliazione? Come si curano i rapporti spezzati?

Il Padre non ricorda al figlio maggiore il suo senso del dovere, non banalizza la sua rabbia. Il padre si mostra vulnerabile: se ha dato il vestito, l’anello, le scarpe e vitello al figlio minore, al maggiore dà il cuore!

Sì, perché la riconciliazione non si può costruire senza dare all’altro qualcosa di prezioso di se stessi. La riconciliazione non è un’idea né solo una parola, ma si fa nella carne.

Nessuno può obbligarci a tornare. Tornare ad avere un rapporto è sempre una decisione che dobbiamo prendere, una decisione personale in cui nessuno può sostituirci.

Che ce ne siamo andati o che restiamo per abitudine, la parabola termine con la porta aperta: dipende da noi entrare o rimanere fuori dall’amore del Padre.

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