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Al capezzale di mia suocera ho intravisto un barlume di Paradiso

HOSPICJUM

pikselstock | Shutterstock

Katie Pyles - pubblicato il 17/09/20

Una riflessione sulla morte, la vita e la sete di Dio per ciascuno di noi

Tre mesi prima che sposassi mio marito Alex, eravamo seduti al capezzale della madre che stava morendo. Aveva combattuto contro la sclerosi multipla per più di vent’anni, e ormai era esausta. Quando la vicina ci ha chiamati per dirci che Anna era in un hospice, abbiamo racimolato i nostri pochi risparmi e siamo volati dall’Ohio in Florida per starle accanto mentre moriva. Non pensavamo che morisse e non eravamo preparati. Pensavamo di avere più tempo.

Ci siamo seduti a turno accanto a lei. Il fratello di Alex, Nicholas, ha necessità speciali, e dovevamo sistemare la casa della madre, e quindi ci dividevamo tra la sua stanza nell’hospice e la sua abitazione. Mentre Alex lavorava per preparare Nicholas alla morte della mamma io sedevo accanto ad Anna, parlando con lei della pioggia, dei miei libri, del nostro prossimo matrimonio e dei progetti che avevamo per Nicholas. Lei non rispondeva.

L’ultimo giorno della vita terrena di sua madre, Alex non trovava pace. Non riusciva a stare con lei nella stanza, e camminava nei giardini. Mi ha detto che era ora che ce ne andassimo, che non avevamo denaro e non potevamo assentarci oltre dal lavoro. Sapevamo entrambi che la madre avrebbe preferito che fosse tutto sistemato per quanto riguadava Nicholas. Io volevo restare, perché Anna ha iniziato a sorridere. Non aveva risposto per tutto il tempo in cui eravamo rimasti lì tranne quella mattina, quando siamo entrati nella stanza trovandola a guardare fuori dalla finestra sorridendo. Ha mantenuto un sorriso ampio, forte e senza denti per 12 ore. Il suo corpo irradiava gioia.

“Sta sorridendo!”, ho detto ad Alex. “Sta sorridendo. Restiamo”. Volevo stare con lei quando fosse passata alla vita eterna. Dalla sua gioia, sapevo che sarebbe passata direttamente tra le braccia di Gesù, mettendo da parte ogni sofferenza. Volevo essere lì.

Alex ha lasciato la stanza per prenotare il volo di ritorno. Ho imparato che quando tua madre sta morendo prendi il controllo di tutto. Io tenevo la mano di Anna, mormorandole i nostri progetti per Nicholas. Non volevo che si preoccupasse. Ho guardato il suo bel volto, il suo sorriso glorioso, e in quel momento il Signore ha spostato un angolo del Velo.

L’ho sentito. L’ho sentito così vicino che non sono riuscita a trattenermi. Ho gridato, pianto e tremato di dolore. Non per Anna, che ci avrebbe lasciati quella sera, ma per me stessa. Volevo andare anch’io. Potevo sentirLo lì, così vicino, così amabile. Riuscivo a sentire tutto il Paradiso,tra un respiro e l’altro. L’aspettavano, guardandola con lo stesso sguardo d’amore.

Ero così gelosa… Per la prima volta, ho capito cosa intendesse Madre Teresa quando ha scritto che Gesù è assetato di noi:

“HO SETE DI TE. Sì, è l’unico modo per iniziare anche solo a descrivere il Mio amore per te… HO SETE DI TE. Apriti a Me, abbi sete di Me, donami la tua vita. Ti proverò quanto sei importante per il Mio Cuore”.

In quel momento, il Signore mi ha donato una piccola parte del Suo Cuore. Al capezzale di mia suocera, nel sole di un pomeriggio della Florida, mi ha donato questa verità: la Sua sete di noi ci darà vita.

Non ho potuto unirmi ad Anna nella sua morte, per quanto tutto il mio essere anelasse al Paradiso con quella verità che mi risuonava nelle orecchie. Il mio cuore soffriva. La mia anima gridava riconoscendo la sua vera casa. Questo mondo triste, con il suo dolore, il vento e i disordini autoimmuni, le sue case e ossa spezzate, i suoi piaceri a buon mercato e i comfort terreni… non volevo niente di tutto questo. Volevo andare a casa, ma dovevo stare qui. Il dolore era tenero, incredibile, e irremovibile come la morte.

Attraverso questa esperienza, Gesù mi ha insegnato la capacità di una donna di sopportare. Sono state le donne a rimanere con Gesù mentre moriva. Sono rimaste sotto la Croce, con gli occhi ben aperti. Devono aver sentito anche loro quanto fosse sottile il velo. E quando Lui ha detto “Ho sete”, devono averlo sentito nelle ossa. Ho sentito la Sua Sete del mio amore duemila anni dopo, mentre mia suocera stava morendo. Lo sento anche ora raccontando quell’episodio.

Permettermi di abbracciare il dolore che comporta il fatto di sapere a cosa appartengo davvero mi ha dato una conoscenza profonda difficile da descrivere. So cosa significhi vedere la morte con tutta la sua bruttezza e tenere aperti gli occhi. So cosa significhi cogliere la gloria della vittoria di Cristo, e l’amore che ha motivato la Sua Passione. La Sua Sete, e la mia, hanno restaurato la mia vita.

È vero che tutti moriremo, ma nel presente dobbiamo vivere con la forte e gloriosa consapevolezza del fatto che il Paradiso è solo a un respiro di distanza. Penso che sia questo a contare: bisogna sentire l’anelito al Paradiso. Dobbiamo permettere alla sete della nostra vera casa di crescere in noi. In questo mondo c’è vero dolore, ma c’è anche vera bellezza. È nostro sacro dovere tener conto di questi due aspetti. Dobbiamo essere come Maria ai piedi della Croce, contemplando suo Figlio crocifisso. Dobbiamo essere come mia suocera Anna, che ha guardato il Figlio risorto e ha permesso alla gloria di Dio di irradiarsi attraverso il nostro corpo spezzato, illuminando la strada verso casa.

E così, mentre andate avanti attraverso giorni, settimane e anni, portando sulle spalle il peso di questa Chiesa disordinata, sanguinosa e bellissima, ricordate che questo mondo è un luogo spezzato. Non è mai stato pensato come la nostra casa. Quando vi trovate a corto di parole, fiaccati dalla monotonia del peccato, dalla sorprendente accidia del male, ricordate questa verità: siete stati creati con la stessa materia della Theotokos, della Madre di Dio. Siete in grado di stare ai piedi della Croce, permettendo al terrore e al dolore di avvolgervi, ma non di consumarvi. Ricordate piuttosto a cosa appartenete.

Finché non potremo trovarci a casa insieme, cari amici, sorridendo nel tramonto, vi incontrerò nell’Eucaristia.

[Questo articolo è stato adattato e riprodotto con permesso di The Catholic Woman]

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