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Giacomo Maria, nato e morto prematuro, continua a donare grazie dal Cielo

GIACOMO MARIA ACETI,

Corinna Marandola

Silvia Lucchetti - pubblicato il 14/09/20

Corinna racconta la storia del suo bambino venuto alla luce a 25 settimane e morto a 14 mesi che è riuscito quando era in vita a far pregare tante persone lontane da Dio. Oggi per la sua famiglia, per chi lo ha conosciuto e per chi incontra la sua storia, è un piccolo grande santo a cui appellarsi.

Oggi vi racconto la storia di Giacomo Maria, un bambino nato prematuro a 6 mesi e morto a 14. Una vita brevissima e fragile che agli occhi del mondo significa poco, ed è uno scandalo. Si domanderanno molti: “che senso ha che nasca un bambino a sole 25 settimane di gestazione per morire qualche mese più tardi dopo aver affrontato crisi respiratorie, ricoveri, cure?”. Eppure quanti hanno incontrato Giacomo Maria in vita, e ancora di più coloro che hanno conosciuto la sua storia ora che è in Cielo, hanno scoperto una bellezza impensabile, incredibile, hanno fatto esperienza di cosa significhino speranza, provvidenza, risurrezione. Ci offre la sua testimonianza preziosa la mamma Corinna, che spero un giorno di poter incontrare di persona, una donna umile, generosa, semplice e disponibile, che mi ha raccontato la storia del suo bimbo con grande confidenza e amicizia. Una mamma che ha accettato la sua croce, l’ha abbracciata – e non so se c’è una croce più pesante di vedere il proprio figlio soffrire e morire – che ha avuto l’umiltà di chiedere a Dio di aiutarla a portarla, e che ha scoperto alla fine di tutto, quando il suo bambino è morto, che in realtà era solo l’inizio. Giacomo Maria ora che è in paradiso è per lei, papà Marco, i fratelli, i parenti, gli amici, i conoscenti e tutti quelli che incrociano il breve cammino della sua vita, un piccolo grande santo a cui appellarsi, che ha permesso a Corinna – come mi ha detto lei stessa – di essere una mamma in terra e in Cielo.

Cara Corinna ti va di presentarti?

Mi chiamo Corinna Marandola, ho 47 anni, sono sposata con Marco dal 2001 e sono laureata in giurisprudenza. La mia priorità, sin dagli inizi del matrimonio, è stato dire “Sì alla vita”. Dio è stato benevolo e generoso con noi, ho avuto 9 gravidanze di cui 5 portate a termine. I nostri figli in terra sono: Pierluigi di 18 anni, Gianmarco di 16, Francesco Antonio di 14, Pietro di 12 e poi l’ultimo è stato Giacomo Maria volato in Cielo a 14 mesi. In paradiso con lui ci sono: Angelo, Giovanni, Maria ed Andrea.

Come è andata la gravidanza di Giacomo Maria?

Giacomo Maria (sto scrivendo un libro su di lui che è un meravigliosa testimonianza di Vita) è stato concepito con tanto amore, con l’amore di me e mio marito che avevamo già un’età adulta e più consapevole. La gravidanza è iniziata normalmente come le altre, intorno a fine gennaio 2016; poi il 5 giugno, era una domenica, dopo aver accompagnato con tanta gioia i bambini che seguivo come catechista nel giorno della loro Prima Comunione, torno a casa e inizio ad avvertire dei dolori addominali. La mia ginecologa mi fa andare di corsa da lei, mi visita e si accorge che avevo un piccolo distacco. Mi prescrive cura e riposo. Scendo dallo studio, e giù sotto il portone avverto una perdita di sangue come il flusso di un oceano. Corriamo insieme con lei al pronto soccorso dell’ospedale di Cassino dove inizia il mio e nostro calvario. Posso dire che lì ho incontrato medici eccezionali. Ho avuto perdite di sangue per 2 mesi, tutto quel sangue mi ha fatto venire in mente le stimmate di Padre Pio: l’ho sentito molto vicino in quel momento di sofferenza. Stavo sempre a letto, immobile, ricevevo le cure e la Santa Eucarestia tutti i giorni grazie a don Mario, fino al giorno che Giacomo Maria ha deciso improvvisamente di nascere: il 20 luglio 2016 a 25 settimane di gestazione. Nell’immediato mi ha assistita mio marito, che ha mostrato una forza straordinaria: è lui che per primo ha visto la testa del piccolo intanto che arrivavano gli operatori del 118. Uno di loro esclamò in presenza di una mia cara amica medico di non aver mai visto, in tanti anni di soccorso, tutto quel sangue. Al parto sono stata miracolata, sia io che mio figlio; ho incontrato medici, ginecologi, infermieri e ostetriche meravigliosi. Ricordo che quando sono arrivata d’urgenza c’era il cambio turno ma un’altra mia amica ostetrica lasciò la sua borsa a terra e corse con me in sala operatoria, così anche la mia pediatra trattenne in servizio l’anestesista che chiamano Angelo per la sua maestosa bravura. Sono stata circondata da amore, professionalità e buona volontà, propria di quegli uomini e donne di cui parla Gesù che salveranno il mondo. Loro hanno salvato me e mio figlio, insieme alle suppliche di un esercito di adulti e bambini in preghiera. Quando Giacomo Maria è nato l’ho visto solo da lontano perché è stato subito intubato e trasferito al Policlinico Casilino di Roma in terapia intensiva. Io e mio marito eravamo distrutti, io anche fisicamente perché oltre al cesareo ho subito la sutura della vescica. Ricordo però l’espressione bellissima di un’ostetrica che entrata nella stanza di degenza dopo il parto ci disse: “qui dentro con voi si respira un’aria di pace soprannaturale dopo quello che avete passato in sala operatoria e che ancora state vivendo…”. Era la presenza di Gesù e Maria e quella dei tantissimi che hanno pregato per noi.

Come avete affrontato la nascita prematura di Giacomo Maria?

L’unica e sola arma nelle nostre mani è stata la preghiera e chiedere la preghiera dei gruppi che conoscevamo: sacerdoti, suore e laici, ma anche di tutti i nostri amici compresi coloro che non credono. Pregavano ugualmente per Giacomo Maria. E questo è già un frutto miracoloso della sua vita: è riuscito a far pregare tante persone lontane da Dio. Pensa che a Napoli zia Adriana, la zia di mio marito, un pomeriggio era come al solito nella sua parrocchia dove era stato organizzato un momento di preghiera, e lì, stupita, sentì dal banco che era proprio per Giacomo Maria. Mi telefonò per dirmelo con grande emozione. Un esercito di gente in preghiera per noi, la nostra forza! Quando all’inizio del santo rosario si recitano le tre Ave Maria, per la fede, la speranza e la carità, quella per la speranza – dono meraviglioso di Dio – la sentivamo tutta in noi, in ogni nostro pensiero ed azione. Umanamente è stata una situazione durissima, perché abbiamo visto morire tante volte Giacomo Maria, ma Dio ci diceva: “andate avanti! coraggio!”. Il primario del Casilino quando Giacomo Maria aveva 4 mesi ci propose di staccare i macchinari perché sarebbe rimasto in vita come un vegetale secondo le loro valutazioni mediche. Mio figlio aveva avuto l’ennesima crisi respiratoria molto grave, era stato nuovamente intubato e ci avevano detto che l’elettroencefalogramma risultava piatto. Ovviamente noi rifiutammo. Giacomo Maria fino a quel momento era vivo, sorrideva, inghiottiva, interagiva con i bambini, aveva con un ognuno dei suoi fratelli un rapporto unico, diverso e speciale. Ho un ricordo negativo del periodo di quella degenza, un giorno arrivai e chiesi spontaneamente alla neonatologa: “Buongiorno dottoressa, come sta Giacomo Maria oggi?”. Lei rispose gelandomi: “signora come vuole che stia? lei non ha capito che suo figlio è un aborto”. Io non riuscii a dire nulla lì per lì, ma dopo poco aggiunsi che forse per lei era un aborto, mentre per me e mio marito era il nostro bambino.


Annamaria e Francesco Civenni,

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Chi vi ha aiutato e sostenuto nelle difficoltà?

Le difficoltà sono state tante, dal punto di vista medico ad un certo punto non ci si capiva granché, per provare a comprendere qualcosa ci siamo documentati, abbiamo contatto diversi dottori, luminari cattolici come il dott. Giuseppe Noia. Grazie al mio Vescovo (che è stato un vero padre in questa vicenda) ho avuto un colloquio con il primario della Tin (terapia intensiva neonatale) del Policlinico Gemelli di Roma. La mia amica, e madrina di battesimo di Giacomo Maria, che è anche pediatra ci è stata sempre accanto come tanti altri. Ad un certo punto avevamo finalmente ben chiara la situazione medica di nostro figlio, pertanto chiedemmo ufficialmente al policlinico Casilino il trasferimento di Giacomo Maria al Gemelli o al Bambino Gesù di Roma, il primo posto che si fosse liberato. Il pomeriggio del 25 dicembre 2016 alle 15.00 (l’ora della Divina Misericordia) arrivò il fax che c’era il posto per il nostro piccolo al Bambino Gesù in Terapia Intensiva, una grazia grande, un dono di Natale immenso. Ringrazierò per tutta la vita la Madre Chiesa per questo regalo! Noi vivevamo un momento di grande difficoltà e sofferenza, i problemi economici ci attanagliavano perché avevo abbandonato momentaneamente il lavoro per stare accanto a mio figlio. Tutti i giorni per raggiungere Roma sostenevamo delle spese e, dopo aver usato i risparmi e venduto tutto l’oro che avevamo, abbiamo ricevuto l’aiuto di persone di grande generosità. Mai potrò dimenticare Sabrina una hostess che mi fece un bonifico di 1000 euro per festeggiare la cresima di mio figlio Gianmarco, ed Anna Maria – proprietaria di un bed and breakfast al Colosseo – che ci ospitò gratuitamente diverse volte per farci stare qualche domenica a Roma con la famiglia al completo, tutti insieme. Tante sono le persone che dovrei nominare e ringraziare. Purtroppo non tutti i nostri cari sono riusciti ad accettare Giacomo Maria, e questo – pur non volendo giudicare nessuno – mi ha fatto soffrire. Potevano aiutarci ma non l’hanno fatto, non hanno accettato la storia che stava accadendo, non lo hanno conosciuto vivo e l’hanno visto direttamente nella bara. Ma la Provvidenza di Dio non si è mai sottratta!

Come sono stati gli ultimi momenti insieme a vostro figlio?

Gli ultimi momenti con nostro figlio vivo li abbiamo passati soccorrendolo. Ha avuto un arresto cardiaco, quindi mentre lo portavamo al pronto soccorso mio marito Marco gli praticava il massaggio cardiaco. Poco prima stavamo facendo una passeggiata felici, tutti e tre insieme, per la città e Giacomo Maria si girava intorno per vedere, capire e illuminare tutto con il suo sguardo, perché lui era radioso, per me è stato la Luce di Dio su questa terra. Ha vissuto pochi mesi, ma è stato un segno  illuminante e penetrante. È stato con noi a casa dal 17 luglio al 18 settembre. Il 20 luglio per festeggiare il suo primo anno di vita abbiamo celebrato una messa in casa, nel cortile esterno. C’era tanta gente, è stata una bellissima liturgia celebrata da don Alberto Mariani di Oasi Betania, la comunità di fede che frequento. Quando il nostro bambino morì mi disse: “Corinna prega Giacomo Maria per tutti noi, perché tu sei la mamma e ogni figlio ascolta sempre la propria mamma”. Per questo chiedo al mio piccolo di portare Gesù e Maria in ogni situazione di bisogno, e lui arriva sempre puntuale. Me lo raccontano le persone per cui prego chiedendo la sua intercessione. Ricordo anche l’ultimo pannolino che gli ho cambiato quando ormai non respirava più e il cuore non batteva più. Sento ancora come fosse oggi il rimbombo del mio cuore che accompagnava le gambe in quel lungo corridoio dell’ospedale che dal pronto soccorso porta alla camera mortuaria. Nessuna mamma dovrebbe percorrere quei luoghi con suo figlio morto. Avrei voluto accompagnarlo direttamente tra le braccia di Gesù e Maria ma non ho potuto, lo ha fatto Dio! Io sono qui perché per il Signore posso essere ancora utile su questa terra, con la mia famiglia, con gli ultimi per la società, i deboli, i poveri e soprattutto le famiglie e i bambini che vivono un’esperienza di vita simile alla nostra.

Cosa vi consola in questo momento di grande dolore?

La consolazione viene da Gesù direttamente, solo Lui può lenire il dolore, altre consolazioni non ci sono. Ricordo perfettamente quando la consolazione, dono meraviglioso di Dio, è calata in me: ero disperata accanto alla bara di mio figlio, un bambolotto meraviglioso: era nella bara ma sembrava vivo, colorito. Ero disperata veramente quando arrivò a farci visita il nostro vescovo Gerardo Antonazzo che spalancò le braccia dicendo: “Corinna!”. Io come a un padre gridai affranta: “Eccellenza non ce l’ha fatta il nostro piccolo! perché????” e lui ci rispose: “Marco e Corinna avete consegnato vostro figlio nelle mani più sicure che ci sono!”. Lì piano piano ho sentito scendere nel mio cuore la consolazione, si è impossessata di me. Grazie a lui e all’esercito in preghiera per noi, è accaduto il miracolo della consolazione. Il funerale di Giacomo Maria è stato una festa, c’erano almeno 6 sacerdoti sull’altare, e tutto il paese in chiesa. Mi arrivarono tanti messaggi da parte del personale del Bambin Gesù che aveva accudito e curato con amore mio figlio, e aveva creduto come noi che ormai il peggio fosse passato. Ricordo con emozione un episodio bellissimo; premetto che lì mio figlio ha ricevuto un trattamento splendido e tutte le cure necessarie. Quando fece la tac al cervello ero molto preoccupata visto quello che mi avevano detto al Casilino, così chiesi piena di apprensione al neuroradiologo: “cos’ha mio figlio al cervello?”. Lui si voltò, aveva degli occhi bellissimi, celesti, lo sguardo di Gesù – ancora oggi mi chiedo se questa persona esista veramente – e disse: “Signora, il cervello di suo figlio è sano”. Stavo per svenire andando incontro a mio marito per la gioia della notizia e l’emozione di questo angelo che avevo incontrato. Ero quasi più felice di aver visto “gli occhi di Gesù” che di sapere che Giacomo Maria stava bene. Non ho avuto più il coraggio di andare a cercare quel dottore. Oggi dico sempre che Giacomo Maria è il figlio che mi ha dato la possibilità di essere mamma in terra e in Cielo. Noi abbiamo 4 figli in terra e 5 in cielo!




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