di Alvaro Díaz
Affrontare la morte non è mai facile. Questa settimana ho vissuto uno dei momenti più dolorosi nella mia pratica delle cure palliative. Questi pochi anni di servizio mi hanno posto davanti a tanti momenti di sofferenza, ma ho potuto anche vedere che si può aiutare ad alleviare un po’ questo dolore.
Ho avuto due pazienti molto giovani, uno di 20 anni e un’altra di 30, nella fase finale della loro vita e che sono venuti a mancare questa settimana. Anche se sapevo che sarebbero morti presto perché le malattie incurabili da cui erano affetti erano in fase avanzata, il loro decesso è avvenuto molto rapidamente, e ha provocato un immenso dolore. Le famiglie non si sentivano preparate all’arrivo di questo momento (anche se credo che nessuno lo sia).
Mi ha colpito in particolare il ragazzo ventenne. Quando una mattina sono andato a visitarlo aveva una crisi di panico, ed è riuscito a dirmi a fatica che sentiva che se ne stava andando e che aveva molta paura. Sono rimasto lì per cercare di tranquilizzarlo e per fare compagnia a lui e alla sua famiglia. Con l’aiuto di un po’ di sedativo si è addormentato, e poco dopo è morto.
La vicinanza alla morte

Le sue parole mi hanno toccato profondamente e mi hanno messo in discussione. Qualche giorno prima lo vedevo animato dalla speranza di migliorare, non in grado di accettare che non ci fosse una cura per lui. Si sentiva ancora pieno di voglia di realizzare i suoi progetti, e non voleva vedersi sconfitto.
In varie occasioni ho provato a parlare della realtà della sua malattia e dell’importanza di prepararsi a quello che poteva arrivare. Mi ascoltava, ma non era molto aperto. Si vedeva che era triste e rassegnato. Ho trascorso pochi giorni con lui, ma credo di aver dato il meglio che potevo offrire.
Era difficile avere davanti a me un ragazzo in quelle condizioni, visto che sono abituato a stare con giovani energici, appassionati e pieni di forza. È stato triste vedere come molte delle sue speranze si spegnessero a poco a poco.
Pensavo anche a tutti i giovani che accompagno giorno dopo giorno nel mio apostolato, che vivono con quelle stesse speranze e le stesse aspettative, avendo tante opportunità e a volte non approfittando di questa vita.
È un paradosso: chi ha pochi giorni di vita davanti a sé desidera farlo con più speranza, chi ha tutta una vita davanti la spreca o non la vive davvero.